2024-10-12
Il paesaggio ci parla continuamente. Ma noi sappiamo ancora ascoltarlo?
Vivere la natura (iStock). Nel riquadro, la copertina del libro di Duccio Demetrio
Nell’ultimo libro del filosofo Duccio Demetrio, una guida al dialogo con il mondo. Le cui parole sono i boati del vento, i mormorii della pioggia, il fragore delle slavine. La Terra ha le sue voci, ma non capisce di averle.Duccio Demetrio l’ha rifatto. Ha composto un nuovo breviario che ci può aiutare ad orientarci nel confuso panorama culturale dei nostri giorni. Non è la prima volta, in oltre quarant’anni, se vi sembrano pochi, di pubblicazioni, ha spesso intercettato tematiche e linee narrative, filosofiche, artistiche, ad ogni dunque consistenti, e ne ha approfondito le nozioni, i concetti, citando autori, disvelando anche pensatori minori, senza il timore di accostare autori celebrati ed editi da editori di prima diffusione ad altri, ben meno conosciuti, forse anche ostici, e pubblicati da editrici minori, per così dire. Tra le precedenti opere di Demetrio ricorderei quantomeno, sinteticamente, All’antica. Una maniera di esistere (Cortina, 2021), Green Autobiography (Booksalad, 2015), La religiosità della terra (Cortina, 2013), Ascetismo metropolitano (Ponte alle Grazie, 2009), Scritture erranti (EDUP, 2003), Di che giardino sei? (Meltemi, 2000). Il saggio esplorativo e speculativo di cui andremo ad occuparci si intitola La natura è un racconto interiore - Scrivere il filo verde della propria vita, appena pubblicato da Mimesis. Orbene, di che cosa stiamo parlando? Le parole che si tanno diffondendo sono, ad esempio, econarrazione, ecopoesia, autobiografia verde, ecobiografia. Si tratta di parole la cui geografia semantica, ovvero l’area di significato che possono occupare, spesso di accosta o addirittura si sovrappone. Ma ciascun termine, ovviamente, gode di diritti specifici, si rivolge ad autori specifici, e a opere specifiche. In un periodo come il nostro dove tendenzialmente gli autori sono più propensi a proiettarsi, ad occupare spazi culturali, che non a condividere e a leggersi vicendevolmente, trovare autori quali Demetrio, così pazienti e scrupolosi, così affamati di esempi e di altre scritture, tanto da costruire cattedrali di citazioni e cogliendo l’occasione per ragionare del mondo e del tempo, beh, è di per se un avvenimento non irrilevante. Demetrio ha certamente una capacità di unire le esperienze, sia nei suoi libri che nella vita professionale, e basti pensare alle sue creature sociali, alla Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, nel territorio aretino, dove ogni anno si svolge il Festival dell’Autobiografia, o all’Accademia del Silenzio. Qui pulsano comunità, qui ci si ascolta, con tutti i problemi che possono eventualmente sorgere quando persone di ceti, formazione e spirito distinte si incontrano, ovviamente, ma è comunque un esempio virtuoso.«Gli esseri umani hanno sempre parlato, narrato e poi scritto della Terra. Delle sue manifestazioni le più diverse e contrastanti. Ora celebrandone la fecondità, le prodigalità, le meraviglie; ora sopportandone gli smarrimenti e le paure prevedibili o inaspettate. Dinanzi alla sua avarizia, alla fatica di trarne di che vivere, alla sua potenza devastatrice», scrive al principio dell’introduzione Duccio Demetrio. Non bisogna soltanto celebrare il carattere magico e nutriente e medicamentoso della natura, qualsiasi sia la natura di riferimento, non vanno dimenticati ovviamente la violenza, la devastazione, la tirannia, la selvatichezza, la furia, l’estinzione che i movimenti e gli accadimenti naturali si portano dietro, spesso. Certo, siamo avvezzi, quantomeno guardando il mondo dai nostri comodi pianerottoli di casa, dalle nostre biblioteche private, o nelle nostre sale di meditazione, a privilegiare il buono, il sacro, il benefico e lo spettacolare che la natura sa donare, mentre il resto passa in secondo piano. A parte quando la natura si esprime coi suoi eccessi, investendo le nostre città, lasciandoci per mesi senz’acqua, o inondandoci con piogge torrenziali che devastano le nostre campagne, destabilizzando noi e la nostra confort zone.«Scoprimmo un giorno, forse ascoltandola con sempre maggior cura e attenzione, che la Terra si racconta attraverso i suoi linguaggi, ci parla con i suoi silenzi, si descrive metaforicamente con tutto ciò che la sua natura ci mostra; che si incide nei tronchi, nelle rocce, nei fondali, nei deserti, nelle membra di animali, di insetti, di uccelli e di fiori. Anche degli uomini. Le parole, che abbiamo imparato a decifrare sono i boati del vento, i mormorii della pioggia, il fragore delle slavine e le risacche del mare. La Terra ha le sue voci, ma non sa di averle; narra storie producendole, ma non sa di possederle», aggiunge Demetrio.Molto spesso le scritture nascono dall’osservazione di un io, l’autobiografia o la biografia è la dimensione in cui, per eccellenza, l’osservazione dettagliata dei moti dell’animo e di ogni accadimento esterno che li condizioni, viene registrata. Che si tratti di antichi cinesi, di poeti simbolisti francesi, filosofi britannici, lirici italiani dei nostri giorni, o accademici è vero quel che il sacerdote e romanziere Pablo D’Ors asserisce: «Uno ritiene ingenuamente che la scrittura serva per comunicare […] In realtà la scrittura è rivelazione, nel senso che rivela a te stesso quello che devi scrivere» (da Biografia del silenzio, Vita e Pensiero, 2014). Certo, se un’opera finisce per essere pubblicata e quindi offerta all’attenzione di un lettore, di un pubblico, non bisogna nemmeno cadere nella falsa retorica dell’eremita che senza volerlo pensa oltre se stesso, la comunicazione è un fatto, è un motore, un facilitatore e un attrattore, ma certo durante la scrittura, in quel delizioso ma anche periglioso laboratorio quotidiano che l’autore vivifica, la scoperta, l’estrazione di pensieri, l’intuizione, la verità sono avvenimenti essenziali. Si scrive per capire, per sentire, per tratteggiare, e anche per penetrare il mondo che abbiamo lasciato momentaneamente fuori da noi, o almeno così sembrerebbe. Noi esistiamo e viviamo anche mentre pensiamo, e mentre scriviamo, e mentre ci inoltriamo nella natura per farci educare ed insegnare, per crescere. Non sono infatti pochi gli autori che frequentando boschi, deserti, isole, oceani, montagne, isolandosi e sprofondando in se stessi iniziano a vivere una seconda vita, fatta di alternanze, tra il silenzio e l’ascolto e il rumore frenetico della civiltà e dei nostri simili, poiché esiste l’uno esiste anche il suo opposto. Sul piatto di questa ulteriore indagine, Demetrio cita Novalis, Emily Dickinson, Montale, Whitman, Antonio Prete, Giuseppe Cederna, Hesse, Roberta Dapunt, Calvino, Lalla Romano, Stefano Raimondi; e ancora Giancarlo Pontiggia, Marc Augé, Attilio Bertolucci, Mario Rigoni Stern, Marco Lodoli, Mann, Andrea Emo e moti altri.Possiamo chiudere con le parole del poeta francese Edmond Jabès: «Immagina il pensiero come una pianta, come un albero, come un fiore, come un frutto. E anche come un filo d’erba e l’impensato come il cielo».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.