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2024-10-30
Report vaticano sullo scandalo abusi: «Troppi ritardi, poca trasparenza»
(IStock)
«Annualmente vorrei che mi preparaste un rapporto sulle iniziative della Chiesa per la protezione dei minori e degli adulti vulnerabili». Così papa Francesco, nell’aprile 2022, si era rivolto alla Pontificia commissione per la tutela dei minori. Una richiesta la cui risposta è arrivata ieri, con il primo Rapporto annuale sulle politiche e le procedure della Chiesa per la tutela, riferito al 2023. Strutturato in 50 pagine e quattro le sezioni, il testo raccoglie numerose informazioni dai cinque Continenti, da diversi istituti e congregazioni e dalla stessa Curia romana - invitata a una trasparenza sempre maggiore su iter e processi - e deve essere inteso, ha scritto nell’introduzione il cardinale Seán O’Malley - che presiede Tutela Minorum, la Commissione per la tutela dei minori - come «uno strumento di conoscenza capace di farci comprendere meglio come i nostri valori possano informare la risposta alla piaga dell’abuso e contribuire a istituire mezzi di prevenzione efficaci in tutti i Paesi».
Impegni, questi, da attuare in conformità alle recenti riforme del Libro VI del Codice di diritto canonico, che stigmatizza il reato di abuso come violazione della dignità della persona. A tal proposito il documento - presentato ieri insieme a Maude de Boer-Buquicchio, giurista olandese che ha guidato il gruppo di studio istituito appositamente per la sua redazione - condensa risorse, suggerimenti e best practices da condividere nella Chiesa con contributi, oltre che da alcune congregazioni - come le Sorelle missionarie della Consolata e la Congregazione dello Spirito Santo -, dalle conferenze episcopali dell’Africa, del Messico, dello Sri Lanka e della Colombia. L’idea è infatti quella di esaminare tra le 15 e le 20 chiese locali ogni anno, con anche una selezione di istituti religiosi, per produrre cinque o sei report annuali, fino ad avere una fotografia globale del fenomeno.
Nel primo rapporto la parte forse più interessante è quella sull’Europa, dove ciascun Paese investito dal tema degli abusi ha dato delle proprie risposte. In Francia, ad esempio, si è attuato un sistema di segnalazione obbligatoria per tutti i membri del clero che garantisce la comunicazione immediata alle autorità civili d’ogni sospetto di abuso. In Germania, invece, si è introdotto minuzioso processo di verifica per quanti lavorano coi minori, inclusi ecclesiastici e laici, così da impedire a chi abbia alle spalle una storia di abusi - e che quindi ha più possibilità di diventare abusante a sua volta - di avere accesso a individui vulnerabili.
Il Rapporto segnala anche che l’Italia ha istituito commissioni diocesane indipendenti formate anche da esperti laici per supervisionare e indagare sulle accuse di abuso, promuovendo la trasparenza e l’esercizio della responsabilità istituzionale nella gestione dei casi. In uno dei Paesi dove lo scandalo degli abusi del clero è stato maggiore, l’Irlanda, è stato istituto un «servizio unico al mondo»: quello «che fornisce sostegno pastorale di tipo teologico a qualsiasi vittima/sopravvissuto che cerchi di riavvicinarsi alla fede». Il Belgio, invece, ha visto la Chiesa creare unità specializzate di cura pastorale, per dare sostegno e protezione alle vittime.
Tuttavia, segnala sempre il Rapporto, delle criticità serie permangono e gli abusi purtroppo non si fermano. Con riferimento per esempio al Belgio, i vescovi hanno redatto un rapporto - contenente i dati raccolti dalla Conferenza episcopale - in cui si rilevano 47 nuove segnalazioni tra il 1° luglio 2022 e il 30 giugno 2023. In generale, per quanto riguarda l’area europea viene comunque segnalato dal documento una carenza di dati, con la «persistente assenza di statistiche affidabili sull’entità degli abusi da parte di chierici e religiosi».
