2023-01-23
Bimbi rubati. Siamo ancora fermi a Bibbiano?
Tre anni e mezzo fa scoppiò lo scandalo emiliano: un sistema in cui psicologi e assistenti sociali erano d’accordo per sfasciare le famiglie e alimentare il business dell’accoglienza. Da allora, altre inchieste e altri processi. Ma solo tra qualche settimana verrà cambiato qualcosa nella legislazione.Inchieste giudiziarie. Commissioni parlamentari d’indagine. Riforme. Dal luglio 2019 pareva che una rivoluzione dovesse squassare la giustizia minorile. Ricordate lo scandalo di Bibbiano, in quell’estate resa bollente da indagini sconvolgenti e violente polemiche? Già in passato s’era scoperto che servizi sociali e tribunali minorili erano capaci di disastri: tante volte madri e padri accusati di non essere buoni genitori s’erano dimostrati innocenti, e ingiusti gli allontanamenti dei loro figli. A Bibbiano, però, i carabinieri di Reggio Emilia e il magistrato Valentina Salvi per la prima volta hanno raccolto le prime prove concrete di un «sistema» patologico, dove ci sono psicologi che condizionano bambini destinati a essere portati via da casa, e assistenti sociali che producono relazioni sulle loro famiglie al solo scopo di metterle in cattiva luce. L’ipotesi d’accusa, emersa a Bibbiano oltre tre anni fa, è che questo accada un po’ per ideologia, e molto per interesse economico. Tra 2019 e 2020, poi, altre indagini erano state avviate in altre città, da Torino a Massa Carrara. Al grido «parlateci di Bibbiano!», un’opinione pubblica giustamente scandalizzata dall’osceno mercato sulla pelle dei bambini invocava una svolta e riforme. E il Parlamento, nel luglio 2020, aveva dato vita a una commissione bicamerale d’inchiesta.Che cosa resta, oggi, di quella stagione? Ben poco, purtroppo. Allo scandalo di Bibbiano, che a sinistra qualcuno aveva avuto il coraggio di definire «un raffreddore», è stato messo il silenziatore. Il processo sugli allontanamenti nella cittadina emiliana, iniziato nel giugno 2022 per 17 imputati tra amministratori locali, assistenti sociali e psicoterapeuti, a Reggio Emilia ha appena cambiato giuria e langue tra esasperanti lentezze, mentre i media - se si esclude La Verità - non gli dedicano più alcuna attenzione. Eppure la serietà delle accuse per Bibbiano è stata confermata dal giudizio abbreviato che nel novembre 2021 ha condannato a 4 anni di reclusione (più 5 di sospensione dalla professione) l’imputato principale, accusato di avere indotto una giovane paziente a convincersi d’inesistenti abusi sessuali familiari: è lo psicologo Claudio Foti, fondatore del Centro Hansel e Gretel, capostipite di una scuola ideologicamente incline a giustificare gli allontanamenti, nonché per anni formatore di magistrati e assistenti sociali. In quella sentenza sta scritto che a Bibbiano la «meticolose investigazioni dei carabinieri hanno permesso di disvelare una complessa, continuativa e insistita attività illecita legata al delicato tema degli affidi di minorenni».torino e massa carraraQuanto agli altri procedimenti penali, sono fermi a stadi più arretrati. Nadia Bolognini, la psicoterapeuta moglie di Foti che è tra gli imputati per Bibbiano, a Torino è coinvolta in una storia parallela di allontanamenti illeciti, e la Procura ne ha appena chiesto il rinvio a giudizio accanto a quello di altri 9 indagati. A Massa Carrara, nel 2020, erano stati arrestati per maltrattamento aggravato i titolari e i gestori di alcune case-famiglia, oltre che alcuni amministratori locali, e tra gli indagati era finito perfino un giudice minorile. Nel luglio scorso s’è impiccata una ragazza di 16 anni, reclusa in una di quelle strutture, e solo a quel punto la Regione ha sospeso la convenzione. Il processo, però, non è ancora iniziato. La giustizia italiana, si sa, è lenta. Ma anche la commissione parlamentare sul sistema degli affidi è stata frenata, dal Covid e dalla strisciante opposizione delle sinistre, e s’è riunita solo dal maggio 2021. Lo scorso settembre ha prodotto una relazione finale che denuncia problemi gravissimi. Cioè quelli di sempre. La presidente della commissione, la deputata leghista Laura Cavandoli, ha scritto che «ancora non esiste un registro dei minori allontanati, né è possibile avere traccia dei motivi e della durata degli allontanamenti». Malgrado lo scossone di Bibbiano, insomma, nessuno sa né quanti siano davvero i bimbi «rapiti» dalla giustizia, né quanto si spenda per loro (stime ottimistiche parlano di almeno 50.000 minori, per un costo di oltre 5 miliardi) e non c’è nemmeno un registro delle strutture di