2025-11-15
«ll Maestro», la vita a un match point
Pierfrancesco Favino (Ansa)
Mentre il tennis diventa pop, il film di Andrea Di Stefano svela l’altro lato della medaglia. Un ragazzo che diventa adulto tra un coach cialtrone (Pierfrancesco Favino) e un padre invasato.Ora che abbiamo in Jannik Sinner un campione nel quale possiamo riconoscerci checché ne dicano i rosiconi Schützen e Novak Djokovic, tutti abbiamo anche un figlio o un nipote che vorremmo proiettare ai vertici delle classifiche mondiali. Grazie alle soddisfazioni che regala, il tennis inizia a competere con il calcio come nuovo sport nazionale (giovedì su Rai 1 la nazionale di Rino Gattuso ha totalizzato 5,6 milioni di telespettatori mentre sommando Rai 2 e Sky Sport, il match di Musetti - non di Sinner - contro Alcaraz ha superato i 3,5 milioni). Così, dopo esser stati ct della nazionale ora stiamo diventando tutti coach di tennis. Tuttavia, ne Il Maestro, interpretato dall’ottimo Pierfrancesco Favino, Andrea Di Stefano (erano insieme anche in L’ultima notte di amore) raffredda le illusioni perché non avalla nessuna facile aspirazione di gloria. Anzi.A fine anni Ottanta, mentre imperversano Ivan Lendl e John McEnroe, i telefoni vanno a gettone e si indossano pantaloncini ascellari, il papà, ingegnere della Sip, destina energie e risorse economiche al progetto di trasformare in un campione il figlio tredicenne (il bravissimo Tiziano Menichelli). Niente sbruffonate e gioco d’attacco, «quello lo lasciamo ai figli dei ricchi», ma ore di allenamento serale con il padre dietro il «drago lanciapalle» a dettare i tempi delle rincorse a fondocampo. La strategia funziona a livello dei tornei regionali, ma ora che si avvicinano l’estate e il circuito nazionale, c’è un cambio di programma. Cancellate le vacanze nel solito villaggio turistico (pure con campi da tennis), con disappunto della parte femminile della famiglia, i risparmi vengono investiti nell’ingaggio di un maestro accompagnatore che vanta un ottavo di finale agli Internazionali di Roma. Il curriculum del campione mancato però omette altre caratteristiche non secondarie ma incombenti. Le consegne dell’inflessibile padre al maestro riempiono il borsello a tracolla: quaderni con regole di allenamenti e di comunicazione durante i match, sacchetto di gettoni per le telefonate quotidiane di aggiornamento sui risultati, contanti per il pagamento del maestro e degli alberghi nelle località delle competizioni.Si parte per la consacrazione dei sogni. Ma già a bordo della Jaguar parecchio fané di Favino iniziano le prime divergenze sul giocatore preferito, l’imperturbabile Lendl per il ragazzo e lo sregolato Guillermo Vilas per l’allenatore, e sugli approcci all’universo femminile. «Le ragazze non mi interessano», replica l’adolescente alle proposte di intraprendenza dell’adulto, che recupera con un «bravo, ti volevo testare». In realtà, dovendo mantenere nella disciplina l’allievo, l’insegnante prova a liberarsi delle trasgressioni che lo rendono irrisolto e malinconico. Il ragazzo è disorientato e comincia a inanellare sconfitte con conseguente dramma familiare. Inevitabile che il conflitto tra il rigore del padre e la cialtroneria del maestro deflagri non solo sulla racchetta dell’adolescente. Il quale, reggendo a situazioni ben più grandi di lui, si rivela il più adulto di tutti.Curato nei dettagli di costume, ben sceneggiato da Ludovica Rampoldi con il regista Di Stefano, Il Maestro metabolizza Open di André Agassi e J.R. Moehringer, Challengers di Luca Guadagnino e persino Il sorpasso. Ma a ben guardare, non è né un film on the road, né un film sul tennis, né una commedia brillante - caso mai dolceamara. Pur, come detto, ambientato negli anni Ottanta, parla del presente e di tanti aspetti che ci sono familiari. Dei padri invadenti e oppressivi (che oggi aggrediscono gli arbitri di calcio nei campetti), dei genitori che vogliono fare i coach (quanti ne vediamo nei team dei top ten), degli atleti che non hanno vinto quanto potevano perché convinti che bastasse il talento e delle sconfitte che fanno maturare.Insomma, un film che parla di noi.