Con onestà, il Rapporto riporta pure casi di gravi lungaggini. Per esempio, con riferimento a quanto segnala la Congregazione dello Spirito Santo - presente in 60 Paesi del mondo, che conta oltre 2.700 membri, 59 dei quali consacrati vescovi - si riporta come essa riferisca «di 31 casi ricevuti e trasmessi al Dicastero per la Dottrina della Fede dal 2014 all’inizio del 2024, dei quali uno solo è stato trattato dal Dicastero nell’arco di 5 mesi, mentre la maggior parte richiede diversi anni».
Che dare, dunque, per meglio contrastare gli abusi all’insegna della «rigorosa vigilanza» auspicata da Tutela Minorum? Oltre a riportare le buone pratiche messe in atto da alcuni Paesi, in questo primo rapporto vengono indicate alcune direttrici generali sulle quali lavorare. Una è quella di adoperarsi per agevolare l’accesso di vittime e sopravvissuti alle informazioni per evitare di ingenerare nuovi traumi. Viene poi esortato l’impegno delle Chiese locali, perché «mentre alcune istituzioni e autorità ecclesiastiche dimostrano un chiaro impegno in materia di tutela, altre sono solo all’inizio dell’assunzione dell’esercizio della responsabilità istituzionale».
Infine, la Chiesa chiede più impegno nel superare gli squilibri attuali, che vedono alcune zone di Americhe, Europa e Oceania che hanno beneficiato di «ingenti risorse disponibili in materia di tutela», mentre altre di America centrale e meridionale, Africa e Asia sono state penalizzate da «scarse risorse specificamente dedicate». Di qui l’appello a più «solidarietà» tra le Conferenze episcopali, per «pervenire a standard universali in materia di tutela» creando «centri per la segnalazione e l’assistenza delle vittime» e, in definitiva, «una vera cultura in materia di tutela».
Lgbt dietro la mascotte del Giubileo
Finito il Sinodo sulla sinodalità, la Chiesa inizia ad accendere i riflettori sul Giubileo del 2025, che inizierà con l’apertura di una porta santa da parte di papa Francesco il 24 dicembre 2024, vigilia del santo Natale.
In tal senso, come riporta un comunicato sul sito del Giubileo, il 28 ottobre l’arcivescovo e pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, mons. Rino Fisichella ha presentato ufficialmente la mascotte del Giubileo 2025, una sorta di bambolina chiamata «Luce». «Luce», spiega il sito del Giubileo, è «una pellegrina» che indossa «gli elementi tipici del viaggiatore», ossia «un k-way giallo per ripararsi dalle intemperie», porta degli «stivali sporchi» che testimoniano il «cammino già percorso», oltre ai simboli giubilari più collaudati, «una croce missionaria al collo e il bastone del pellegrino».
L’estetica della mascotte sarebbe a tal punto comunicativa che «gli occhi di Luce», del tutto simili a quelli di moltissimi fumetti manga, «brillano di una luce intensa» e simboleggiano «la speranza che nasce nel cuore di ogni pellegrino», incarnando il «desiderio di spiritualità e di connessione con il divino» e costituendo un «richiamo a un messaggio universale di pace e fraternità».
Il comunicato giustifica l’idea della mascotte-bambolina - che non piacerà né a tutti i cattolici né a tutti i prelati - affermando che «questo personaggio», disegnato «dall’illustratore Simone Legno», è stato concepito «con l’intento di riflettere la cultura pop», cultura che secondo Fisichella e i suoi sarebbe «particolarmente apprezzata dai giovani», anche perché porterebbe con sé «un messaggio di speranza e accoglienza».
Ora: Simone Legno, autore di «Luce», è un artista italiano noto per la creazione del marchio tokidoki. Tokidoki è una parola giapponese che significherebbe «a volte» e Legno ne ha fatto un marchio, un sito web, un brand e una «filosofia di vita». Tokidoki infatti sarebbe una miscela di «input visivi, culture e perfetta fusione di opposti che vivono insieme», ma anche quella «energia nascosta che ognuno ha dentro» e che ci «dà la forza di affrontare un nuovo giorno e sognare qualcosa di positivo».
