Siamo arrivati alla Santa Pasqua: risorge l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Speriamo! E così l’agnello scarificale assume il significato di un tentativo di riappacificazione tra l’uomo e Dio che potremmo oggi invocare come desiderio di pace.
Siamo arrivati alla Santa Pasqua: risorge l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Speriamo! E così l’agnello scarificale assume il significato di un tentativo di riappacificazione tra l’uomo e Dio che potremmo oggi invocare come desiderio di pace. L’agnello ha nella liturgia pasquale una centralità assoluta: è agnello il pasto dell’ultima cena anche se Leonardo nel suo inarrivabile affresco in Santa Maria delle Grazie a Milano pone sul desco dei pesci (ma ictios è l’ideogramma del Cristo e dunque il da Vinci probabilmente nel suo dipinto colmo di significati esoterici sceglie questo cibo come simbolo). L’agnello ha sempre assunto il ruolo di sacrificio (basta rileggersi l’Esodo della Bibbia) e il Battista stesso accoglie Gesù come l’agnello sacrificale. Ebraismo e cristianesimo hanno in comune l’agnello come sacrificio di riconciliazione. Quest’anno peraltro Pasqua ebraica cattolica e ortodossa sono ravvicinate e dunque possiamo dire che portare in tavola l’agnello assume il significato di riconciliazione ecumenica. Dunque questo piatto e una celebrazione della nostra identità. A proposito: Buona Pasqua e che la serenità sia con voi! Ingredienti - 600 grammi di spezzatino di agnello (fatevelo dare possibilmente nella spalla); 400 grammi di funghi misti (pioppini e cardoncelli) 4 spicchi d’aglio, 4 foglie di alloro, 2 rametti di rosmarino, 6 foglie di salvia, olio extravergine di oliva 100 millilitri, la buccia di un limone non trattato, alcune foglie di menta (facoltativi) un bicchiere di vino bianco secco o rosato, sale e pepe q.b. Procedimento - In una casseruola scaldate due terzi dell’olio extravergine con 2 foglie di alloro, 2 spicchi d’aglio 4 foglie di salvia e il rosmarino. Quando le aromatiche prendono colore aggiungete l’agnello e fatelo saltare a fiamma vivace girando spesso. Ora sfumate col vino e poi incoperchiate abbassando la fiamma. Nel frattempo mondate i funghi e tagliateli grossolanamente. In una padella scaldate l’olio extravergine rimasto con due spicchi d’aglio, due foglie di alloro e salvia. Saltate i funghi in padella per una decina di minuti, aggiustate di sale e di pepe. Quando i funghi sono cotti (ma lasciateli croccanti) eliminate le aromatiche e l’agio e aggiungeteli all’agnello. Se serve aggiungete appena un po’ d’acqua per portare a cottura (in tutto ci vorranno 40 minuti). L’agnello deve risultare tenero. A cottura aggiustate di sale e di pepe la carne ed eliminate l’aglio e le aromatiche e se piace aromatizzate con un trito di menta e una grattugiata di buccia di limone e servite. Come far divertire i bambini - Date a loro il compito di mondare i funghi (e ai più grandicelli fateli anche tagliare). Impareranno e conoscerli. Abbinamento - Noi abbiamo scelto data la solennità della festa il Sagrantino di Montefalco grandissimo rosso umbro. Perfetti sono Aglianico, Nero d’Avola e i grandi toscani (Brunello, Nobile, Chianti) oppure un piemontese da Nebbiolo: Gattinara e Carema su tutti.
Andy Mann for Stefano Ricci
Così la famiglia Ricci difende le proprie creazioni della linea Sr Explorer, presentata al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, concepita in Patagonia. «Più preserveremo le nostre radici, meglio costruiremo un futuro luminoso».
Il viaggio come identità, la natura come maestra, Firenze come luogo d’origine e di ritorno. È attorno a queste coordinate che si sviluppa il nuovo capitolo di Sr Explorer, il progetto firmato da Stefano Ricci. Questa volta, l’ottava, è stato presentato al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, nata tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, terre estreme che hanno guidato una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul suo fragile equilibrio. «Guardo al futuro e vedo nuovi orizzonti da esplorare, nuovi territori e un grande desiderio di vivere circondato dalla bellezza», afferma Ricci, introducendo il progetto. «Oggi non vi parlo nel mio ruolo di designer, ma con lo spirito di un esploratore. Come un grande viaggiatore che ha raggiunto luoghi remoti del Pianeta, semplicemente perché i miei obiettivi iniziavano dove altri vedevano dei limiti».
Aimo Moroni e Massimiliano Alajmo
Ultima puntata sulla vita del grande chef, toscano di nascita ma milanese d’adozione. Frequentando i mercati generali impara a distinguere a occhio e tatto gli ingredienti di qualità. E trova l’amore con una partita a carte.
Riprendiamo con la seconda e conclusiva puntata sulla vita di Aimo Moroni. Cesare era un cuoco di origine napoletana che aveva vissuto per alcuni anni all’estero. Si era presentato alla cucina del Carminati con una valigia che, all’interno, aveva ben allineati i ferri del mestiere, coltelli e lame.
Davanti agli occhi curiosi dei due ragazzini l’esordio senza discussioni: «Guai a voi se me li toccate». In realtà una ruvidezza solo di apparenza, in breve capì che Aimo e Gialindo avevano solo il desiderio di apprendere da lui la professione con cui volevano realizzare i propri sogni. Casa sua divenne il laboratorio dove insegnò loro i piccoli segreti di una vita, mettendoli poi alla prova nel realizzare i piatti con la promozione o bocciatura conseguente.
Alessandra Coppola ripercorre la scia di sangue della banda neonazi Ludwig: fanatismo, esoterismo, violenza e una rete oscura che il suo libro Il fuoco nero porta finalmente alla luce.
La premier nipponica vara una manovra da 135 miliardi di dollari Rendimenti sui bond al top da 20 anni: rischio calo della liquidità.
Big in Japan, cantavano gli Alphaville nel 1984. Anni ruggenti per l’ex impero del Sol Levante. Il boom economico nipponico aveva conquistato il mondo con le sue esportazioni e la sua tecnologia. I giapponesi, sconfitti dall’atomica americana, si erano presi la rivincita ed erano arrivati a comprare i grattacieli di Manhattan. Nel 1990 ci fu il top dell’indice Nikkei: da lì in poi è iniziata la «Tokyo decadence». La globalizzazione stava favorendo la Cina, per cui la nuova arma giapponese non era più l’industria ma la finanza. Basso costo del denaro e tanto debito, con una banca centrale sovranista e amica dei governi, hanno spinto i samurai e non solo a comprarsi il mondo.






