2021-03-04
Cade la mascherina di Speranza. Dalla Cina milioni di tarocchi
Roberto Speranza (Stefano Carofei/Pool/Insidefoto/Mondadori Portfolio via Getty Images)
Siccome lo scandalo dei 70 milioni pagati da Domenico Arcuri a improbabili procacciatori di mascherine non ci bastava, non ci facciamo mancare neppure uno scandalo sui dispositivi di protezione che non proteggono. Sì, milioni di pezzi sono arrivati lo scorso anno dalla Cina tramite aziende riconvertite in fretta e furia per servire la pubblica amministrazione, ma senza che né le imprese né, soprattutto, le mascherine avessero i requisiti richiesti. Del resto, come hanno rivelato le intercettazioni telefoniche nell'inchiesta che vede indagati Mario Benotti e alcuni suoi svelti colleghi, la pandemia è un boccone troppo grosso per non fare gola a tanti pescecani. Dunque, nella primavera dell'anno scorso in molti si sono dati da fare per reperire i dispositivi di protezione e oggi la magistratura comincia a tirare le somme di tanto attivismo. Ieri, un gruppo di finanzieri ha messo i braccialetti a tre persone, accusandole di truffa aggravata ai danni della Protezione civile del Lazio. In pratica, tramite una società che rilasciava certificati di idoneità senza andare troppo per il sottile, il gruppetto avrebbe importato camici e mascherine non idonei contro il Covid, spacciandoli però per sicuri. In carcere sono finiti due italiani e un imprenditore croato e tutto ruota ancora una volta, come per l'inchiesta che riguarda Benotti e compagni, attorno al commissario straordinario all'emergenza, ovvero quell'Arcuri a cui Mario Draghi ha appena fatto fare le valigie. Già, perché come nel caso dell'intermediazione da sogno per le mascherine, ovvero per quei 70 milioni che si sono spartiti i procacciatori di 800 milioni di dispositivi di protezione, l'affare è stato possibile perché l'amministratore delegato di Invitalia ha consentito l'accesso alla struttura commissariale. Benotti si messaggiava con Arcuri, contattandolo un migliaio di volte per telefono e dimostrando una certa confidenza. Mentre Vittorio Farina, uno degli arrestati, in virtù di una conoscenza personale avrebbe goduto direttamente di incontri con il manager. L'imprenditore, dopo un appuntamento, avrebbe rassicurato i suoi soci: «Domenico mi ha promesso che se gli arriva la lettera, autorizza quell'acquisto (…) la dovrebbe fare oggi, oggi la deve fare e oggi pomeriggio ci deve dare l'ordine». Del resto, l'emergenza giustificava una certa snellezza delle procedure, e cinque milioni di mascherine e quasi mezzo milione di camici da destinare a infermieri e medici potevano fare comodo. Però, c'era quel piccolo particolare del certificato di garanzia, ovvero del marchio europeo che doveva garantire i requisiti della merce. E allora, per rimuovere il piccolo ostacolo, Andelko Aleksic, altro arrestato, pare abbia pensato di fabbricare in casa la patente di conformità del prodotto. Gli inquirenti lo hanno intercettato mentre ordinava al telefono i documenti per i camici senza preoccuparsi dei rischi per la salute. «Tanto so' tutti falsi 'sti certificati». E come no? Chissenefrega di un pezzo di carta: basta scriverci sopra quel che serve a consentire l'acquisto. L'ex commissario all'emergenza pandemica, secondo gli inquirenti, è stato oggetto di un traffico d'influenze, e non è indagato. Insomma, Arcuri è una vittima, come nel caso di Benotti non ha capito che qualcuno si approfittava di lui e trafficava per influenzarlo. Pover'uomo: chi avrebbe mai detto che un manager di comprovata esperienza si facesse raggirare così. Una volta non si è accorto di 70 milioni di intermediazione, un'altra prende per buoni timbri e cartelline che Aleksic si fabbricava da solo. Nel caso dei soldi, la faccenda è certamente grave, ma in quello delle mascherine tarocche lo è ancor di più, in quanto qualcuno è riuscito a spacciare dispositivi di protezione che non proteggevano, mettendo a repentaglio la salute dei cittadini. I tre imprenditori arrestati ieri non sarebbero però i soli ad aver giocato con la pelle degli italiani. A Gorizia, le forze dell'ordine hanno sequestrato altri pacchi di mascherine non a norma e, dopo i test svolti da una società altoatesina, perfino l'Antifrode dell'Unione europea si è svegliata, aprendo un'indagine sulle Ffp2 certificate da una società turca senza che avessero i requisiti. Ma se le segnalazioni hanno aperto gli occhi perfino di Bruxelles, l'unico che continua a tenerli chiusi è Roberto Speranza, colui che ha reso obbligatorie le mascherine, ha giurato sui dispositivi di protezione in circolazione in Italia. «Esiste un procedimento autorizzativo molto rigoroso. Quindi io mi sento di dire con assoluta certezza che i controlli e le verifiche sono fatti con la massima attenzione e che le mascherine in commercio sono sicure». Il tempo di finire la frase, e in meno di 24 ore il ministro è stato smentito, dimostrando ancora una volta di non sapere ciò che dice. Dopo aver scritto un libro sulla guarigione dal Covid mandandolo in libreria proprio in occasione della seconda ondata, Speranza ha dato un'altra prova di straordinario tempismo. Se è un modo per dimostrare la propria inadeguatezza, possiamo rassicurarlo: ci ha convinti.
