2021-11-06
De Luca indagato per gli appalti alle coop
Vincenzo De Luca (Getty Images)
Il governatore campano è accusato di corruzione nell'inchiesta che ha portato all'arresto di un suo fedelissimo. Il sistema prevedeva voti in cambio di commesse pubbliche milionarie. Al telefono di lui dicevano: «Ha fatto “una munnezza" il sindaco». L'accusa di corruzione per il governatore-sceriffo Vincenzo De Luca sarebbe maturata ben prima dell'interrogatorio del ras delle coop rosse salernitane Fiorenzo Vittorio Zoccola che ha confermato, dopo il suo arresto, lo scambio con la politica: voti per appalti. Con tanto di divisione tra due candidati legatissimi al governatore campano stabilita a tavolino nella misura del 70 e 30 per cento. L'indicazione? Arrivò dritta «da De Luca», ha svelato Zoccola, che poi la veicolò «alle cooperative». De Luca, citato ben 30 volte nell'ordinanza che ha privato della libertà uno dei suoi sherpa salernitani, Nino Savastano, consigliere regionale ed ex assessore alle Politiche sociali a Salerno, eletto in Regione con 16.569 preferenze, accusato di associazione a delinquere finalizzata alla turbata libertà degli incanti e corruzione elettorale, ha ricevuto ieri, nella sede del Genio civile di Salerno, dove De Luca registra ogni venerdì la sua tribuna social, un avviso di proroga delle indagini preliminari che, per lui, sarebbero cominciate all'incirca sei mesi fa. Il giro di vite sulla sua posizione, però, come svelato la scorsa settimana dalla Verità, potrebbe essere stato innescato proprio dalle dichiarazioni di Zoccola. La notizia, insomma, era nell'aria. E ieri Massimo Giletti dandone un'anticipazione con un video sul sito del Corriere della Sera ha innescato una polemica con De Luca che, piccato, gli ha dato dell'ubriacone. Il nome del governatore è saltato fuori a febbraio 2020, dopo una captazione telefonica tra Zoccola e il presidente di una delle cooperative nella quale i due avrebbero fatto espresso riferimento alla presenza del governatore della Campania a una cena al Ristorante del golfo di Salerno del 16 febbraio 2020. «All'evento», annotarono gli investigatori della Squadra mobile, «hanno partecipato oltre a Zoccola, i rappresentanti legali di altre cooperative sociali salernitane». La cena era stata anticipata dalle telefonate del consigliere regionale Franco Picarone, in campagna elettorale per le regionali del 31 maggio 2020, che «compulsava» i rappresentanti delle coop, e in particolare Zoccola, «ad attivarsi», affinché «nell'incontro con il governatore si definisse la questione della gara, lasciando intendere che la situazione dovesse risolversi prima delle elezioni amministrative regionali». A settembre 2020, poi, sono cominciati a emergere strani riferimenti a «contropartite» che Zoccola, nel corso delle intercettazioni, come sottolineano gli investigatori, «attribuisce alle direttive dello stesso governatore, narrando di aver manifestato apertamente le proprie esigenze in ordine all'affidamento delle commesse pubbliche del Comune di Salerno e alla rimozione degli ostacoli derivanti dall'indagine in corso, con riguardo alla gara indetta con il bando per l'affidamento biennale dei servizi di manutenzione ordinaria e conservativa del patrimonio cittadino». Nelle carte dell'inchiesta, nel corso di una colorita telefonata di Zoccola, c'è perfino il riferimento a un pizzino: «Effettivamente... perché l'altro giorno gli mandai... gli feci consegnare sempre a De Luca... una lettera di quattro fogli da... Peppe e dopo averla letta ha bestemmiato tutti i santi... a Maria Vergine... il Bambino... poi ha chiamato a Marotta e al sindaco (Vincenzo Napoli, indagato pure lui nell'inchiesta per il reato di turbativa d'asta, ndr) e li ha fatti una munnezza (li ha rimproverati duramente, traduce la polzia, ndr) a tutti e due... e adesso loro (Marotta e il sindaco) stanno vedendo di risolvere il problema». Zoccola aveva paura che le coop perdessero terreno, dopo aver fatto il pieno di appalti per anni. Tra il 2017 e il 2020, hanno ricostruito le indagini, per la manutenzione del patrimonio pubblico sarebbero arrivati alle coop di Zoccola circa 1,6 milioni di euro l'anno. I magistrati ritengono di aver descritto «un sistema che ha radici lontane nel tempo e che trae linfa vitale dalla partecipazione di esponenti della politica locale che, di tale impianto, si avvantaggiano per scopi personali ed elettorali». Inoltre, «esponenti politici», sostiene l'accusa, «a vario titolo e con diverse responsabilità, hanno reso possibile il consolidarsi del monopolio in capo al gruppo imprenditoriale, con reciproci vantaggi». Che si sarebbero consumati tutti all'interno del Pd campano. Zoccola il 22 ottobre scorso, nel corso dell'ennesimo interrogatorio, è andato a fondo: «Esiste un accordo ben preciso tra le cooperative e la politica che è teso a garantire alle prime continuità lavorativa in cambio di voti». Soprattutto alle elezioni regionali, dove, secondo Zoccola «vi è una pluralità di indicazioni di voto che proviene sia dai referenti in Consiglio comunale delle cooperative, sia da coloro che sono rappresentanti alla Regione (consigliere e governatore)». Gli omissis piazzati dagli investigatori su alcuni pezzi del verbale rendono impossibile ricostruire quali siano questi esponenti politici. Ma una cosa è certa: sono tutti dem legati al giro salernitano del governatore. Che ora è nei guai.
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