2025-11-14
Col metodo Solferino, vietato parlare anche con Zelensky (o con Draghi)
Il direttore del «Corriere della Sera» Luciano Fontana (Imagoeconomica)
Se il punto è la propaganda, ogni leader è sospetto. Il precedente dell’inviato Rai, Marc Innaro, che più volte ha rivelato di avere proposto un’intervista a Lavrov. Risposta dei vertici dell’azienda: «Non diamo loro voce».«Domandare è lecito, rispondere è cortesia». Il motto gozzaniano delle nostre nonne torna d’attualità nella querelle fra Corriere della Sera e Sergej Lavrov riguardo all’intervista con domande preconfezionate, poi cancellata dalla direzione che si è rifiutata di pubblicarla dopo aver letto «il testo sterminato, pieno di accuse e tesi propagandistiche». Motivazione legittima e singolare, perché è difficile immaginare che il ministro degli Esteri russo potesse rivelare: è tutta colpa nostra, L’Europa non aveva scelta, Le sanzioni sono una giusta punizione. Troppa grazia.Quando Dan Rather intervistò Saddam Hussein aveva messo in conto qualche tirata contro il «grande Satana». Quando Oriana Fallaci si trovò di fronte l’ayatollah Khomeyni sapeva che non avrebbe mai dichiarato: «Si stava meglio al tempo dello scià». E quando nel 1997 Peter Arnett intercettò Bin Laden era consapevole che non avrebbe fatto gli auguri di Natale a Bill Clinton, allora inquilino della Casa Bianca. Con dittatori e terroristi è sempre così; si accetta la pseudo-interlocuzione per il fascino dello scoop, per capire dove vogliono andare a parare, in definitiva per conoscere il loro pensiero. Pur violento, sanguinario, ambiguo che sia.L’intervista a un leader del fronte opposto è sempre importante, nella consapevolezza che la verità è un puzzle composto anche da tasselli con gli spigoli, da parole e idee che non governiamo (solo) noi. Probabilmente Lavrov pensava al Corriere - sbagliando - come a una prestigiosa buca delle lettere. E il Corrierone avrebbe preferito pubblicare ciò che, del pensiero del ministro degli Esteri di Vladimir Putin, faceva più comodo all’establishment occidentale. Obiettivo impossibile perché, come diceva Indro Montanelli, «all’inferno anche il diavolo è un eroe positivo e non si parla che di lui».Due errori allo specchio, due treni che corrono in direzione opposta sullo stesso binario. La faccenda non poteva che deragliare. «Quel testo non andava bene perché faceva propaganda», spiegano da via Solferino. Sarebbe interessante capire cosa significhi «fare propaganda» perché la frase già contiene propaganda. L’oggettività anodina non esiste neppure in un’intervista a Jannik Sinner sul clostebol o ad Antonio Conte detto «piagnone d’oro», figuriamoci al numero due del Cremlino con l’elmetto in testa. Se il discrimine è la frase «propaganda con affermazioni discutibili», allora non si dovrebbero intervistare i leader politici in campagna elettorale. O Maurizio Landini ogniqualvolta (un giorno sì e l’altro pure) proclama uno sciopero politico dimenticandosi di Stellantis. Allora avrebbero meritato commenti feroci (mai letti) le uscite di Mario Draghi: «Se non ti vaccini, ti ammali, muori» o «Pace o condizionatori». E sarebbe azzardato avvicinarsi a Volodymyr Zelensky, che ha buoni motivi per portare l’opinione pubblica dalla sua parte. Secondo questa teoria, si finirebbe per non intervistare nessuno, poiché ciascuno ha il suo punto di vista. E avrebbe il diritto di esprimerlo, a meno di non essere convinti che la verità debba coincidere con le nostre opinioni. Più volte l’ex corrispondente da Mosca della Rai, Marc Innaro, ha rivelato di avere proposto un’intervista a Lavrov. Risposta dei vertici dell’azienda: «Non diamo loro voce». Paradossalmente anche il silenzio è propaganda. Dice, ma il ministro degli Esteri russo scrive che «gli italiani pagano somme enormi per sostenere il neonazismo in Ucraina». Nessun italiano con uso di cervello può farsi abbindolare da questa frase, ma è pur vero che il battaglione Azov combatteva con le insegne delle Waffen SS e i media occidentali sbianchettarono il peccato originale quando faceva loro comodo. È sempre azzardato impartire lezioni (o lesioni) di democrazia. Vabbè, alla scuola di giornalismo c’è posto per tutti. I puri con i puri, i furbi con i furbi. E gli ingenui, per favore, accompagnati dalla mamma.
Ll’ex ministro dell’Energia Svitlana Grynchuk (Ansa)