Jeffrey Epstein (Getty Images)
Nel riquadro, Giancarlo Tulliani in una foto d'archivio
A Fontanellato il gruppo Casalasco inaugura l’Innovation Center, polo dedicato a ricerca e sostenibilità nella filiera del pomodoro. Presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini e il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta. L’hub sarà alimentato da un futuro parco agri-voltaico sviluppato con l’Università Cattolica.
Casalasco, gruppo leader nella filiera integrata del pomodoro, ha inaugurato oggi a Fontanellato il nuovo Innovation Center, un polo dedicato alla ricerca e allo sviluppo nel settore agroalimentare. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la competitività del Made in Italy e promuovere un modello di crescita basato su innovazione, sostenibilità e radicamento nel territorio.
All'evento hanno partecipato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini, il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta e il management del gruppo. Una presenza istituzionale che sottolinea il valore strategico del progetto.
Urso ha definito il nuovo centro «un passaggio fondamentale» e un esempio di collaborazione tra imprese, ricerca e istituzioni. Per Marco Sartori, presidente di Casalasco Spa e del Consorzio Casalasco del Pomodoro, l’hub «non è un punto d’arrivo ma un nuovo inizio», pensato per ospitare idee, sperimentazioni e collaborazioni capaci di rafforzare la filiera.
L’amministratore delegato Costantino Vaia parla di «motore strategico» per il gruppo: uno spazio dove tradizione e ricerca interagiscono per sviluppare nuovi prodotti, migliorare i processi e ridurre l’impatto ambientale. Tamagnini, alla guida di FSI – investitore del gruppo – ricorda che il progetto si inserisce in un percorso di raddoppio dimensionale e punta su prodotti italiani «di qualità valorizzabili all’estero» e su una filiera sostenibile del pomodoro e del basilico.
Progettato dallo studio Gazza Massera Architetti, il nuovo edificio richiama le cascine padane e combina materiali tradizionali e tecnologie moderne. I mille metri quadrati interni ospitano un laboratorio con cucina sperimentale, sala degustazione, auditorium e spazi di lavoro concepiti per favorire collaborazione e benessere. L’architetto Daniela Gazza lo definisce «un’architettura generativa» in linea con i criteri di riuso e Near Zero Energy Building.
Tra gli elementi distintivi anche l’Archivio Sensoriale, uno spazio immersivo dedicato alla storia e ai valori dell’azienda, curato da Studio Vesperini Della Noce Designers e da Moma Comunicazione. L’arte entra nel progetto con il grande murale di Marianna Tomaselli, che racconta visivamente l’identità del gruppo ed è accompagnato da un’esperienza multimediale.
All’esterno, il centro è inserito in un parco ispirato all’hortus conclusus, con orti di piante autoctone, una serra e aree pensate per la socialità e il benessere, a simboleggiare la strategia di sostenibilità del gruppo.
Casalasco guarda già ai prossimi sviluppi: accanto all’edificio sorgerà un parco agri-voltaico realizzato con l’Università Cattolica di Piacenza, che unirà coltivazioni e produzione di energia rinnovabile. L’impianto alimenterà lo stesso Innovation Center, chiudendo un ciclo virtuoso tra agricoltura e innovazione tecnologica.
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Da sinistra in alto: Piero Amara, Catiuscia Marini, Sergio Sottani e Luca Palamara (Ansa)