Il commento - È comodo e inutile discutere di guerra senza avere un’idea di mediazione

Serve un'idea di mediazione se si parla di guerra
Bisognerà valutare attentamente il nuovo pacchetto di sanzioni che l'Unione Europea si appresta ad adottare nei confronti della Russia e, soprattutto, quanto influirà la linea di alcuni Paesi di prorogare i termini dell'entrata in vigore - che sarà graduale - delle sanzioni che riguarderanno le importazioni di petrolio, le quali saranno sottoposte ad embargo.
Intanto Vladimir Putin firma il decreto che vieta le esportazioni verso i Paesi che hanno compiuto azioni ostili alla Russia. Andrà esaminata la portata, gli effetti e l'area di applicazione di queste sanzioni. Quanto al gas, finora si è escluso che possa essere introdotto un embargo, soprattutto da parte di alcuni Paesi, Germania in testa, per le conseguenze sulla crescita che ne deriverebbero. Ma resistenze esistono, almeno finora, anche per la fissazione di un price cap, ossia di un tetto al prezzo, a livello europeo e, ancor più, per la messa a punto di un Recovery Plan in materia energetica. Naturalmente si tratta di comportamenti e di materie in evoluzione per cui un giudizio conclusivo sarebbe azzardato.
Tuttavia si conferma un'esigenza di chiarezza. Se si è contrari all'invio di armi perché il popolo ucraino si difenda dall'aggressore e dagli orrori e stragi che sta commettendo, allora, se non si vuole assumere un distacco da quanto sta avvenendo non certo lontanissimo dall'Unione e dai rischi pur immanenti, sembrerebbe doveroso partecipare all'attivazione delle sanzioni e delle misure di embargo. Coloro che, invece, privilegiano l'assistenza con l'invio di armi non possono disconoscere che questa sola misura, contestata per di più da movimenti, organismi e anche da gruppi politici, di per sé sola non appare sufficiente. Insomma, siamo al punto in cui sia chi si oppone alla continuazione del ricorso alle armi sia chi invece lo sostiene lasciano indefinito il modo in cui si possa arrivare all'obiettivo finale, che è quello quanto meno del «cessate il fuoco».
Basta una diffusa costante pressione diplomatica, come verosimilmente vorrebbero i primi? Ed è realistico immaginare una completa vittoria delle forze ucraine contro quelle russe con la cacciata di queste dal territorio occupato? Insomma, da entrambe le parti che vorrebbero evitare ulteriori morti, terrore e distruzioni - come sostengono - sopravviene l'indeterminatezza circa l'approdo finale delle proposte rispettivamente avanzate.
È fondatamente immaginabile un «cessate il fuoco» conseguito unilateralmente soltanto dall'Ucraina oppure tale atteggiamento coinciderebbe piuttosto con una resa e con un'estesa occupazione da parte russa? Ma siamo sicuri che gli ucraini vogliano proprio questo? Oppure si tratta di un desiderio di determinati Paesi e di esponenti politici e intellettuali in alcuni di essi che non fanno, però, i conti con l'indipendenza della Nazione aggredita e con il patriottismo dei suoi cittadini? Ma poi continuare il conflitto senza un'idea di una possibile onorevole mediazione è una scelta che potrà essere sostenuta per lungo tempo?
Sono questi i punti su cui si dovrebbe esercitare la riflessione per un contributo di idee, dal momento che entrambe le parti - ma pure chi parla di guerra per procura, chi si scaglia contro gli Stati Uniti, chi contesta la disattenzione nei confronti delle circa 150 guerre in atto nel mondo, chi critica le inerzie del passato - hanno il dovere di indicare come, attraverso quali percorsi, con quali ipotizzati traguardi si sviluppano le rispettive proposte.
Se manca questa parte dei ragionamenti, allora si tratta soltanto di comode proposte e di retorica, come spesso accade nei numerosi dibattiti televisivi che si susseguono in questa materia, durante i quali fanno spesso premio l'efficacia della pronta, formale risposta, l'intervento infuocato, la tesi così originalissima come assolutamente inapplicabile - a volte, una coprolalia - mentre gli ucraini continuano a lottare e a morire.
Ancora una volta «ha stato il fascismo». È il fascismo che censura, il fascismo che distrugge, il fascismo che produce ogni stortura della società attuale. Vittima di fascismo è stato, ad esempio, Emanuele Fiano, stimabile esponente del Partito democratico. Lo hanno invitato a parlare all’università Ca’ Foscari di Venezia, ma un gruppo di esagitati attivisti pro Palestina si è presentato nell’aula in cui si teneva l’incontro e ha cominciato a sbraitare per sabotare il tutto. Lo slogan era «fuori i sionisti dalle università», e in effetti lo scopo è stato raggiunto: Fiano ha dovuto mollare il microfono e andarsene. Intervistato dai principali quotidiani, l’esponente del Pd - che è persona educata e dialogante - giustamente si indigna e ricorda addolorato quando nel 1938 suo padre fu cacciato dalla classe a 13 anni per via delle leggi razziali. Poi dichiara: «Questo è un atteggiamento fascista!». E aggiunge: «In questo caso non ci sono colpe dei neofascisti, ma quei ragazzi usano un metodo fascista».
