2025-07-29
Dazi, Merz: «Gravi danni per i tedeschi»
Il cancelliere: «Almeno si è evitata l’escalation». Più duro il capo del governo francese Bayrou: «Giorno buio». La Meloni: «Sui dettagli abbiamo ancora margine per agire».Tra male minore e totale sfacelo. L’accordo sui dazi chiuso tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha suscitato diverse reazioni, su una cosa sono tutti d’accordo: l’introduzione di nuovi dazi non può essere una buona notizia. Insomma, difficile gioire o sorridere sapendo di dover andare incontro a un periodo duro per imprese e consumatori. Nonostante questo Von der Leyen si è mostrata soddisfatta e compiaciuta commentando: «Siamo giunti a una buona conclusione», con tanto di stretta di mano, quasi a ringraziare. Per questo in molti, in Europa e oltre, da destra a sinistra, hanno giudicato il suo comportamento totalmente inadeguato.Il commento più violento arriva dai russi, con il vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev che, dopo aver detto: «Trump ha schiacciato l’Europa», ha aggiunto: «Gli europei comuni dovrebbero assaltare Bruxelles per impiccare tutti i commissari Ue, inclusa la vecchia strega pazza Ursula». In Europa toni più moderati. Il premier ungherese Viktor Orbán, il più severo: «Donald Trump non ha raggiunto un accordo con Ursula von der Leyen, ma piuttosto si è mangiato la presidente della Commissione europea per colazione». Anche in Francia c’è del malumore bipartisan, infatti per Marine Le Pen «è un fiasco politico, economico e morale», ma è deluso anche il primo ministro Francois Bayrou: «È un giorno buio quando un’alleanza di popoli liberi, uniti per affermare i propri valori e difendere i propri interessi, decide di sottomettersi». Così anche il ministro per gli Affari Europei Benjamin Haddad: «È un cambiamento strutturale. Dobbiamo trarne rapidamente le conseguenze oppure rischiamo l’irrilevanza. Si tratta di una sfida tanto economica quanto politica». Decisamente tiepido il commento del premier spagnolo Pedro Sánchez che afferma di sostenere l’accordo «senza alcun entusiasmo», pur apprezzando «l’atteggiamento costruttivo e negoziale della presidente della Commissione europea». Il cancelliere tedesco Friedrich Merz, che con il premier italiano Giorgia Meloni condivideva la linea della prudenza, si mostra pragmatico, anche se riconosce che l’economia tedesca subirà «danni sostanziali»: «L’accordo tra Stati Uniti ed Unione europea evita un’inutile escalation nelle relazioni commerciali transatlantiche. Siamo così riusciti a preservare i nostri interessi fondamentali, anche se avrei auspicato un maggior alleggerimento nel commercio transatlantico». Quello di Meloni è un «giudizio positivo. Perché», ha spiegato, «ho sempre pensato e continuo a pensare che un’escalation commerciale tra Europa e Stati Uniti avrebbe avuto conseguenze imprevedibili e potenzialmente devastanti». Poi ha precisato: «Bisognerà studiare i dettagli dell’accordo, bisognerà lavorare ancora sull’accordo perché quello sottoscritto ieri è di massima, giuridicamente non vincolante, quindi nei dettagli bisogna ancora andare, c’è ancora da battersi». Infine: «Bisogna verificare quali sono le possibili esenzioni, particolarmente su alcuni prodotti agricoli, ci sono una serie di elementi che mancano così come non so a che cosa ci si riferisca quando si parla di investimenti, acquisto di gas eccetera, questo non sono in grado di valutarlo finché non ho i dati chiari». Una prudenza apprezzata dai suoi vicepremier. Matteo Salvini ha detto: «Penso che Giorgia Meloni abbia fatto il possibile e l’impossibile, è chiaro che un’Europa a trazione tedesca, che fa l’interesse dei tedeschi e che si occupa solo degli errori tedeschi, pensiamo al Green deal e a quelle idiozie, è sbilanciata nei confronti di altri Paesi». Salvini ha anche chiarito: «Quello che può fare Ursula von der Leyen, e non dipende da Trump, è fermare, cancellare il Green deal con tutte le regole, i divieti, i regolamenti e le tasse europee, che sono insieme alla burocrazia il vero dazio alle imprese italiane». È l’altro vicepremier Antonio Tajani a proporre una strada per limitare i danni: «Io continuo a insistere: la cosa principale da fare è l’intervento della Bce perché ridurre la forza dell’euro significa fare molto di più rispetto a qualsiasi iniziativa a sostegno delle imprese, per quanto riguarda i dazi. La principale iniziativa a sostegno delle imprese è ridurre la forza dell’euro». Insomma anche l’azzurro, dopo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, suona la sveglia all’Europa, senza ricordare però che il presidente della Banca centrale Christine Lagarde attualmente si trova in vacanza. Prossima riunione convocata per l’11 settembre e all’ultima conferenza stampa, durante la quale ha ribadito la sua difficoltà nel prevedere gli andamenti dell’economia, ha salutato i giornalisti dicendo: «Buone vacanze». Intanto a fare le valigie, ma non per le vacanze, presto potrebbe essere Ursula von der Leyen. L’unica cosa su cui tutti sono d’accordo è che su questo dossier (così come su molti altri) ha agito maldestramente. Matura quindi l’ipotesi di mandarla a casa e qualcuno già fa il nome del probabile prossimo presidente di Commissione: Mario Draghi, whatever it takes.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
Francesca Albanese (Ansa)