2023-11-12
È l’Arabia che può stabilizzare l’area
Mohammed bin Salman (Ansa)
Serve un argine all’attivismo di Teheran e ai sentimenti anti Stato ebraico dei sunniti. Riad può esserlo, va incentivata: chiede nucleare civile e armi di ultima generazione.L’offensiva dell’Iran contro Israele ha avuto un obiettivo primario: impedire il trattato bilaterale tra Arabia e Israele, in fase negoziale matura prima del 7 ottobre, e le sue conseguenze geopolitiche. E uno secondario, correlato: accreditarsi come vero difensore dei palestinesi. Va riconosciuto con dovuto realismo che l’Iran - e chi, forse, lo ha sollecitato a spingere Hamas all’offensiva - ha vinto la prima fase di questa guerra: il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, che fino a pochi giorni fa teneva una posizione moderata, ha dovuto fare una condanna aperta di Israele, pur con linguaggio non totale, per non perdere il ruolo primario politico-religioso nell’islam sunnita, diviso tra filo sauditi e islam politico (Turchia, Qatar, ecc.) e per limitare il vantaggio dell’islam sciita guidato da Teheran.Ma ora inizia il secondo tempo di questa partita geopolitica. Va subito spiegato perché l’Iran ha dichiarato, falsamente, di non essere responsabile dell’attacco: l’obiettivo detto sopra è stato raggiunto e, pertanto, non è necessaria un’estensione del fronte bellico ingaggiando sul serio i suoi proxy Hezbollah in Libano, gli Houthi in Yemen e le truppe iraniane in Siria, pur tenendoli mobilitati per tenere impegnate più truppe israeliane possibile per ridurle nell’azione di bonifica di Hamas e far finta di non abbandonarla all’eliminazione nell’area di Gaza, in realtà sacrificandola. Ma rinforzandola in Cisgiordania come premio per il martirio islamista.Andrebbe spiegato anche perché il regime iraniano abbia preso il rischio di farsi bombardare in modo distruttivo da Israele. Ha visto da solo il rischio di depotenziamento politico a causa della realizzazione della «Via del cotone» finalizzata a unire India e Mediterraneo via penisola arabica e sbocco nel porto di Haifa? Lo stesso rischio è percepito dalla Cina e dalla Russia. Ed è grave per loro perché porterebbe India e Arabia ed Emirati fuori dal - o dentro, come ostacoli - Sud globale e ad avere una presenza crescente in Africa. Pertanto è solida l’ipotesi che l’Iran abbia concordato in modi riservati con Pechino l’azione. È difficile capire, per ora, se Mosca sia stata parte di questa strategia o abbia dovuto adattarsi all’accordo Iran-Cina come attore secondario. Tale ipotesi è corroborata anche dalla proiezione dell’Iran in almeno tre nazioni dell’Africa orientale: non potrebbe farlo senza sostegno cinese e accordo con la Russia.L’America sta cercando di limitare l’azione di Israele perché ha chiara la natura globale di quanto succede a Gaza e ha l’obiettivo di salvare la «Via del cotone» tenendo l’Arabia in tale traiettoria. Infatti l’America fu sponsor e firmatario principale dell’accordo siglato a New Delhi nel settembre 2023 tra India, Emirati, Arabia, Francia, Germania e Italia con Israele (e Giordania) convergente. Il ruolo dell’Ue è nullo sul piano geopolitico perché la Francia è ricattabile a causa del suo quasi 10% di popolazione islamica non assimilata e una minoranza, ma significativa, di europei beve la propaganda antisemita o invoca l’astrazione della pace senza la minima idea delle condizioni realistiche che possano determinarla.L’Italia è in convergenza con l’America nel tentare di contenere il conflitto perché, se si allargasse, sarebbe difficile perseguire il programma Mattei - collaborazione paritetica e non coloniale come quella francese - di instaurare relazioni stabili con l’Africa islamica che è costa sud del Mediterraneo e via di transito per l’immigrazione clandestina. Nonché business potenziale per le imprese italiane.Ma il punto critico è l’Arabia. Cosa incentiverebbe Riad a prendere un rischio limitando più attivamente l’azione dell’Iran e della Cina nonché comprimere l’effervescenza antisraeliana nel mondo sunnita? Da mesi Riad chiede all’America il nucleare civile, poi trasformabile in militare, per pareggiare la minaccia atomica iraniana. Tempo fa c’era la speranza che il centinaio di missili nucleari israeliani potessero diventare una garanzia per l’Arabia ma evidentemente Riad vuole una capacità nucleare propria. Vuole anche armi di superiorità futura ma non solo americane: chiede di partecipare al consorzio anglo-italo-giapponese per la costruzione del caccia di sesta generazione «Gcap». Tokyo è contraria, Londra favorevole e Roma ancora senza una posizione. E poi vuole tante altre cose per accettare di diventare parte del blocco amerocentrico contro quello sinocentrico.Nel 2019 Riad lasciò che gli Emirati siglassero con Israele gli Accordi di Abramo per vederne l’effetto, essendo sede della Mecca. Il golpe in Sudan, il cui governo precedente aveva aperto a tali accordi, è stato sostenuto dal blocco autoritario globale e ha portato riflessioni preoccupate in Arabia. Gli stessi Emirati hanno comprato aerei addestratori cinesi per segnalare che gli Accordi di Abramo non erano uno schieramento geopolitico pur rinforzando le relazioni con l’India. Sarà difficile.Alcuni sperano nel prossimo dialogo a San Fancisco tra Joe Biden e Xi Jinping: è già stato convenuto un telefono rosso tra i due per evitare conflitti diretti ma nulla per limitare la competizione laterale sul Sud globale.Cosa fare, allora? Più dissuasione contro l’Iran, capire meglio come aiutare l’Arabia e sostenere di più Israele dando al progetto di Stato palestinese separato da quello israeliano, ora una vaghezza diplomatica, concretezza grazie a un dialogo arabo-israeliano riservato in materia, che era stato avviato da tempo, sostenuto dall’America e da Italia e Germania, nonché dall’India. Si tenti questa via anche per aprirne altre. Dopo la bonifica di Gaza.
Il cpr di Shengjin in Albania (Getty Images)