2020-02-17
Così approvano l’eutanasia senza dircelo
La norma sulle Dat ha aperto la breccia: poi si è pronunciata la Consulta sul suicidio assistito, l'Ordine dei medici ha voluto «aggiornare» la deontologia, e infine il Comitato di bioetica ha censurato l'accanimento terapeutico sui bimbi. Il «diritto alla morte» sta trionfando in assenza di controlli democratici. I cattolici che guardano a sinistra? Fregati. Se ne sono accorti in Emilia. Il professor Stefano Zamagni confessa di essere deluso da Stefano Bonaccini: i fedeli hanno sostenuto la sua lista ma non hanno avuto nemmeno un posto in giunta. Dove invece spadroneggia Elly Schlein, paladina Lgbt. «Per arginare i magistrati si cambi la Costituzione». Il giurista Agostino Carrino: «Lo Stato dei giudici è frutto di una rivoluzione clandestina. La soluzione sta solo in una politica autorevole». «Mio figlio doveva morire, l'Italia lo aiuti». Parla la mamma del piccolo Maciej, di 7 anni. Per i dottori belgi, il suo «miglior interesse» è essere soppresso. Lo speciale comprende quattro articoli. Potere legislativo e potere giudiziario, classicamente in conflitto fra loro, hanno trovato un terreno di lotta comune: il sostegno alla cultura della morte. Anzi, l'incoraggiamento a «farla finita». La prova di questa nefasta alleanza sta nel combinato disposto della legge 219/17 e la sentenza 242/19 della Corte costituzionale. La prima, come avevamo tenacemente sostenuto durante la discussione nelle commissioni di Camera e Senato e con il sostegno compatto dei partiti del centrodestra, ha aperto le porte all'eutanasia con la legittimazione della sospensione delle cure di sostegno vitale; la seconda, con la decisione che l'aiuto al suicidio «deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo», riferendosi proprio agli articoli 1 e 2 della suddetta legge 219. In effetti, a ben vedere, la responsabilità più grande in questo passo indietro della civiltà - perché di questo si tratta - ce l'ha quella maggioranza (Pd, M5s e Leu) che ha fortemente voluto quella legge, sostenendo ipocritamente «che non si tratta di una legge eutanasica, tant'è che la parola stessa, eutanasia, non viene mai neppure citata». Sono parole che ho sentito con le mie orecchie, pronunciate da una deputata Pd in un convegno pubblico, a Bologna. Ma i giudici della Consulta, con la competenza che li caratterizza, si sono ben letti la legge 219 e ne hanno tratto la coerente conseguenza: non è punibile chi «agevola l'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi …». Se la legge afferma il diritto di chiedere la morte con la sospensione delle cure di sostegno vitale, perché mai questo diritto non dovrebbe essere garantito anche a chi lo vuole ma si trova impossibilitato fisicamente a farlo? Siamo di fronte a un radicale cambiamento di paradigma antropologico: siamo passati dalla tutela della vita in quanto bene fondamentale e quindi indisponibile all'arbitrio personale, all'affermazione dell'autodeterminazione soggettiva senza limiti, fino alla garanzia del «diritto di morire». Ovviamente, se un diritto viene sancito va da sé che ci deve essere qualcuno che rende fruibile tale diritto. E chi meglio dei medici! Il Giuramento di Ippocrate - assolutamente laico e non cristiano, non foss'altro perché scritto almeno tre secoli prima di Cristo - viene ancora una volta gettato nel cestino. Dai tempi arcaici e barbari in cui l'arte medica veniva posta al servizio della salute e della vita, ai tempi moderni, del «nuovo umanesimo», in cui il medico diventa attore diretto della morte del paziente che a lui si affida. Sinceramente, mi sembra una «nuova barbarie». Di fatto, questa sentenza entra in conflitto non sanabile con l'intero Codice deontologico medico. Non solo con l'articolo 17, che condanna l'eutanasia, ma con l'intera architettura dell'ontologia dell'azione medica: l'articolo 3 del Codice dichiara che non già il «compito», ma il «dovere» del medico, è «la difesa della vita, la tutela della salute e il lenimento del dolore». E se per lenire la sofferenza si ricorre alla soppressione del sofferente, vuol dire che abbiamo toccato il fondo. Certamente nessun medico è obbligato, ognuno agirà secondo coscienza; ma state certi, non ci vorrà molto tempo e inizierà la trita e ritrita (oltre che falsa) querelle sull'insufficiente numero di medici per garantire l'aiuto al suicidio! Purtroppo i segnali sono preoccupanti. È di pochi giorni fa la notizia che la Federazione nazionale degli Ordini medici ha approvato all'unanimità che, al fine di adeguarsi alla sentenza della Consulta, il medico che aiuta al suicidio, ottemperando a tutte le norme