La carriera del disegnatore è stata così fulgida che nel 2023 è stata pubblicata una monografia di 400 pagine intitolata «tokidoki - The Art Of Simone Legno», che «raccoglie i suoi progetti artistici e imprenditoriali».
Peccato però che Legno abbia usato il suo marchio sia per sostenere il gay pride, scrivendo fiero su Instagram: «Happy Pride month and happy Pride all year round!». Sia, peggio ancora, collegandolo direttamente con il commercio di vibratori a tema.
Infatti inserendo «tokidoki Lovehoney» su Amazon (Lovehoney è un marchio di prodotti erotici) viene fuori un «vibratore Lay-on», al prezzo di euro 34,65. E nelle «informazioni su questo articolo» si dice che si tratta di una «linea di prodotti erotici» e il cui «fabbricante» è «tokidoki by lovehoney». Ovvero due marchi associati: tokidoki di Simone Legno e Lovehoney. Per 56,10 euro si può acquistare un elettrostimolatore, «marca tokidoki», «progettato per dare libero sfogo alla tua immaginazione e divertirti da solo o in coppia».
Ovviamente tokidoki fa moltissimi altri oggetti, come libri da colorare, astucci, peluche, tazze. Ma sempre con volti che sorridono (e con occhi non meno suadenti di quelli di «Luce») e che compaiono anche sui vibratori di cui sopra.
Proprio per la stima che abbiamo verso Fisichella, osiamo dire: monsignore, ma allora? Se neppure la produzione di vibratori allontana dal Vaticano, a quale conversione mira il Giubileo?
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La prima relazione del vaticano sulle violenze del clero bacchetta le Chiese locali per lo scarso impegno in difesa delle vittime. E testimonia le gravi lungaggini del Dicastero per la dottrina della fede sui casi segnalati.Il creatore di Luce, la bimba pellegrina simbolo del Giubileo, usa il suo brand per sostenere il gay pride e realizzare una linea di vibratori. Fisichella batta un colpo.Lo speciale contiene due articoli.«Annualmente vorrei che mi preparaste un rapporto sulle iniziative della Chiesa per la protezione dei minori e degli adulti vulnerabili». Così papa Francesco, nell’aprile 2022, si era rivolto alla Pontificia commissione per la tutela dei minori. Una richiesta la cui risposta è arrivata ieri, con il primo Rapporto annuale sulle politiche e le procedure della Chiesa per la tutela, riferito al 2023. Strutturato in 50 pagine e quattro le sezioni, il testo raccoglie numerose informazioni dai cinque Continenti, da diversi istituti e congregazioni e dalla stessa Curia romana - invitata a una trasparenza sempre maggiore su iter e processi - e deve essere inteso, ha scritto nell’introduzione il cardinale Seán O’Malley - che presiede Tutela Minorum, la Commissione per la tutela dei minori - come «uno strumento di conoscenza capace di farci comprendere meglio come i nostri valori possano informare la risposta alla piaga dell’abuso e contribuire a istituire mezzi di prevenzione efficaci in tutti i Paesi».Impegni, questi, da attuare in conformità alle recenti riforme del Libro VI del Codice di diritto canonico, che stigmatizza il reato di abuso come violazione della dignità della persona. A tal proposito il documento - presentato ieri insieme a Maude de Boer-Buquicchio, giurista olandese che ha guidato il gruppo di studio istituito appositamente per la sua redazione - condensa risorse, suggerimenti e best practices da condividere nella Chiesa con contributi, oltre che da alcune congregazioni - come le Sorelle missionarie della Consolata e la Congregazione dello Spirito Santo -, dalle conferenze episcopali dell’Africa, del Messico, dello Sri Lanka e della Colombia. L’idea è infatti quella di esaminare tra le 15 e le 20 chiese locali ogni anno, con anche una selezione di istituti religiosi, per produrre cinque o sei report annuali, fino ad avere una fotografia globale del fenomeno.Nel primo rapporto la parte forse più interessante è quella sull’Europa, dove