2022-09-13
Cingolani si sveglia con la voglia di trivellare
Roberto Cingolani (Imagoeconomica)
Il ministro che negava ogni allarme relativo agli approvvigionamenti esce dal letargo con un attivismo fuori tempo massimo. E se la prende con tutti: dalle sovraintendenze che frenano le rinnovabili alla Costituzione che adesso tutela il paesaggio.In una delle sue sterminate interviste quotidiane, anche ieri Roberto Cingolani, inarrestabile ministro della Transizione ecologica, non le ha mandate a dire. Già di buon mattino, su Radio 24, ha parlato come un ribaldo neo nominato in quota grillina. Quale era, in effetti. Diciassette mesi fa, però. Nell’afoso weekend l’usuale gragnola di splendide intenzioni aveva bersagliato quei cattivoni dei nordeuropei, in passato sempre benvoluti, che non vogliono l’agognato tetto al prezzo del gas. Ieri il verbosissimo s’è invece scagliato contro le patrie magagne: sovrintendenze, inerzia e persino la Costituzione. Come se Cingolani non avesse mai varcato la soglia del suo strategico ministero. Una pittata di nuovismo anche per lui, dunque. Forse nella speranza di venir riconfermato nel prossimo governo di centrodestra. E magari far dimenticare ai connazionali le incaute rassicurazioni sul supposto bengodi energetico italiano, a suon di «situazione sotto controllo».Eppure, niente. Siamo nei guai. Il piano per l’inverno del superministro, tra razionamenti e consigli della nonna, è stato riassunto qualche giorno fa dalla Verità: «Congelate in pace». E sapete, stavolta, di chi è la colpa? Certo, la lista dei rei non confessi è lunga. Ma in cima adesso Cingolani piazza i burocrati delle Belle arti. «C’è una quantità enorme di potenza energetica di impianti nuovi bloccata perché ci sono le sovraintendenze che non concedono l’autorizzazione per una questione paesaggistica» prorompe. Opposizione spesso ideologica. Come dargli torto? Però, illustrissimo ministro, non è un po’ tardino per le geremiadi di giornata? Piuttosto che subire silente per un anno e sette mesi, non poteva sfidare a duello il temibile capo supremo delle soprintendenze tricolori, ovvero il collega alla guida dei Beni Culturali, Dario Franceschini? Invece, solo alla vigilia di nuove elezioni arriva la bordata a uno dei piddini più detestati dal centrodestra.Cingolani, però, va ben oltre. «Capisco l’importanza del paesaggio, ma trovo stucchevole dire che vada in Costituzione. Bisogna capire quali sono le priorità. L’emergenza energetica, la tenuta dell’industria e dei cittadini o il paesaggio? Secondo me, dobbiamo accelerare sugli impianti bloccati». Urca, questa è grossa. Ma come? La Costituzione più bella del mondo? Il ministro, però, è irrefrenabile: «Noi portiamo i progetti in consiglio dei ministri, però sono tantissimi e andiamo avanti lentamente. Trovo che questa cosa vada a discapito dei cittadini. Il modello autorizzativo misto è molto complesso». L’illuminato fisico si danna l’anima. Ma continua a scontarsi contro i funzionari oscurantisti: «Purtroppo, dall’altra parte ci troviamo di fronte a no di principio su quasi tutti gli impianti da parte delle sovraintendenze» lamenta. «Se il paesaggio è sempre più importante, dobbiamo dare un messaggio chiaro ai cittadini che, rispetto ai costi dell’energia, ci sono alte priorità».Certo, le Belle arti sono spesso inutilmente coriacee e ideologiche. A volte, magari, no. Michele Munafò, dirigente dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha spiegato alla Verità che gli intendimenti governativi sulle rinnovabili, contemplati nel Pnrr, potrebbero distruggere «87.000 ettari di campagne». Insomma, i 70 gigawattora previsti entro il 2030 per «gli impianti a terra», tra fotovoltaico ed eolico, sarebbero eccessivi. Meglio, suggerisce Munafò, «installare i pannelli su edifici, capannoni o aree inutilizzate».Siamo nelle mani di ottusi burocrati, dissente invece Cingolani. Urge liberarsi dal giogo dei cavilli. Cassare la parola «ambiente» dalla Costituzione. Per sostituirla magari con trivelle. Nella sua intervista mattutina, il solerte ministro difatti annuncia: «Stiamo contestualmente pensando di consentire l’estrazione di una quantità piccola, ma significativa, agli operatori che si impegnano a dare all’Italia e alle nostre aziende del gas a prezzo scontato». Cingolani quantifica: «Quattro o cinque miliardi di metri cubi, su giacimenti esistenti senza toccare l’Alto Adriatico». La decisione, assicura il ministro, avrebbe l’effetto di «aumentare l’autonomia e consentire a questi operatori di compensare questo sforzo». Anche il nostro Lancillotto è però cosciente che il tempo è tiranno. La legislatura è agli sgoccioli, ma lui stavolta ci crede davvero: «La misura andrà poi votata in Parlamento: spero positivamente. È l’unica cosa che possiamo fare per alleviare la sofferenza delle imprese. Se qualcuno si schiera contro poi lo dovrà spiegare a loro».Insomma, il suo incarico volge al termine. Da mesi giornali e televisioni si chiedono sgomenti: perché non ricominciare a trivellare? Ed ecco l’atteso via libera del ministro. Agli sgoccioli del suo mandato. L’ex direttore dell’Istituto italiano di tecnologia, nel suo profluvio di parole, tira pure il calcio dell’asino all’energia pulita, derubricata da salvifica ad accessoria: «Così non riusciremo a mandare avanti la seconda manifattura d’Europa per sempre. In questo momento è fondamentale l’accelerazione con le rinnovabili e lo stiamo facendo, ma per il 2040-2050 dobbiamo avere anche sorgenti continue e programmabili». A partire dal nucleare, spiega. Nell’immediato, aggiunge, bisogna intanto accelerare sui rigassificatori. Come quello di Piombino, promesso dal ministro per il prossimo gennaio. Bene che vada, entrerà invece in funzione la prossima primavera. A termosifoni spenti.
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.