espresse in quel testo, non è passibile di procedimento disciplinare, senza però modificare l'articolo 17 del Codice deontologico. Come dire: l'eutanasia è vietata e condannata, ma chi vuole praticarla lo può fare senza incorrere neppure nella sanzione deontologica, che non ha rilievo penale, ma solo «morale». La giustificazione è che bisogna adeguarsi alle decisioni espresse da un organo dello Stato. Sorge una domanda: perché mai una dichiarazione di valori morali e deontologici deve adattarsi alle norme dello Stato? Il Dna dell'arte medica non può e non deve essere infettato dal virus della contingente scelta politica. Porre il medico a servizio del potere, come fosse un semplice amministratore pubblico, significa non solo uccidere la moralità alta della professione, ma anche spalancare le porte a ogni «barbarie» del momento. Concludo con una provocazione: a livello di Ordini, si chieda al medico favorevole a eutanasia/aiuto al suicidio di dichiararlo e, di conseguenza, di dichiarare «obiezione di coscienza» all'articolo 17 del Codice. Per semplice trasparenza e coerenza e perché ogni cittadino conosca le convinzioni del medico a cui sta affidando la propria vita. Ps: per quanto riguarda l'affermazione della sentenza che «deve essere sempre garantita un'appropriata terapia del dolore e l'erogazione delle cure palliative […] (per) rimuovere le cause della volontà del paziente di congedarsi dalla vita», temo proprio che farà la fine dell'articolo 5 della legge 194, che dispone di rimuovere le cause della scelta abortiva: mai applicata! Amarezza e vergogna. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cosi-approvano-leutanasia-senza-dircelo-2645167537.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-cattolici-che-guardano-a-sinistra-fregati-se-ne-sono-accorti-in-emilia" data-post-id="2645167537" data-published-at="1758099528" data-use-pagination="False"> I cattolici che guardano a sinistra? Fregati. Se ne sono accorti in Emilia Sabato, sul Resto del Carlino, è apparso un articolo che dice moltissimo delle ultime elezioni regionali. Il quotidiano bolognese ha intervistato Stefano Zamagni, economista bolognese molto noto oltre che presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali. Argomento della conversazione: il comportamento di Stefano Bonaccini, appena riconfermato alla guida della Regione Emilia Romagna per il Pd. Zamagni è molto arrabbiato con lui. «Ha fatto una brutta scivolata», argomenta. «Aveva dichiarato che i dem si sarebbero aperti a parte della società civile, ai movimenti, e invece che cosa vedo? In giunta non c'è nessuno di sentire cattolico. Nessuno. Nonostante quell'area si sia impegnata per costruire la lista Bonaccini». Più che una notizia, qui c'è una confessione. Zamagni mette nero su bianco ciò che già si sapeva, e cioè che a dare una grossa mano al centrosinistra in Emilia Romagna sono stati i cattolici. Non è un mistero. Matteo Zuppi, cardinale e arcivescovo metropolita di Bologna, poco prima del voto ha deciso di scendere in campo pubblicando un libro che era sostanzialmente un manifesto contro la destra. Lo stesso Zuppi si è incontrato con il capetto delle sardine, Mattia Santori, dunque è evidente che da una parte della Chiesa è arrivata la benedizione ai progressisti. Zamagni, in quel di Bologna, ha fatto la sua parte. Assieme a Leonardo Becchetti, firma di Avvenire, ha proposto un manifesto che molti hanno interpretato come la carta costitutiva di un nuovo partito cattolico. Un testo rivolto a «credenti e non credenti» e basato su un «pensiero forte» (per fortuna...) saldato «ai principi della Costituzione, del pensiero sociale della Chiesa e delle varie dichiarazioni sui Diritti dell'uomo». Ovviamente il nuovo partito cattolico non si è fatto, in compenso tutte queste belle energie politiche e intellettuali sono state spese a beneficio della sinistra. Adesso, però, Zamagni non è contento. Il Pd, dice, avrebbe dovuto «aprirsi al centro» e invece si è «spostato a sinistra». E aggiunge minaccioso: «La gente non è stupida, se ne ricorderà». È un ricatto, ovviamente. Zamagni afferma che, in vista delle prossime elezioni comunali a Bologna, i cattolici progressisti creeranno una loro lista autonoma con un candidato civico. Una lista che guardi a Romano Prodi e alle sardine, dice il professore, e punti all'elettorato di centro ma con obiettivi piuttosto ambiziosi: «Noi, Zuppi, la comunità di Sant'Egidio non ci accontentiamo solo di riforme: vogliamo trasformare il presente». Niente male: pensate che non eravamo convinti che l'obiettivo di Zuppi fosse fare il pastore di anime... E invece ecco il fabbro del