2019-06-11
Weber va da Conte per farsi nominare. L’Italia può chiedere favori ai tedeschi
Il bavarese punta alla presidenza della Commissione Ue. L'asse con Berlino può tornare utile per flessibilità e Bce. Volti distesi, sorrisi, strette di mano. È stato un incontro positivo quello svoltosi ieri a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte e il tedesco Manfred Weber, candidato per il Partito popolare europeo alla presidenza della prossima Commissione europea. Clima sereno confermato anche dalla nota della presidenza del Consiglio pubblicata a margine del colloquio, definito «un'occasione per scambiarsi idee sul futuro dell'Europa, nella comune consapevolezza che sarà determinante il contributo dell'Italia per un'Europa che non punti solo alla stabilità finanziaria ma anche allo sviluppo sociale e sostenibile». Il premier ha fatto inoltre sapere che lavorerà «perché le procedure per le nomine europee consentano una soluzione equilibrata sulla base della combinazione di vari criteri, a partire da quello geografico». Al di là delle frasi di circostanza, il faccia a faccia di ieri ha un peso ben specifico sia per i protagonisti sia per entrambi i rispettivi Paesi. Partiamo dalla partita per le nomine. La tappa di ieri fa parte di una serie di visite istituzionali da parte dello Spitzenkandidat (letteralmente «candidato di punta») del Ppe allo scopo di promuovere la sua candidatura allo scranno più alto di Bruxelles. Un meccanismo - quello che prevede la nomina dell'esponente di rilievo del partito che ha raccolto più seggi al Parlamento europeo a presidente della Commissione - introdotto nel 2014 e fortemente voluto dai partiti, ma in realtà non vincolante per gli Stati membri. Nella pratica infatti, anche se è pur sempre necessario tenere conto del risultato delle elezioni, è il Consiglio europeo a suggerire il nominativo al Parlamento. Ciò significa che se da un lato è quasi scontato che il posto finisca per essere assegnato a un membro del Ppe, d'altro canto non è assolutamente detto che la scelta ricada su Weber. Da qui l'urgenza di attivare - da parte del tedesco - una serie di colloqui bilaterali per provare a convincere gli attori del Consiglio (i capi di Stato e di governo) a sostenere il suo nome.Il tempo stringe. Dalla prossima riunione - in programma per il 20 e 21 giugno - i leader europei potrebbero già uscire con un accordo sugli incarichi di vertice delle istituzioni Ue. Non bastasse il fatto che sono in tanti a storcere il naso di fronte al meccanismo del candidato di punta, a più d'uno la candidatura del politico bavarese appare debole e poco incisiva. Nella trattativa si è inserito a gamba tesa il presidente francese Emmanuel Macron, che vorrebbe piazzare al posto di Weber il connazionale Michel Barnier, a capo dei negoziati per la Brexit nella scorsa legislatura. Nonostante la vittoria di Nigel Farage, e complice anche la grottesca gestione del negoziato per l'uscita da parte di Theresa May, il pugno duro di Bruxelles nei confronti del Regno Unito pare aver fatto recuperare una fetta di credibilità alla Commissione. L'eventuale nomina di Barnier rappresenterebbe un colpo di grazia per il meccanismo che ha permesso la nomina di Jean-Claude Juncker. Eloquente in questo senso il giudizio di Politico, che ieri ha definito «l'ultima cena degli Spitzenkandidaten» l'incontro di venerdì scorso fra sei primi ministri dell'Ue (Belgio, Paesi Bassi, Lettonia, Croazia, Portogallo e Spagna). Ma il fallimento di Weber sarebbe una sconfitta a livello personale per Angela Merkel, da sempre sua sostenitrice. Nello strano risiko che vede incrociarsi trattative nazionali e futuri assetti parlamentari, paradossalmente il contenitore di Macron potrebbe addirittura rimanere fuori dalla maggioranza a quattro formata da popolari, socialdemocratici, liberali e verdi. La speranza per Weber è che il presidente francese entri nella coalizione di governo, magari accettando per il proprio Paese un incarico di minor prestigio, come la successione di Donald Tusk alla presidenza del Consiglio. Ovviamente, la Merkel non accetterà mai di rimanere a mani vuote. Se Weber dovesse effettivamente ritrovarsi fuori dai giochi, si aprirebbe concretamente la possibilità per Jens Weidmann di tornare in corsa per la presidenza della Bce. Sullo sfondo di tutta questa vicenda fanno capolino i grattacapi dell'Italia. Dalle riunioni dell'Eurogruppo e dell'Ecofin - in programma rispettivamente giovedì e venerdì di questa settimana - non è prevista una decisione formale sulla procedura di infrazione consigliata dalla Commissione nei confronti del nostro Paese. Molto probabile, tuttavia, che nei due consessi (almeno a livello informale) dei nostri conti si discuta eccome. Da qui all'Ecofin del 9 luglio il premier Giuseppe Conte sa di doversi muovere su di un campo minato. La porta aperta nei confronti di Weber, dunque, potrebbe essere letta come un segnale distensivo nei confronti della Germania. Non bisogna dimenticare che, qualche mese fa, fu proprio Matteo Salvini ad auspicare il subentro dell'Italia nell'asse Parigi-Berlino in luogo della Francia. La Germania, presa com'è dal disastro elettorale della Cdu-Csu alle europee e dall'ascesa dei Verdi, non può contare più sulla forza di un tempo. Se Manfred Weber dovesse essere scalzato da Barnier o da Margrethe Vestager, il nostro Paese si ritroverebbe ad aver puntato sul cavallo sbagliato, costretto a tenersi il falco Weidmann (l'antitesi di Mario Draghi) alla Bce. In caso di procedura d'infrazione, il prossimo rischierebbe di essere un inverno molto duro.
Jose Mourinho (Getty Images)