accoglienza che ne indichi caratteristiche, posti disponibili e tariffe. La commissione, peraltro, ha espresso il netto sospetto di «un interesse economico ad accrescere il numero dei minori allontanati e a dilatare la loro permanenza nelle strutture». Il solito cinico business, insomma, che malgrado gli scandali pare impossibile fermare.codice da riformareAnche le riforme varate negli ultimi mesi sembrano mostrare più difetti che soluzioni. Uno dei punti critici del sistema, segnalato da anni, era l’articolo 403 del Codice civile del 1942. La norma ha consegnato un illimitato potere d’intervento ai servizi sociali. Mille storie di cronaca l’hanno confermato: per farsi portare via un figlio è bastata la lettera anonima di un vicino di casa, un pugno sul tavolo sferrato da un padre esasperato dall’insistenza di un’assistente sociale, la diagnosi di uno psicologo che trovava una madre «ripiegata su se stessa», e perfino una casa ritenuta sporca. Tant’è che un’altra commissione d’inchiesta nel 2018 aveva certificato che il 39 per cento degli allontanamenti era giustificato con l’ambigua formula della «inadeguatezza dei genitori». E il 63 per cento dei bimbi rinchiusi nelle case-famiglia aveva alle spalle relazioni dove, al primo o secondo motivo, si leggeva che i loro genitori «hanno problemi di indigenza economica, lavorativa o abitativa». Il paradosso è che poi per quei bambini, affidati ai servizi sociali, gli enti locali hanno speso miliardi e miliardi.È per questo che, nel giugno 2022, è entrato in vigore un nuovo articolo 403. L’avvocato veronese Cristina Franceschini, che da anni esercita una critica serrata ai difetti del sistema, dice che la riforma ha introdotto termini di tempo finalmente precisi per le varie fasi dell’allontanamento, però denuncia che in realtà «fin qui poco o nulla è cambiato nella procedura dei tribunali minorili». Segnala che «i legali delle famiglie spesso vengono tenuti fuori dall’aula, o non vengono avvisati di udienze dove il giudice convoca solo gli assistenti sociali». Lo squilibrio a favore dell’accusa, insomma, continua a rendere impossibile la difesa. Francesco Morcavallo, oggi avvocato di famiglia a Roma, ma tra il 2007 e il 2013 magistrato nel Tribunale dei minori di Bologna, aveva abbandonato la toga proprio per le ingiustizie che in quei sei anni aveva inutilmente denunciato. Oggi, però, dice che le ingiustizie continuano, anche dopo lo scandalo di Bibbiano: «Le comunità dell’affido sono strapiene come sempre», dichiara, «e troppi bambini non vedono i loro genitori da più di due anni. Così come tanti adolescenti sono internati a forza nei reparti psichiatrici e sottoposti a terapie pesanti, contro la volontà loro e delle famiglie».riforma apparenteMorcavallo sostiene che anche la riforma della giustizia minorile, ritagliata dall’ex ministro Marta Cartabia nella riforma del processo civile e pronta a entrare in vigore da fine febbraio, «è più apparente che sostanziale». E spiega che «il cuore del problema resta la valutazione della cosiddetta responsabilità genitoriale, che i giudici minorili hanno sempre delegato ai servizi sociali, nemmeno fossero la loro polizia giudiziaria». Dopo Bibbiano, molte proposte di riforma puntavano a imporre agli assistenti sociali l’obbligo di presentare ai giudici relazioni dove fossero descritti con chiarezza i fatti e i comportamenti, specifici e provati, che dovevano giustificare l’allontanamento dei bambini. «Ma così non è stato», dice Morcavallo, «ed è passato il principio che nelle relazioni i fatti debbano essere distinti dalle valutazioni sulla personalità dei genitori, che però continueranno a produrre gli stessi risultati di sempre».La sola speranza di cambiamento, ora, è appesa al terremoto elettorale di settembre. Da Palazzo Chigi, Giorgia Meloni ha mostrato nuova sensibilità al tema e per la prima volta nella storia ha nominato un viceministro del Lavoro con una specifica delega alle politiche sociali: è Maria Teresa Bellucci, un deputato di Fdi con una consolidata competenza sulla materia. «Ai primi di febbraio», annuncia il viceministro, «uscirà un decreto che stabilirà un accurato monitoraggio annuale sui minori affidati ai servizi sociali. Intanto stiamo organizzando un tavolo di lavoro con il ministero della Giustizia. E istituiremo una cabina di regia per coordinare enti locali e assistenti sociali. Vogliamo spingere tutti gli operatori a una seria assunzione di responsabilità». Speriamo. L’alternativa è che, prima o poi, scoppino altre Bibbiano.
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