presente... Dunque, da un lato Zamagni svela il segreto di Pulcinella, dall'altro si lagna perché il Pd lo ha trascurato. Viene da pensare: ben le sta, caro professore. Senza contare, poi, che il lamento a mezzo stampa a poche settimane dal voto è un po' triste. Ci sarebbe da ridere dunque se la situazione non fosse estremamente seria e non riguardasse tutto il Paese anziché la sola Bologna. La figuraccia di Zamagni è emblematica di una larga fetta della Chiesa odierna. Va a letto nemica giurata dei sovranisti, si risveglia serva della sinistra. Tifa porti aperti, grida e strepita contro Salvini e Meloni, poi si ritrova calpestata da falsi amici che non condividono nemmeno uno dei suoi valori. I cattolici «adulti» emiliani hanno «costruito» la lista Bonaccini e adesso si trovano vice governatore Elly Schlein, radical chic paladina delle istanze arcobaleno, molto amata da un mondo che per lo più considera i cattolici una banda di omofobi. Succede, quando si abbandonano le proprie idee per seguire l'ideologia degli altri. Purtroppo, i progressisti cattolici continuano a preferire i progressisti non cattolici ai cattolici non progressisti. Continuano a disprezzare la destra e si accompagnano a chi disprezza loro. Il caso di Zamagni è Zuppi è emblematico: anche se sono di Bologna, sembra che abbiano la sindrome di Stoccolma. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cosi-approvano-leutanasia-senza-dircelo-2645167537.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="per-arginare-i-magistrati-si-cambi-la-costituzione" data-post-id="2645167537" data-published-at="1758099528" data-use-pagination="False"> «Per arginare i magistrati si cambi la Costituzione» La Consulta si pronuncia sul suicidio assistito, l'Ordine dei medici aggiorna la deontologia per adeguarsi, il comitato di bioetica condanna il presunto accanimento terapeutico sui minori malati. L'asticella sul fine vita si sposta sempre più in là, ma le leggi (a parte la norma sulle Dat) non s'innovano. Insomma, nulla cambia eppure tutto cambia. Ne parliamo con il professor Agostino Carrino, autore de La costituzione come decisione, un brillante saggio in cui spiega come e perché le corti, a partire dai temi etici e dai diritti , hanno acquisito sempre più potere decisionale a scapito della politica - e, quindi, del controllo democratico. C'è chi accusa la politica di aver lasciato vuoti normativi cui i giudici devono supplire. Ma si deve legiferare su tutto? «Un politico autentico, quindi fornito di autorità, spesso “fa" non facendo, cioè non interviene su tutto ma solo là dove è necessario, semmai dando l'esempio. Il punto è che i politici italiani, poco autorevoli, si aspettano sempre più che siano proprio i giudici a decidere per loro. Il diritto giudiziario è un esito inevitabile in quella che Bernd Rüthers ha definito una “rivoluzione clandestina dallo Stato di diritto allo Stato dei giudici"». Come si è arrivati a una situazione in cui la Consulta di fatto esercita anche una funzione legislativa? «Cent'anni fa in Austria nasceva, con la Costituzione repubblicana, la prima Corte costituzionale d'Europa. Il suo autore fu Hans Kelsen, per il quale i giudici costituzionali dovevano garantire la certezza del diritto, essere un presidio della volontà popolare rappresentata nel Parlamento e nelle sue leggi, non un contropotere o un potere superiore». E ora? «Ora i giudici si dichiarano apertamente “principialisti", cioè pretendono di giudicare in base a princìpi universali e fondati nella morale». E allora? «Be', se si afferma che la sovranità degli Stati non esiste più, allora il potere si trasferisce in quei luoghi che si sentono moralmente al di sopra degli Stati. Una politica debole, un diritto incerto favoriscono le corti forti, mentre oggi la democrazia, sia essa liberale o “illiberale", avrebbe bisogno di “corti deboli", per riprendere una distinzione di Mark Tushnet, un costituzionalista di Harvard, certo non di destra». Il nuovo presidente, Marta Cartabia, apre la Consulta alla società civile. Ciò accrescerà il controllo democratico? «È una delibera i cui esiti possono anche andare nel senso di fare della Corte costituzionale un soggetto sempre più politico, che dialoga direttamente con il mondo esterno e i governanti». È un disegno deliberato? «Non lo so. So però che il presidente Cartabia, che è stata collaboratrice di Joseph Weiler, professore della Nyu, conosce il diritto americano. E questa delibera mi ricorda per certi aspetti i comportamenti di un presidente della Corte suprema, Earl Warren, il quale diceva che con le sue sentenze voleva parlare direttamente al popolo