2025-11-20
Giornali e opposizione in coro contro «La Verità» rea di aver dato una notizia
Annalisa Cuzzocrea (Ansa)
Sulle prime pagine di ieri teneva banco la tesi della bufala. Smentita dall’interessato. E c’è chi, come il «Giornale», si vanta di aver avuto l’informazione e averla cestinata.Il premio Furbitzer per il giornalista più sagace del Paese va senza dubbio a Massimiliano Scafi del Giornale. Da vecchio cronista qual è, infatti, lui ci ha tenuto subito a far sapere che quella «storia», cioè la notizia delle esternazioni del consigliere del Quirinale Francesco Saverio Garofani, lui ce l’aveva. Eccome. Gli era arrivata in redazione il giorno prima, nientemeno, e con un testo firmato Mario Rossi, nota formula usata dai più sagaci 007 del mondo quando vogliono nascondersi. C’era tutto. Proprio tutto.Soprattutto c’erano le frasi di Garofani ascoltate «di straforo» durante «un incontro conviviale in un luogo pubblico». Ma lui non ha indagato. Non ha approfondito. Ha buttato tutto. Che ci volete fare, ragazzi, quando uno è bravo è bravo, niente da dire, certe cose le intuisce al volo. Scafi lo scafato, giornalista dall’intuito sopraffino, ha subito capito che non si trattava di una notizia ma per l’appunto di una «storia», anzi una «polpetta avvelenata», di più: una «trappola». E per questo ha cestinato il foglio di Mario Rossi con grande soddisfazione. E la soddisfazione forse sarebbe anche rimasta tale se il giorno dopo, andando in edicola, il nostro cronista geniale non avesse scoperto che quella che lui ha cestinato non era una «storia», non era una «polpetta avvelenata» e nemmeno «una trappola». Era proprio una notizia, confermata non da Mario Rossi (chiunque esso sia). Ma dallo stesso Garofani.La rassegna stampa del giorno dopo (il giorno dopo allo scoop della Verità, s’intende) è uno spasso. Perché mentre a pagina tre del Corriere c’è l’intervista al consigliere di Mattarella che candidamente conferma la notizia pubblicata dal nostro giornale («Era una chiacchierata in libertà tra amici», ha provato a giustificarsi Garofani, senza riuscirci) dall’altra c’è l’intera (o quasi) schiera dei giornali italiani che quella notizia s’affanna a nasconderla, sminuirla, smentirla, ridurla a «fango», «attacco», «attacco violento», «attacco ingiustificabile», «allusione ingiustificabile», «macchinazione», «intimidazione», «provocazione». La nota allergia della stampa italiana nei confronti delle notizie evidentemente ha lasciato il segno. «Ovviamente non esiste nulla», scrive per esempio Flavia Perina sulla Stampa. Nulla, chiaro, a parte la conferma del fatto. «Quel confine superato», s’intitola invece l’editoriale in prima pagina di Repubblica. E in effetti, lo ammettiamo, abbiamo superato un limite insuperabile per molti giornali italiani. Quello tra una notizia e la sua pubblicazione. Ogni tanto ci capita. Chiediamo scusa. Noi, comunque, siamo vicini ai colleghi in questo momento difficile. Perché immaginiamo, dopo tutto l’impegno messo nel picconare la notizia, il loro sconforto ieri mattina nel trovare lì, proprio sul Corriere della Sera, il protagonista che quella notizia invece la conferma papale papale. Se fossimo in Garofani, a questo punto, cominceremmo ad avere paura. Ma non tanto dell’ira di Mattarella, macché. Dell’ira dei giornalisti italiani. Me li immagino, infatti, infuriati come bisce: ma come, penseranno, noi ce l’abbiamo messa tutta per dire che era una «polpetta avvelenata», una «trappola», abbiamo dato fondo alle scorte di condizionali, virgolette, «presunti qui» e «presunti là», e tu vai a rovinarci tutto con quella tua ammissione? Daniela Preziosi sul Domani dopo aver sparso un po’ di dubbi sulla conversazione riportata dal nostro giornale («l’interlocutore non viene nominato», nota con grande acume), ci fa sapere che la notizia era così irrilevante che «nella rassegna quotidiana del Quirinale gli articoli della Verità non c’erano». Quando si dice un lavoro fatto bene, eh? Immaginiamo che anche l’autore della rassegna stampa del Quirinale sia un genio della notizia. Caso mai ci fosse bisogno di sostituire Scafi, al Giornale sanno già chi cercare.L’unica eccezione, va detta a onore del vero, è stata quella di Marco Travaglio che fin dalla sera prima a Otto e mezzo (lasciando senza parole Lilli Gruber) e poi ieri mattina sul Fatto Quotidiano, ha riconosciuto la notizia e ha scritto quello che c’era da scrivere: «Garofani ha solo due strade: o smentisce, sperando di non essere sbugiardato da testimoni o registrazioni; o si dimette». Ragionamento piuttosto lineare, che però sfugge al resto dei colleghi. I quali preferiscono (La Stampa, pagina 2) inventare che La Verità «presenta il Colle come luogo di malaffare» (ma quando mai?), arrivando a tirare in ballo l’omicidio del fratello di Mattarella da parte della mafia (ma che c’entra?). Oppure preferiscono correre dietro all’ipotesi sempre affascinante del complotto russo. Ha stato Putin, chiaro. Lo confermano colleghi assai informati: «Certi giochi scandalistici rendono felice un nemico alle porte», scrive per esempio Flavia Perina; «Maria Zakharova ne sarà soddisfatta», conferma Ugo Magri. Mentre Annalisa Cuzzocrea su Repubblica, scrive una lunga ricostruzione dei fatti, per arrivare alla domanda fondamentale di tutta questa vicenda: «Meloni sta con l’Ucraina o è pronta a cedere alla visione di Salvini e Orbán?». Ecco una che ha centrato davvero il problema. Purtroppo noi non abbiamo un cervello così fino come Cuzzocrea, siamo ragazzi ingenui di campagna. E ci sembrava che la domanda da fare fosse più semplice, senza scomodare l’Ucraina o Orbán. E cioè: il consigliere di Mattarella quelle parole le ha dette oppure no? Risposta ufficiale: sì, le ha dette. E allora ci si potrebbe porre altre domande. Per esempio: è opportuno che il consigliere di Mattarella faccia «chiacchiere in libertà» su temi politici e istituzionali mentre mangia pesce ed evidentemente beve in abbondanza davanti a tante gente? E poi: chi è che mette davvero in difficoltà il Quirinale: chi si comporta così o chi lo fa notare? E qual è il compito dei giornali: quello di dare notizie che si rivelano vere o di cestinarle per non dare fastidio a chi sta nei palazzi? Potremmo proporre il tema per il prossimo corso di scuola di giornalismo. La lectio magistralis, ovviamente, la farà Massimiliano Scafi.
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