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Per far sembrare più leggera la bolletta tolgono il canone Rai

Per far sembrare più leggera la bolletta tolgono il canone Rai

Il canone Rai uscirà dalla bolletta nel 2023

Dal prossimo anno il canone Rai esce dalla bolletta elettrica? Per ora rimane un’ipotesi, ma il governo intanto un impegno l’ha preso. E’ successo mercoledì, quando la sottosegretaria per la Transizione ecologica Vannia Gava ha dato parere favorevole a un ordine del giorno presentato dal Maria Laura Paxia (gruppo misto) alla Camera durante la discussione sul decreto energia Il testo, non vincolante, chiede al governo di «adottare misure normative dirette a scorporare dal 2023 il canone Rai».

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Il titolo vola a un passo dalla proposta di Tether. Il secco no di John Elkann non ha convinto gli investitori che la pensano come l’ex presidente Giovanni Cobolli Gigli: «Valore non in vendita? Diceva la stessa cosa su Gedi».

Cosa succederà in Borsa? I titoli della Juventus saliranno progressivamente fino a raggiungere il potenziale valore attribuitole da Tether, il colosso delle criptovalute che venerdì a Piazza Affari chiusa ha presentato un’offerta con tanto di premio del 20,74%, o crederanno al no «secco» di John Elkann che a strettissimo giro ha parlato di asset non in vendita?

La risposta degli investitori è stata abbastanza esplicita. Perché ieri le azioni della società bianconera hanno subito aperto in netto rialzo, superiore all’8%, per poi arrivare progressivamente a sfiorare la quotazione di 2,66 euro indicata nella proposta di Paolo Ardoino e Giancarlo Devasini. A fine giornata i guadagni si sono attestati al 18,5% e il titolo è arrivato a valere 2,60 euro. Insomma, siamo lì. Il messaggio è chiaro: la partita sul club più titolato d’Italia non è finita. Da una parte perché per tutto il fine settimana si sono rincorse voci che vedevano altri attori finanziari e non interessati ad entrare in gioco. Si è parlato del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, tesi avvalorata dal fatto che il fondo sovrano dell’Arabia Saudita (Pif) ha una partecipazione di Antenna, il gruppo greco che sta trattando l’acquisizione di giornali e radio di Gedi, altra società della galassia Exor. Ma anche di un possibile coinvolgimento di Leonardo Maria Del Vecchio, erede del fondatore di EssilorLuxottica che a sua volta era interessato a Gedi. Voci.

Dall’altra, perché il video con tanto di felpa della squadra e tono pseudo-stentoreo di John Elkann, non ha convinto nessuno. Il presidente di Exor, la holding di famiglia che controlla la Vecchia Signora del calcio italiano con il 65,4% delle quote, è sembrato ai più impacciato e fuori ruolo mentre rassicurava i tifosi e non solo sull’incedibilità di un club che «fa parte della mia famiglia da 102 anni» e mentre scandiva uno slogan tutto cuore e passione: «la nostra storia e i nostri valori non sono in vendita». Un caricatura.

Tant’è che per esempio, le parole di Jaki hanno suscitato la reazione sarcastica di Giovanni Cobolli Gigli, presidente del club dal 2006 al 2009, e manager navigato con un lungo trascorso d’impresa in aziende come Mondadori e Rinascente. Cobolli era ai vertici del club con una Juve retrocessa in B e penalizzata di 30 punti che iniziava la lenta risalita. «Ho ascoltato le parole di John Elkann», ha evidenziato pungente ospite di Radio Anch'io Sport su Rai Radio 1, «se potessi fare un po’ di ironia, vorrei sapere se queste parole sono state dette col cuore o col gobbo. Leggeva mentre parlava e questo non depone molto a favore della sua convinzione rispetto a quello che ha detto». Per poi andare dritto al punto. «John Elkann ha parlato di valori non in vendita? Due mesi fa aveva fatto le stesse dichiarazioni su Gedi e poi sono volate via con il vento dell’inverno. Prendiamo atto delle sue parole. Sono un po’ meno convinto della solidità della Juventus, a questo punto vediamo cosa succede».
Quindi l’ultima stoccata alla società più che alla proprietà. «Adesso bisogna costruire», ha spiegato, «la Juve ha una consiglio di amministrazione appena nominato che non deve essere assente come quelli precedenti. Certe dichiarazioni spettano all’amministratore delegato. Immagino che Comolli (il neo ad francese) stia già facendo delle total immersion per imparare l’italiano. Tutte le dichiarazioni che adesso fa il presidente spettano d’ora in poi alla società Juventus».