americano e voleva il suo consenso. Forse con questa delibera apparentemente solo procedurale si apre una fase nuova nella storia della Corte italiana, che un giorno imporrà alla politica di riformare la Carta costituzionale». Come? «Personalmente sono per una - temo utopica - nuova Repubblica con una nuova Costituzione, ma basterebbe anche già inserire nel testo vigente qualche norma che limiti tecnicamente i poteri interpretativi della Corte e per certe questioni democraticamente sensibili non ne faccia un decisore di ultima istanza». In definitiva, come si fa a ripristinare il controllo democratico sui giudici? «Secondo Rüthers il precipitare dello Stato di diritto verso lo Stato dei giudici è un fenomeno inarrestabile». Nessuna speranza, allora? «Solo un potere politico forte è in grado di arginare il potere giudiziario. Un potere politico “illiberale", lo definirebbero molti. Ma io vorrei ricordare che un argine al potere della Corte suprema americana lo pose un presidente come Franklin D. Roosevelt, che i nostri ideologi dei diritti umani hanno sempre ritenuto un campione di democrazia e dei diritti umani. Non c'è bisogno di guardare a Putin». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cosi-approvano-leutanasia-senza-dircelo-2645167537.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="mio-figlio-doveva-morire-litalia-lo-aiuti" data-post-id="2645167537" data-published-at="1758099528" data-use-pagination="False"> «Mio figlio doveva morire, l’Italia lo aiuti» Maciej è un bimbo polacco di 7 anni, residente in Belgio, nato prematuramente con una cardiomiopatia ipertrofica unita a danni cerebrali. A pochi mesi di vita, venne ricoverato in terapia intensiva per una febbre alta. Quando i suoi organi smisero di lavorare, un medico disse ai genitori che era «nel miglior interesse del bimbo» rimuoverlo dal supporto vitale per la respirazione. In Belgio l'eutanasia per i bambini è legale ma deve essere autorizzata dai genitori; nel caso di Maciej nessuno chiese il loro parere. Il bimbo sorprese tutti, tornò a respirare autonomamente e gli organi ripresero le loro funzioni. A novembre si sono ripresentati gli stessi problemi e quel medico ha detto ancora che il migliore interesse per Maciej era la morte. La famiglia, che vedeva in lui segni di ripresa, si è rivolta a Steadfast onlus, organizzazione che già si è occupata di Alfie Evans, Charlie Gard e molti altri, per fermare il distacco e richiedere una seconda opinione. «Abbiamo trattato casi di ogni genere e possiamo testimoniare che, quando si rompe il rapporto di fiducia tra famiglie e ospedale, il nodo da sciogliere è capire quale sia l'alternativa migliore per tutelare il bimbo», spiega il presidente Emmanuele Di Leo, che si occupa di Maciej con un ospedale italiano pronto ad accoglierlo. Mamma Ania Nowicki, 34 anni, ci racconta quello che sta vivendo. Il Comitato nazionale di bioetica del nostro Paese raccomanda che non ci siano ostinazioni cliniche, solo perché i genitori lo vogliono. La vostra insistenza è giustificata? «Con mio marito non eravamo sicuri di nulla, ma chiedevamo che venisse data a Maciej la giusta possibilità di cura. Già una volta aveva dimostrato ai dottori che si sbagliavano». L'ultima diagnosi? «Ci venne spiegato che non era nel suo interesse né rianimarlo né ventilarlo». Come avete convinto i dottori a cambiare idea? «L'unica cosa che chiedemmo ai dottori fu di mettere nero su bianco che ritenevano i trattamenti “accanimento terapeutico". Aggiungemmo che se avevano anche un solo piccolo dubbio, avrebbero dovuto salvare una vita fragile. Decisero di ricoverarlo e curarlo». Vi fecero pressione per staccare il supporto di ventilazione ma il bimbo reagiva, guardava i cartoni animati, cercava di stringere la mano. «Non solo. Dopo l'intervento del legale fornito da Steadfast onlus, è stato possibile svezzarlo dal respiratore. Purtroppo in seguito Maciej ha subito l'amputazione di parte di una gamba, perché gli erano stati sospesi tutti i trattamenti». Vi è stato permesso di avere un secondo parere medico, come raccomanda il Cnb? «Solo una seconda opinione parziale relativa ad alcune patologie, non sulla situazione complessiva». Quali speranze vi sono state date in Italia? «Nel caso peggiore, ci aiuterebbero a garantire a Maciej la dignità che merita fornendo cure palliative e terapia del dolore. In questi giorni il piccolo è nuovamente peggiorato, speriamo di non dover affrontare un nuovo conflitto con l'ospedale. Vi chiediamo di continuare ad aiutarci e di pregare per Maciej e tutti noi».
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 17 settembre con Carlo Cambi