ciascun Paese investito dal tema degli abusi ha dato delle proprie risposte. In Francia, ad esempio, si è attuato un sistema di segnalazione obbligatoria per tutti i membri del clero che garantisce la comunicazione immediata alle autorità civili d’ogni sospetto di abuso. In Germania, invece, si è introdotto minuzioso processo di verifica per quanti lavorano coi minori, inclusi ecclesiastici e laici, così da impedire a chi abbia alle spalle una storia di abusi - e che quindi ha più possibilità di diventare abusante a sua volta - di avere accesso a individui vulnerabili. Il Rapporto segnala anche che l’Italia ha istituito commissioni diocesane indipendenti formate anche da esperti laici per supervisionare e indagare sulle accuse di abuso, promuovendo la trasparenza e l’esercizio della responsabilità istituzionale nella gestione dei casi. In uno dei Paesi dove lo scandalo degli abusi del clero è stato maggiore, l’Irlanda, è stato istituto un «servizio unico al mondo»: quello «che fornisce sostegno pastorale di tipo teologico a qualsiasi vittima/sopravvissuto che cerchi di riavvicinarsi alla fede». Il Belgio, invece, ha visto la Chiesa creare unità specializzate di cura pastorale, per dare sostegno e protezione alle vittime. Tuttavia, segnala sempre il Rapporto, delle criticità serie permangono e gli abusi purtroppo non si fermano. Con riferimento per esempio al Belgio, i vescovi hanno redatto un rapporto - contenente i dati raccolti dalla Conferenza episcopale - in cui si rilevano 47 nuove segnalazioni tra il 1° luglio 2022 e il 30 giugno 2023. In generale, per quanto riguarda l’area europea viene comunque segnalato dal documento una carenza di dati, con la «persistente assenza di statistiche affidabili sull’entità degli abusi da parte di chierici e religiosi». Con onestà, il Rapporto riporta pure casi di gravi lungaggini. Per esempio, con riferimento a quanto segnala la Congregazione dello Spirito Santo - presente in 60 Paesi del mondo, che conta oltre 2.700 membri, 59 dei quali consacrati vescovi - si riporta come essa riferisca «di 31 casi ricevuti e trasmessi al Dicastero per la Dottrina della Fede dal 2014 all’inizio del 2024, dei quali uno solo è stato trattato dal Dicastero nell’arco di 5 mesi, mentre la maggior parte richiede diversi anni». Che dare, dunque, per meglio contrastare gli abusi all’insegna della «rigorosa vigilanza» auspicata da Tutela Minorum? Oltre a riportare le buone pratiche messe in atto da alcuni Paesi, in questo primo rapporto vengono indicate alcune direttrici generali sulle quali lavorare. Una è quella di adoperarsi per agevolare l’accesso di vittime e sopravvissuti alle informazioni per evitare di ingenerare nuovi traumi. Viene poi esortato l’impegno delle Chiese locali, perché «mentre alcune istituzioni e autorità ecclesiastiche dimostrano un chiaro impegno in materia di tutela, altre sono solo all’inizio dell’assunzione dell’esercizio della responsabilità istituzionale». Infine, la Chiesa chiede più impegno nel superare gli squilibri attuali, che vedono alcune zone di Americhe, Europa e Oceania che hanno beneficiato di «ingenti risorse disponibili in materia di tutela», mentre altre di America centrale e meridionale, Africa e Asia sono state penalizzate da «scarse risorse specificamente dedicate». Di qui l’appello a più «solidarietà» tra le Conferenze episcopali, per «pervenire a standard universali in materia di tutela» creando «centri per la segnalazione e l’assistenza delle vittime» e, in definitiva, «una vera cultura in materia di tutela».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/vaticano-pedofilia-preti-2669541987.