2022-02-18
Troppi morti? Molti ospedali adottano ancora protocolli errati
Lo studio di Gattinoni: ossigeno troppo alto e intubazioni precoci possono essere fatali. Ma nelle strutture le cure restano obsolete.Pressioni dell’ossigeno troppo alte per i malati di Covid con polmonite sottoposti in ospedale a ventilazione meccanica possono causare aggravamenti irreversibili, così come le intubazioni precoci. Lo ha svelato un’inchiesta svolta da chi scrive per la trasmissione Fuori dal Coro andata in onda lo scorso martedì: diversi scienziati, tra cui l’anestesista Luciano Gattinoni, ricercatore di fama internazionale, da un anno e mezzo hanno avvertito di questa realtà la comunità scientifica, ed è stato pure pubblicato uno studio sull’autorevole rivista Intensive Care Med, ma queste scoperte sono ancora ignorate dalle istituzioni. Infatti, i protocolli in vigore per le rianimazioni non sono aggiornati dal 2020 e ancora prescrivono alte pressioni di ossigeno sin da subito e ricorso sistematico alle intubazioni. In alcune terapie intensive l’approccio terapeutico fortunatamente è cambiato, proprio alla luce delle nuove scoperte, ma in molti ospedali ci sono medici, spesso senza esperienza, specie se assunti in reparti allestiti in tutta fretta, che seguono ancora i protocolli obsoleti. Così, invece che curarli, i malati li fanno aggravare, spesso senza possibilità di ritorno. C’è forse questo dietro le storie di persone che arrivano in ospedale con le proprie gambe, non anziane e senza patologie, le quali dopo alcuni giorni di trattamenti con l’ossigeno ad alte pressioni improvvisamente si aggravano e poi muoiono in terapia intensiva, peraltro di frequente anche a causa di infezioni batteriche contratte in ospedale proprio innescate dai dispositivi per la ventilazione? Come mai in Italia abbiamo ancora una percentuale di morti tra le più alte nel mondo? Quello che ha scoperto il gruppo di ricerca coordinato da Gattinoni nello studio svolto su pazienti trattati con il casco all’ospedale San Paolo di Milano è sconvolgente: dei malati arrivati in reparto con la stessa gravità di polmonite, quelli che finivano per aggravarsi fino a essere intubati erano quelli che più degli altri avevano subito danni proprio dalle alte pressioni di ossigeno. Le guarigioni, invece, erano indipendenti dalle alte pressioni, risultate quindi per quel tipo di malati inutili o dannose. La ventilazione meccanica, d’altra parte, non è una cura, bensì un supporto per dare il tempo ai pazienti di guarire a patto, però, che sia utilizzata in modo corretto. «Abbiamo osservato - spiega Gattinoni - che i meccanismi con cui si crea mancanza di ossigeno nei polmoni sono diversi nella polmonite da Covid rispetto alle altre polmoniti. Infatti, mentre per altre polmoniti il problema è negli alveoli, che non scambiano più i gas perché sono pieni di materiale infettivo, nel Covid il problema è vascolare, ossia come circola il sangue nei polmoni. I malati di Covid hanno i polmoni pieni di gas, e se io ho un polmone già pieno di gas e metto pressioni molto elevate, continuo a mettere gas nel polmone e creo una serie di problemi, specie al microcircolo, senza alcun beneficio. Dal nostro punto di vista bisogna rendere la ventilazione meccanica il più innocua possibile, specie negli stadi iniziali. Per inizio intendo quando il malato va in ospedale perché si sente mancare l’aria e da una lastra si evidenzia una polmonite interstiziale».Davide, da Bologna, è una delle tante testimonianze che fanno riflettere: «Mio papà prima di salire in ambulanza si è vestito da solo, si è fatto la valigia da solo ed è salito in ambulanza con le sue gambe. Aveva solo la saturazione un po' bassa. Un paio d’ore dopo lo hanno sedato per intubarlo senza avvertirci. Abbiamo chiesto la cartella clinica e ci hanno risposto con una mail dall’ospedale che si era smarrita». I figli di un signore di Torino morto al San Giovanni Bosco sono ancora sotto shock. Avevano deciso di ricoverare il padre perché a casa era finita la bombola dell’ossigeno e lui faceva fatica a respirare. Quando l’uomo arriva in ospedale subito lo trattano con alte pressioni di gas (assai diverse da quelle molto più lievi emanate dalle bombole di uso domestico) e sin da subito i medici dicono che forse sarà necessario intubarlo. I figli del signore iniziano a registrare le telefonate con i medici, tutti molto giovani, i quali affermano testualmente che ogni giorno il loro padre viene monitorato «per cogliere segni di peggioramento e poter anticipare l’intubazione». Nel frattempo aumentano le pressioni dell’ossigeno. Peggiora sempre più. Finisce intubato e qualche giorno dopo muore. All’ospedale San Martino di Genova, ancora, qualche giorno: una signora parla col compagno di 69 anni e lui ride, scherza, si alza. Dopo qualche ora lo intubano. Muore appena qualche ora dopo. «Ho assistito centinaia di pazienti Covid con polmonite - racconta Agostino Ciucci, medico di pronto soccorso dell’ospedale Vito Fazzi di Lecce - e ho potuto constatare con la mia esperienza che quando i malati restavano in pronto soccorso perché le terapie intensive erano piene e dunque e venivano assistiti con normali bombole di ossigeno e non con la ventilazione meccanica ad alte pressioni, alla fine guarivano. A parità di condizioni di entrata, invece, molti di quelli che poi venivano trasferiti nelle terapie intensive perché si erano liberati posti letto, finivano intubati e morivano». Che qualcosa non torni in quello che succede in molte rianimazioni lo testimoniano le storie sempre più numerose di pazienti che decidono di lasciare, terrorizzati, gli ospedali contro il parere dei medici: persone destinate all’intubazione e invece uscite con le loro gambe dai nosocomi che tornano a casa e incredibilmente guariscono. È successo a una signora ricoverata al Sant’Orsola di Bologna e a un’altra imprenditrice di 55 anni di Cesena, sottoposta addirittura a una perizia psichiatrica perché secondo i medici che si rifiutavano di dimetterla non era in grado di intendere e di volere. Un mese fa, nel reparto Covid dell’ospedale Mauriziano di Torino, i medici hanno addirittura chiamato la polizia perché un malato, Giacomo Pinto, voleva essere dimesso. Dall’altra parte del telefono la polizia dice a questi medici che non possono di certo trattenere il paziente così il signor Pinto, dopo aver chiamato ambulanza privata, esce dal reparto con le sue gambe e poi guarisce a casa, con terapie farmacologiche e supporto dell’ossigeno emanato con la bombola. Stessa situazione vissuta dalla signora Franca F. di Bologna: la donna addirittura fa un video lo stesso pomeriggio delle dimissioni ottenute dopo aver fatto intervenire l’avvocato: è in piedi e parla normalmente, anche se con l’ausilio della bombola di ossigeno. «Volevano a tutti i costi mettermi la maschera e intubarmi» dice. Oggi è perfettamente guarita.
Xi Jinping e Donald Trump (Ansa)