A sinistra i più tacciono (forse per imbarazzo o forse perché approvano il comportamento dei pro Pal) ma molti altri sono d’accordo con Fiano. Piero Fassino spiega che «un gruppo di facinorosi pro Pal ha violentemente impedito lo svolgimento di un incontro sulla pace in cui avrebbe dovuto prendere la parola Lele Fiano», e definisce l’accaduto «un atto intollerabile, figlio dei pregiudizi e del fanatismo di chi, invocando la democrazia, ricorre a metodi squadristi per imporre parole d’ordine e visioni del tutto opposte a valori di pace e giustizia». Stessa linea per il dem Giorgio Gori, che dichiara: «Fanatismo e metodi squadristi non sono di nessun aiuto alla causa del popolo palestinese - al contrario, la danneggiano - né a quella della pace».
Fascismo, leggi razziali, metodi squadristi. Piccolo problema: i censori di Fiano si sono battezzati Fronte della gioventù comunista e hanno come simbolo la falce e il martello. Però nessuno riesce a dire che si tratti di comunisti. Anzi, qualcuno arriva persino a riesumare la antica categoria dei compagni che sbagliano. Gad Lerner, ad esempio, sentenzia: «Chi ha impedito a Emanuele Fiano di parlare all’università di Venezia vuole la guerra e non la pace fra israeliani e palestinesi. Fanatismo d’importazione, altro che falce e martello. Un ostacolo in più sul faticoso cammino della convivenza». Come a dire: costoro non sono dei veri comunisti, ma dei fasci travestiti. Che era poi quello che si diceva delle Brigate rosse e che si dice ogni qual volta si manifestano violenza e intolleranza di sinistra.
La divisione è semplice: i buoni sono rossi, i cattivi sono neri. Se picchi o prevarichi con la falce e il martello sei, nella migliore delle ipotesi, un fascista rosso, e non altro, perché i comunisti sono buoni per definizione. Sostenere altro non si può, perché significherebbe riconoscere che il comunismo, nella storia, ha ripetutamente e violentemente tappato la bocca agli oppositori politici, ai critici e ai liberi pensatori, e non solo in Unione sovietica o in Cambogia. E questo è semplicemente inammissibile. Il male assoluto è fascista, in qualsiasi forma si manifesti. Netanyahu bombarda Gaza? È fascista. Hamas uccide gli ebrei? È fascista pure Hamas. In pratica si scopre che in Palestina va in scena uno scontro tra fascisti, come del resto in Ucraina, con il fascista Trump che sanziona il fascista Putin. La destra è sempre fascista a meno che non faccia cose di sinistra (e talvolta pure in quel caso), e il fascismo è sempre malvagio per definizione. Dunque la destra è sempre crudele e razzista, a meno che non si snaturi completamente. Quanto alla sinistra, se compie azioni disdicevoli allora è fascista, e dunque di destra. E così torniamo all’assunto di partenza: la destra è il male, la sinistra il bene. A prescindere dalle azioni concrete.
Il fatto è che anche le definizioni di bene e male cambiano a seconda delle convenienze. Il caso di Fiano fornisce, di nuovo, un utilissimo esempio. La censura che ha subito è patetica e vergognosa, e a prescindere dalle opinioni è semplicemente intollerabile che a qualcuno venga tolta la parola in quel modo. Tuttavia ricordiamo che vicende analoghe che coinvolsero esponenti di centrodestra furono trattate in modo ben diverso. Quando Eugenia Roccella fu messa a tacere al Salone del libro di Torino, qualche anno fa, si disse che aveva giusto raccolto un po’ di fischi, che faceva la vittima e che non si poteva sedare il dissenso. E a dirlo furono fini intellettuali, non militanti di strada.
La sensazione è che la sinistra non gradisca che siano usate contro di lei le armi di cui si è servita per anni. Lo stesso Fiano - a cui va tutta la nostra solidarietà - nel corso degli anni ha proposto a ripetizione leggi liberticide che avevano lo scopo dichiarato di «combattere il fascismo». Ecco, in quella circostanza e con quell’obiettivo, la censura veniva ritenuta buona e giusta. Il cortocircuito esplode quando la «censura antifascista» è esercitata da gruppi di sinistra nei riguardi di un altro esponente della sinistra. Non dubitiamo che Fiano, per i compagni del Fronte della gioventù comunista, sia un pericoloso fasciosionista che merita di essere zittito. Così come per Fiano quelli del Fgc sono fascisti propal.
Questo è il problema della lotta continua contro il fascismo inesistente: funziona finché i fascisti sono gli altri. Poi un bel giorno ti svegli, scopri che quello accusato di fascismo sei tu, e ti accorgi che vedersi tappata la bocca non è per niente piacevole.













