2021-11-26
A Venezia le due nuove sale delle Gallerie dell’Accademia e la magia del Tiepolo
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Grande successo di pubblico per i nuovi saloni del museo, inaugurati a settembre e interamente dedicati al Seicento e al Settecento veneziano. 800 metri quadri di spazi espositivi che ospitano una preziosa selezione di 63 opere. Nel sestiere di Dorsoduro, a poca distanza da Santa Maria della Salute e dalla Peggy Guggenheim Collection, si trova uno dei musei più importanti (se non «il più importante», per i cultori dell'arte e della pittura ) di Venezia: le Gallerie dell'Accademia.Fondate a metà del XVIII secolo per assegnare un'identità ben definita ai numerosi pittori e scultori attivi nella Serenissima (prima membri di una semplice corporazione di artigiani) e riunirli in una vera e propria Accademia d'arte, le Gallerie ospitano oggi una straordinaria collezione di dipinti veneziani, che spazia dal bizantino al Rinascimento, con inarrivabili opere di Bellini e di Carpaccio, di Giorgione, Veronese, Tintoretto e Tiziano, per arrivare sino al Tiepolo e ai vedutisti, Canaletto in primis. Per dare solo un'idea degli inestimabili valori custoditi alle Gallerie, basterebbe dire che qui è conservato (ma non esposto, se non in occasioni particolari) l'Uomo di Vitruvio di Leonardo ed è in mostra uno dei dipinti più enigmatici e di difficile interpretazione dell'intera storia dell'arte universale: La tempesta di Giorgione. E dall'agosto di quest'anno, benaugurale segnale di ripresa e ripartenza in un mondo messo in ginocchio da un virus, le Gallerie dell'Accademia si sono arricchite di due nuovi, monumentali saloni, interamente dedicati alla pittura del Seicento e del Settecento. Le Gallerie che non ti aspetti e i capolavori restaurati Definiti « Le Gallerie che non ti aspetti», «Museo nel museo», gli imponenti saloni Selva-Lazzari (usati prima come depositi e poi come aule didattiche dell'Accademia di Belle Arti ), nei loro ottocento metri quadri di spazi espositivi ospitano una preziosa selezione di 63 opere, in parte mai esposte prima e in parte frutto di certosini interventi di restauro realizzati proprio per l'occasione, andando così ad arricchire e a chiudere, come un tassello mancante, il già ricco allestimento museale del pianterreno, che abbraccia un arco temporale lungo tre secoli, dal Seicento all'Ottocento. Il nuovo percorso espositivo presenta temi e protagonisti particolarmente significativi: tra i capolavori restaurati, impossibile non citare la splendida Deposizione di Cristo dalla Croce dell'artista napoletano Luca Giordano, esposta per la prima volta all'interno della collezione permanente; la vivace scena di Erminia e Vafrino scoprono Tancredi ferito di Gianantonio Guardi, unica tela di un ciclo ispirato alla Gerusalemme liberata di Tasso e rientrata in Italia dopo un iter collezionistico complesso; la Parabola delle Vergini sagge e delle Vergini stolte di Padovanino, presentata per la prima volta in assoluto al pubblico e riallestita a soffitto, com'era originariamente; o la Giuditta e Oloferne dell'anticonformista pittrice veneziana, ancora tutta da riscoprire, Giulia Lama. Il Castigo dei serpenti di Tiepolo: la storia e il restauro Un discorso a parte merita poi lo straordinario restauro del Castigo dei serpenti di Giambattista Tiepolo, una tela lunga più di 13 metri realizzata dal celebre artista veneziano negli anni Trenta del Settecento e originariamente collocata sul «barco» (il coro pensile da cui si affacciavano le monache di clausura per seguire la liturgia) che attraversava per l'intera larghezza la Chiesa veneziana dei Ss. Cosma e Damiano alla Giudecca, da cui il dipinto proviene. Suddiviso in tre sequenze incorniciate da fastosi e leggiadri motivi ornamentali settecenteschi, il fregio rappresenta l'episodio biblico dell'atroce punizione inflitta da Dio al popolo di Israele, reo di aver messo in discussione la propria fede durante la traversata del deserto e per questo condannato a morire per i morsi dei rettili velenosi. Per porre un freno a questa sciagura, Mosè chiede l'aiuto di Dio, che lo invita a costruire un serpente in bronzo, prefigurazione del Crocifisso: chiunque, colpito da un serpente, avesse guardato quello in bronzo, avrebbe avuto salva la vita. Rimosso agli inizi del XIX secolo dalla chiesa dei Ss. Cosma e Damiano e depositato, arrotolato, in una soffitta attigua al Duomo di Castelfranco Veneto, l'ambiente umido e malsano non ha certo giovato alla tela, arrivata (nel 1982) nei depositi delle Gallerie dell'Accademia profondamente danneggiata. Solo il recente restauro, realizzato grazie a un finanziamento di Venetian Heritage – organizzazione no profit impegnata nella salvaguardia e nella promozione del patrimonio culturale veneziano – ha riportato l'opera ai suoi antichi fasti e da settembre di quest'anno il Castigo del Tiepolo splende e domina con tutta la sua bellezza un'intera parete di una delle nuove sale (la numero 6) dell'Accademia di Venezia.