2024-11-13
Contro i tagli ma chiedono l’aumento: i rettori vogliono quasi 2 milioni in più
Anna Maria Bernini (Ansa)
Reclamati rialzi di stipendio di oltre 100.000 euro. Anna Maria Bernini: «Mettano in chiaro i bilanci».Piangono per il taglio dei fondi destinati all’università, ma intanto chiedono l’aumento degli stipendi. È la contraddizione che riguarda 30 fra i rettori di altrettante università pubbliche italiane. Già, perché alcuni giorni fa, infatti, in audizione in commissione bilancio alla Camera, Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’università di Milano Bicocca, nonché presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), aveva dichiarato: «Un ulteriore taglio quest’anno verso l’università, e penso in particolare ai 65 atenei pubblici, vuol dire aver deciso che il nostro Paese non ha bisogno dell’università e questo, da economista, mi sconvolge». Dall’altra parte però, c’è il dato sulle richieste di aumenti di compenso (possibili in virtù del decreto 143 del 23 agosto 2022 del governo Draghi) di chi regge alcuni tra gli atenei più prestigiosi d’Italia. L’incremento sarebbe di oltre 1,8 milioni, portando l’esborso complessivo a oltre 3,5 milioni di euro annui. Tra gli aumenti più rilevanti, quelli del rettore di Genova, con un incremento annuo di circa 116.000 euro, seguito dal rettore dell’università del Piemonte orientale con circa 112.000 euro in più, e quello di Salerno, con un aumento di oltre 110.000 euro. Seguono quelli di Ferrara e dell’Alma Mater di Bologna, che hanno chiesto incrementi consistenti, rispettivamente di circa 105.000 e 100.000 euro annui. Da qui le parole del ministro dell’Università e della ricerca, Anna Maria Bernini: «Credo che l’audizione alla Camera sia propagandistica più che contenutistica. Io nutro un grande rispetto per i rettori. Parlo semplicemente di un’espressione associativa, la Crui, che ha espresso un parere non supportato dai numeri. Mi sono messa a disposizione, ma chiedo: alla polemica e alla propaganda sostituiamo le proposte e la collaborazione, quella vera. Perché la collaborazione non si predica, si pratica». Tra le critiche delle università il fatto che, in quanto enti autonomi, gli atenei ricevono solamente le risorse del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo). «Ma proprio per la loro autonomia», aveva sottolineato Iannantuoni alla Camera, «gli atenei devono pagare gli stipendi di tasca propria, tasse incluse. Il che significa restituire il 45% dei fondi, circa 45 milioni di euro, sotto forma di imposta». «Inoltre», aggiungeva, «i rettori lamentano un taglio di risorse nei prossimi tre anni che si aggira sui 700 milioni sulla ricerca e sulla formazione». Bernini ha replicato: «Siamo riusciti a ottenere per il 2025 un innalzamento del Fondo di finanziamento ordinario. È vero che nel 2024 eravamo stati costretti a fare un taglio di circa 178 milioni, ma nel 2023 avevamo portato il Fondo oltre il massimo storico, e il plafond previsto per il 2025 è più alto ancora di quello del 2023». Il ministro ha poi ribadito: «L’università è un asset sul quale il governo vuole investire. I fondi messi a disposizione sono in chiaro, al contrario dei bilanci degli atenei. Cosa che non possono permettersi, in quanto enti pubblici finanziati dalle tasche degli italiani. Chiederò ai rettori di mettere in trasparenza i loro bilanci».
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