
Gli americani vogliono usare i voli verso gli Usa per fermare i concorrenti, Easyjet punta a quelli interni contro Ryanair. Senza un piano ci guadagneranno tutti, tranne lo Stato.La vendita di Alitalia è una partita a scacchi. Delta ed Easyjet fanno bene i conti e, mentre l'aviazione commerciale cresce a doppia cifra, rischiamo di fare un favore agli anglosassoni perché siamo incapaci di affidare l'ex compagnia di bandiera a chi sta fuori dalla politica.Per convincere Delta ed Easyjet a spendere 400 milioni per entrare in Alitalia il governo non dovrà neppure fare proposte troppo appetibili. Prendersi il 40% di Alitalia potrebbe convenire parecchio ai due vettori ma non alle tasche degli italiani, ai quali rimarrebbe il restante 60%. Così, mentre si attende l'incontro di oggi con i possibili partner, non c'è organo d'informazione che non abbia fatto notare come sia improbabile che il pubblico riesca a salvare la nostra ex compagnia di bandiera, anche se attualmente in giro per il mondo le rinazionalizzazioni nel settore aeronautico non mancano (ad esempio in Giappone, Germania e Vietnam), perlopiù a causa del fallimento di soggetti privati che hanno prima preso il controllo e poi svuotato marchi importanti lasciando casse vuote, flotte rivendute o mai ritirate con grandi penali pagate ai costruttori e migliaia di dipendenti licenziati. Ma il comparto nel 2018 ha segnato +17% sull'anno precedente, così prima che altri vettori possano farsi avanti bisognerà capire quale piano industriale il governo ha predisposto nell'ottica di rendere produttivo quel 60% di azioni che tornerebbe agli italiani attraverso Ferrovie dello Stato (45%) e il Tesoro (15%) e quali idee ci sono per sfruttare al meglio il sistema di trasporto combinato aereo e treno. Di certo c'è però il fatto che finora nessun altro soggetto del comparto aeronautico si è fatto avanti per acquistare la compagnia aerea che nel mondo ha due record: il numero di esercizi straordinari e i 7,5 miliardi di euro persi in 30 anni. Mettendo per un attimo da parte la politica e la finanza è utile cercare di capire che cosa potrebbero farsene Delta ed Easyjet di Alitalia. Entrando con 400 milioni di euro i due vettori acquisirebbero il 40% circa della società per poi sfruttarne soltanto alcune caratteristiche. Considerando che dal 2 maggio Alitalia riattiverà il collegamento tra Fiumicino e Washington Dulles con un Airbus 330-200 da 249 posti, la nostra compagnia causerà un ulteriore aumento della concorrenza sui voli Italia-Usa. Qualche tempo fa Edward Bastian, ad di Delta, aveva espresso tutto il suo risentimento quando la nostra Air Italy, aiutata da Qatar airways, cominciò i voli tra l'Italia e gli Stati Uniti, arrivando a dichiarare che gli arabi stavano in realtà utilizzando gli italiani per risolvere il problema della revoca della «quinta libertà», ovvero lo strumento tecnico giuridico con cui gli Usa di fatto impedivano loro di volare direttamente verso il territorio americano per volere di Donald Trump. In questo quadro Delta potrebbe utilizzare Alitalia per fare concorrenza all'altra compagnia tricolore con il grande vantaggio di avere a disposizione anche rotte nazionali e continentali, come del resto fa negli Usa con le partecipate Aeromexico e Virgin Atlantic (entrambe al 49%) e attraverso gli accordi Skyteam con 14 vettori (tra cui Alitalia) e con altri nove non aderenti all'accordo perché dell'area Australe-Pacifico. Ma mentre con Skyteam i margini di manovra sono limitati, con l'acquisizione delle quote sarebbe tutto più facile e Delta farebbe i propri interessi insieme con il socio Easyjet, certo non aumentando i pochi collegamenti Alitalia da Malpensa. Differente il discorso per il vettore inglese, che della situazione approfitta ormai da tempo e che punta a quel centinaio di voli Alitalia che ogni giorno partono da Linate, valendo oro. In particolare Easyjet potrà perfezionare la sua strategia mentre lo scalo milanese resterà chiuso per tre mesi (dal prossimo luglio a settembre) per il rifacimento di pista e terminal, e tutti i voli finiranno a Malpensa, dove Easyjet ha una delle maggiori basi europee. Alla riapertura il mercato degli slot sarebbe rivoluzionato. Solo due anni fa, quando la compagnia italiana vide arrivare di nuovo i commissari, l'allora ad del vettore inglese Carolyn McCall disse che la riduzione dei collegamenti a corto raggio di Alitalia avrebbe visto Easyjet candidarsi come sostituta negli scali italiani del Centro Nord, facendo un po' di concorrenza a Ryanair. Cosa che in parte è riuscita con 69 destinazioni (regolari e stagionali) dagli scali milanesi e 14 da Fiumicino.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Il 9 novembre 1971 si consumò il più grave incidente aereo per le forze armate italiane. Morirono 46 giovani parà della «Folgore». Oggi sono stati ricordati con una cerimonia indetta dall'Esercito.
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Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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Teresa Ribera (Ansa)
Il capo del Mef: «All’Ecofin faremo la guerra sulla tassazione del gas naturale». Appello congiunto di Confindustria con le omologhe di Francia e Germania.
Chiusa l’intesa al Consiglio europeo dell’Ambiente, resta il tempo per i bilanci. Il dato oggettivo è che la lentezza della macchina burocratica europea non riesce in alcun modo a stare al passo con i competitor mondiali.
Chiarissimo il concetto espresso dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: «Vorrei chiarire il criterio ispiratore di questo tipo di politica, partendo dal presupposto che noi non siamo una grande potenza, e non abbiamo nemmeno la bacchetta magica per dire alla Ue cosa fare in termini di politica industriale. Ritengo, ad esempio, che sulla politica commerciale, se stiamo ad aspettare cosa accade nel globo, l’industria in Europa nel giro di cinque anni rischia di scomparire». L’intervento avviene in Aula, il contesto è la manovra di bilancio, ma il senso è chiaro. Le piccole conquiste ottenute nell’accordo sul clima non sono sufficienti e nei due anni che bisogna aspettare per la nuova revisione può succedere di tutto.
Maurizio Landini
Dopo i rinnovi da 140 euro lordi in media per 3,5 milioni di lavoratori della Pa, sono in partenza le trattative per il triennio 2025-27. Stanziate già le risorse: a inizio 2026 si può chiudere. Maurizio Landini è rimasto solo ad opporsi.
Sta per finire quella che tra il serio e il faceto nelle stanze di Palazzo Vidoni, ministero della Pa, è stata definita come la settimana delle firme. Lunedì è toccato ai 430.000 dipendenti di Comuni, Regioni e Province che grazie al rinnovo del contratto di categoria vedranno le buste paga gonfiarsi con più di 150 euro lordi al mese. Mercoledì è stata la volta dei lavoratori della scuola, 1 milione e 260.000 lavoratori (850.000 sono docenti) che oltre agli aumenti di cui sopra porteranno a casa arretrati da 1.640 euro per gli insegnanti e 1.400 euro per il personale Ata (amministrativi tecnici e ausiliari). E il giorno prima, in questo caso l’accordo era stato già siglato qualche mese fa, la Uil aveva deciso di sottoscrivere un altro contratto, quello delle funzioni centrali (chi presta opera nei ministeri o nell’Agenzia delle Entrate), circa 180.000 persone, per avere poi la possibilità di sedersi al tavolo dell’integrativo.