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lgbt-dietro-la-mascotte-del-giubileo" data-post-id="2669541987" data-published-at="1730287858" data-use-pagination="False"> Lgbt dietro la mascotte del Giubileo Finito il Sinodo sulla sinodalità, la Chiesa inizia ad accendere i riflettori sul Giubileo del 2025, che inizierà con l’apertura di una porta santa da parte di papa Francesco il 24 dicembre 2024, vigilia del santo Natale. In tal senso, come riporta un comunicato sul sito del Giubileo, il 28 ottobre l’arcivescovo e pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, mons. Rino Fisichella ha presentato ufficialmente la mascotte del Giubileo 2025, una sorta di bambolina chiamata «Luce». «Luce», spiega il sito del Giubileo, è «una pellegrina» che indossa «gli elementi tipici del viaggiatore», ossia «un k-way giallo per ripararsi dalle intemperie», porta degli «stivali sporchi» che testimoniano il «cammino già percorso», oltre ai simboli giubilari più collaudati, «una croce missionaria al collo e il bastone del pellegrino». L’estetica della mascotte sarebbe a tal punto comunicativa che «gli occhi di Luce», del tutto simili a quelli di moltissimi fumetti manga, «brillano di una luce intensa» e simboleggiano «la speranza che nasce nel cuore di ogni pellegrino», incarnando il «desiderio di spiritualità e di connessione con il divino» e costituendo un «richiamo a un messaggio universale di pace e fraternità». Il comunicato giustifica l’idea della mascotte-bambolina - che non piacerà né a tutti i cattolici né a tutti i prelati - affermando che «questo personaggio», disegnato «dall’illustratore Simone Legno», è stato concepito «con l’intento di riflettere la cultura pop», cultura che secondo Fisichella e i suoi sarebbe «particolarmente apprezzata dai giovani», anche perché porterebbe con sé «un messaggio di speranza e accoglienza». Ora: Simone Legno, autore di «Luce», è un artista italiano noto per la creazione del marchio tokidoki. Tokidoki è una parola giapponese che significherebbe «a volte» e Legno ne ha fatto un marchio, un sito web, un brand e una «filosofia di vita». Tokidoki infatti sarebbe una miscela di «input visivi, culture e perfetta fusione di opposti che vivono insieme», ma anche quella «energia nascosta che ognuno ha dentro» e che ci «dà la forza di affrontare un nuovo giorno e sognare qualcosa di positivo». La carriera del disegnatore è stata così fulgida che nel 2023 è stata pubblicata una monografia di 400 pagine intitolata «tokidoki - The Art Of Simone Legno», che «raccoglie i suoi progetti artistici e imprenditoriali». Peccato però che Legno abbia usato il suo marchio sia per sostenere il gay pride, scrivendo fiero su Instagram: «Happy Pride month and happy Pride all year round!». Sia, peggio ancora, collegandolo direttamente con il commercio di vibratori a tema. Infatti inserendo «tokidoki Lovehoney» su Amazon (Lovehoney è un marchio di prodotti erotici) viene fuori un «vibratore Lay-on», al prezzo di euro 34,65. E nelle «informazioni su questo articolo» si dice che si tratta di una «linea di prodotti erotici» e il cui «fabbricante» è «tokidoki by lovehoney». Ovvero due marchi associati: tokidoki di Simone Legno e Lovehoney. Per 56,10 euro si può acquistare un elettrostimolatore, «marca tokidoki», «progettato per dare libero sfogo alla tua immaginazione e divertirti da solo o in coppia». Ovviamente tokidoki fa moltissimi altri oggetti, come libri da colorare, astucci, peluche, tazze. Ma sempre con volti che sorridono (e con occhi non meno suadenti di quelli di «Luce») e che compaiono anche sui vibratori di cui sopra. Proprio per la stima che abbiamo verso Fisichella, osiamo dire: monsignore, ma allora? Se neppure la produzione di vibratori allontana dal Vaticano, a quale conversione mira il Giubileo?
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
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Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
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Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
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