Per il pranzo dell'Epifania abbiamo pensato a una ricetta che contiene una sorpresa: abbiamo fatto piccoli scrigni copiando quelli di Melchiorre, Gaspare e Baldassare che custodiscono gioie!
Per il pranzo dell'Epifania abbiamo pensato a una ricetta che contiene una sorpresa: abbiamo fatto piccoli scrigni copiando quelli di Melchiorre, Gaspare e Baldassare che custodiscono gioie! Avevamo pensato di indossare i costumi di Orsino e Olivia abbandonando le nostre consuete parannanze perché questa ricetta è pensata per la Dodicesima notte. Dovremmo leggerla e raccontarla a mo’ di fiaba ai nostri ragazzi per far sentire loro il fascino della più magica delle notti: quella dell’Epifania. William Shakespeare scrivendo il suo capolavoro prese spunto da una commedia senese Gli ingannati e proprio in quelle terre è radicata la leggenda della Befana che forse niente altro è che la personificazione di Feronia, la dea etrusca dei boschi e del coltivo. Tutto si compie la dodicesima notte dal Natale perché pare che la Befana al passare dei Magi fosse troppo impegnata a fare le pulizie – da qui la scopa - e ai Re che le chiedevano la strada non rispose. Ma ne attese il ritorno fino alla dodicesima notte quando la vecchietta si mise in volo per cercarli. Distribuisce doni perché è la Natura stanca che prima di andare a riposare nel cuore dell’inverno offre tutto di sé e si rigenera nel nuovo anno. Anche la Befana a suo modo è un’epifania, una rivelazione della rinascita. L’Epifania cristiana ha origine remotissima. Parte nel secondo secolo da una convinzione dei basilidiani che ritenevano che Gesù si fosse rivelato non il giorno della nascita (il Natale forse perché troppo simile al Sol invictus,), ma il giorno del battesimo, nella dodicesima notte appunto. Ci ha messo almeno tre secoli l’Epifania a radicarsi nella Chiesa di Roma, ma oggi è un giorno specialissimo, è il giorno appunto in cui il Cristo, testimoni i Magi, si rivela: da qui i regali, da qui la sorpresa. Noi abbiamo pensato una ricetta che contiene appunto una sorpresa: abbiamo fatto piccoli scrigni copiando quelli di Melchiorre, Gaspare e Baldassare che custodiscono gioie! Ingredienti - 800 grammi di patate a pasta bianca meglio se stagionate, 250 grammi di farina 00, 50 grammi di semola o di farina di mais, un uovo, 100 grammi di prosciutto cotto in un’unica fetta, 100 grammi di Taleggio, 100 grammi di Raschera, 80 grammi di burro di primo affioramento, 50 grammi di Parmigiano Reggiano o Grana Padano grattugiati, 4 foglie di salvia, sale, pepe, noce moscata q.b. Procedimento - Mettete a lessare le patate in acqua con la buccia. Nel frattempo riducete a dadini piccoli i formaggi e il prosciutto cotto. Una volta lessate passate le patate allo schiacciapatate (vedrete che si sbucciano da sole) unitevi due terzi della farina e cominciate a lavorare; appena la massa si è intiepidita aggiungete l’uovo. Impastate bene in modo che la massa sia compatta. Se serve mentre impastate aggiungete altra farina. Ora fate degli sfilatini con l’impasto, tagliateli a pezzi di circa un centimetro e mezzo e farciteli con un dadino di prosciutto cotto e due di formaggio. Chiudeteli a mo’ di polpetta ottenendo delle sferette perché compatterete le polpette facendole roteare tra i palmi delle mani. Disponete su di un tagliare o un vassoio la semola o la farina di mais e adagiate le sferette di patate o se preferite gli gnocconi sul piatto. Ora mettete a bollire dell’acqua leggermente salata e lessate gli gnocconi. Saranno pronti in pochi minuti, quando ritornano in superficie. Nel frattempo che gli gnocconi cuociono preparate il condimento. In un pentolino fate fondere il burro con le foglie di salvia e aggiungete noce moscata, pepe e un po’ di sale. Fate diventare il burro color nocciola. Ora condite con questo gli gnocconi finendo con abbondante formaggio grattugiato. Sarà di gran gusto aprirli e assaporare il loro “cuore” filante! Come far divertire i bambini - Date loro il compito di farcire e chiudere gli gnocconi. Vedrete come saranno disciplinati nel fare le palline di patate! Abbinamento - Noi abbiamo optato per un rosato dei Colli Orientali del Friuli a base di Merlot e Pinot Noir. Voi potete accompagnare questo piatto con qualsiasi rosato, anche o soprattutto spumante.
