2025-11-08
Clandestini a zonzo, agenti in ceppi. Perciò le nostre città fanno paura
Per la sinistra, il crimine aumenta a causa dei tagli alle forze dell’ordine. Il governo ha assunto uomini, però polizia e carabinieri hanno le mani legate. Mentre le toghe usano i guanti di velluto con facinorosi e stranieri.Ogni giorno ha la sua rapina e la sua aggressione. La maggior parte delle quali fatte da clandestini. L’ultima è quella compiuta da uno straniero su un treno lombardo ai danni di una modella. Ma nonostante l’evidenza dei fatti c’è ancora chi si arrampica sugli specchi per negare la realtà. Non sono bastati gli ultimi dati del ministero dell’Interno, che mostrano un aumento dei reati commessi da immigrati quasi sempre senza permesso di soggiorno o addirittura con in tasca un foglio di espulsione dal Paese.Né le riflessioni circa l’incremento della cosiddetta criminalità minore, ovvero quella che più allarma l’opinione pubblica, perché genera una situazione di insicurezza nelle proprie case e nella propria città. No, di fronte a numeri che parlano chiaro e non ammettono interpretazioni circa il fallimento della politica delle porte aperte all’immigrazione, c’è ancora chi rifiuta di guardare in faccia il problema e riconoscere i propri errori.Aver consentito lo sbarco di persone che non sono in fuga da una guerra o che scappano da una persecuzione ma sono alla ricerca del bengodi, ovvero di un Paese che consenta loro di non lavorare ma di poter vivere a sbafo, sta generando un aumento dei reati che non è più casuale. E non è vero che il problema italiano è costituito dalla mancata presenza delle forze dell’ordine nelle città. Anche se nel corso degli anni i governi di centrosinistra hanno ridotto gli organici di polizia e carabinieri, il nostro Paese resta in Europa tra quelli con il maggior numero di addetti per la sicurezza. Giorgia Meloni ha risposto alle accuse dell’opposizione ricordando le assunzioni finanziate dalle leggi di bilancio. L’aumento c’è stato e ha consentito di riequilibrare il turnover di poliziotti e militari che hanno raggiunto l’età della pensione. Ma il problema non è avere 10 o 50.000 agenti in più. Certo, la presenza di personale in divisa aiuta a tenere sotto controllo il territorio, ma non basta l’auto con il lampeggiante: serve anche che alle forze dell’ordine sia consentito di operare e di far rispettare la legge. Invece oggi basta passare una giornata su una volante, oppure in caserma, fianco a fianco di agenti e carabinieri, per capire che agli uomini che difendono lo Stato sono state legate le mani. In un Paese che ha introdotto il reato di tortura - nonostante l’Italia non sia il Cile di Pinochet-, dove più di 200 esagitati che hanno assaltato i poliziotti con lancio di pietre e cartelli stradali sono stati liberati senza colpo ferire mentre otto agenti che hanno respinto un corteo non autorizzato sono rinviati a giudizio, il tema non è il numero dei componenti delle forze dell’ordine, ma che ordine vogliamo. Quello di Landini, Schlein e compagni? Oppure quello che difende i cittadini che rispettano la legge? Parlo regolarmente con gli esponenti della polizia e dei carabinieri e posso garantire che i migliori di loro non vogliono più lavorare in strada. Non perché non abbiano voglia, ma perché hanno paura. Per fermare un uomo che minaccia la sicurezza delle persone e degli stessi agenti è previsto l’uso proporzionato della forza. Ma che cos’è l’uso proporzionato della forza? In una rissa dove è necessario fermare un uomo violento, chi stabilisce se la forza è proporzionata? Chi non c’è. Ovvero chi non è mai stato su una volante di notte in un quartiere ad alta densità criminale. Chi non è chiamato a fare un pronto intervento nei confronti di un clandestino strafatto di droga.La verità è che fino a quando le forze dell’ordine non saranno libere di fare il loro mestiere e la magistratura non farà ciò che le affida la legge, ovvero perseguire i reati senza schierarsi dalla parte dei migranti o da quella dei manifestanti, la sicurezza non sarà garantita. Il caso della modella aggredita su un treno in Lombardia è significativo. Il suo aggressore, che avrebbe potuto ammazzarla, era privo di permesso di soggiorno, si era già reso responsabile di violenze, ma «curiosamente» era libero di circolare in Italia. Ora, dopo l’aggressione, è stato rinchiuso in un centro per il rimpatrio. Ma fino a quando, visto che grazie all’intervento della magistratura, anche chi ha la fedina penale sporca viene lasciato libero? A sinistra, oltre a lamentarsi per la riduzione dell’organico delle forze dell’ordine che gli stessi compagni hanno tagliato, invocano misure di prevenzione. In pratica, ai clandestini dovremmo garantire casa e lavoro e, se questo non c’è, il sussidio. Prevenzione è la nuova parola magica. L’unica che l’opposizione (e ahinoi anche la magistratura) non riesce a pronunciare è remigrazione. Rispedire a casa chi non ha diritto di stare nel nostro Paese pare essere una bestemmia. In realtà è la soluzione.
Nel riquadro in alto l'immagine dei postumi dell’aggressione subìta da Stephanie A. Nel riquadro in basso un frame del video postato su X del gambiano di 26 anni che l'ha aggredita (iStock)