Vedremo. Intanto i riflettori restano accesi su Tether. Cosa intende fare la società di criptovalute che da tempo sta chiedendo di essere più coinvolta nelle future decisioni del club? Oggi è all’11,5% e ha Francesco Garino, un suo rappresentante nel cda. Ma vuole bel altro.

Ardoino e Devasini erano consapevoli che la loro offerta non avrebbe avuto una risposta positiva e probabilmente si aspettavano pure una replica di questo tenore, secca e a stretto giro. Ma adesso sono chiamati a dare una risposta a chi sostiene che si stiano facendo solo della gran pubblicità. Anche perché il valore della Juventus è oggettivamente superiore al miliardo e 400 milioni complessivi messi sul piatto (1,1 miliardi più il debito da 300 milioni). Basta fare un raffronto con il valore attribuito ormai tre anni e mezzo fa da RedBird che ha acquistato il Milan (senza stadio di proprietà) dal fondo Elliott per circa 1,1 miliardi.

E che ci siano dei margini lo dimostra anche il fatto che il Milan sia stato rilevato facendo ricordo a un prestito del venditore da 560 milioni, mentre l’offerta potenziale presentata dalla stablecoin con base in El Salvador esclude finanziamenti.

Certo, parlando di investimenti potenziali da 1 miliardo Tether ha ingolosito e non poco i tifosi bianconeri ponendo una sorta di benchmark rispetto alle future mosse dell’attuale dirigenza. Alzando così l’asticella delle aspettative del popolo bianconero. Ma non basta. Per far rimangiare la parola agli Elkann servirà un robusto rilancio che porti il valore del club intorno a quota due miliardi. A quel punto si peserà davvero l’autenticità delle parole dell’erede dell’Avvocato. Sulle quali, visto il pregresso (eclissi Fiat e vendita di Magneti Marelli, Comau e Iveco, per non parlare dei giornali) è lecito avere più di qualche dubbio.

Djokovic fuori, gli stragisti dentro: il modello Australia è andato in pezzi
Novak Djokovic (Ansa)
Il politicamente corretto ha eroso la tradizionale linea dura sugli ingressi. E a essere cacciati sono stati solo i non vaccinati.

La foto di Naveed Akram, l’attentatore affiliato a una cellula australiana dell’Isis che con suo padre Sajid Akram ha ucciso 16 persone che celebravano vicino Sidney la festa ebraica dell’Hannukkah, ferendone altre 38, circola da ore, accostata a quella di Novak Djokovic. Il meme, accompagnato dalla scritta «Una di queste due persone è stata espulsa dall’Australia», contrappone il tennista serbo, respinto dall’Australia nel 2022 per non essersi sottoposto a vaccinazione anti Covid, a uno degli autori della strage, a indicare le contraddizioni (eufemismo) dei controlli di frontiera australiani.

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Religiosi, reclutatori e terroristi: ecco la rete della jihad «oceanica»
Ansa
L'Australia è da tempo teatro di atti antisemiti che nascono in ambienti radicalizzati. Lo Stato «segue», ma non fa nulla. Così predicatori e miliziani tornano liberi e continuano a formare tagliagole.

In Australia è in corso un’indagine a tutto campo per accertare chi abbia fornito appoggio logistico ai due autori della strage di domenica sulla spiaggia di Bondi Beach, a Sydney. Nel corso dell’azione è rimasto ucciso Sajid Akram, 50 anni, mentre il bilancio complessivo è di 16 vittime e 47 feriti.

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