Il tocco è il copricapo che viene indossato insieme alla toga (Imagoeconomica)
La nuova legge sulla violenza sessuale poggia su presupposti inquietanti: anziché dimostrare gli abusi, sarà l’imputato in aula a dover certificare di aver ricevuto il consenso al rapporto. Muove tutto da un pregiudizio grave: ogni uomo è un molestatore.
Una legge non è mai tanto cattiva da non poter essere peggiorata in via interpretativa. Questo sembra essere il destino al quale, stando a taluni, autorevoli commenti comparsi sulla stampa, appare destinata la legge attualmente in discussione alla Camera dei deputati, recante quella che dovrebbe diventare la nuova formulazione del reato di violenza sessuale, previsto dall’articolo 609 bis del codice penale. Come già illustrato nel precedente articolo comparso sulla Verità del 18 novembre scorso, essa si differenzia dalla precedente formulazione essenzialmente per il fatto che viene ad essere definita e punita come violenza sessuale non più soltanto quella di chi, a fini sessuali, adoperi violenza, minaccia, inganno, o abusi della sua autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa (come stabilito dall’articolo 609 bis nel testo attualmente vigente), ma anche, ed in primo luogo, quella che consista soltanto nel compimento di atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» del partner.
Tampone Covid (iStock)
Stefano Merler in commissione confessa di aver ricevuto dati sul Covid a dicembre del 2019: forse, ammette, serrando prima la Bergamasca avremmo evitato il lockdown nazionale. E incalzato da Claudio Borghi sulle previsioni errate dice: «Le mie erano stime, colpa della stampa».
Zero tituli. Forse proprio zero no, visto il «curriculum ragguardevole» evocato (per carità di patria) dall’onorevole Alberto Bagnai della Lega; ma uno dei piccoli-grandi dettagli usciti dall’audizione di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler in commissione Covid è che questo custode dei big data, colui che in pandemia ha fornito ai governi di Giuseppe Conte e Mario Draghi le cosiddette «pezze d’appoggio» per poter chiudere il Paese e imporre le misure più draconiane di tutto l’emisfero occidentale, non era un clinico né un epidemiologo, né un accademico di ruolo.
La Marina colombiana ha cominciato il recupero del contenuto della stiva del galeone spagnolo «San José», affondato dagli inglesi nel 1708. Il tesoro sul fondo del mare è stimato in svariati miliardi di dollari, che il governo di Bogotà rivendica. Il video delle operazioni subacquee e la storia della nave.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Manifestazione ex Ilva (Ansa)
Ok del cdm al decreto che autorizza la società siderurgica a usare i fondi del prestito: 108 milioni per la continuità degli impianti. Altri 20 a sostegno dei 1.550 che evitano la Cig. Lavoratori in protesta: blocchi e occupazioni. Il 28 novembre Adolfo Urso vede i sindacati.
Proteste, manifestazioni, occupazioni di fabbriche, blocchi stradali, annunci di scioperi. La questione ex Ilva surriscalda il primo freddo invernale. Da Genova a Taranto i sindacati dei metalmeccanici hanno organizzato sit-in per chiedere che il governo faccia qualcosa per evitare la chiusura della società. E il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al nuovo decreto sull’acciaieria più martoriata d’Italia, che autorizza l’utilizzo dei 108 milioni di euro residui dall’ultimo prestito ponte e stanzia 20 milioni per il 2025 e il 2026.







