
La bieta è un tricolore naturale, grazie alla costa bianca, rossa o verde. Non lasciatevi ingannare: è ottima per la dieta, ma anche per il palato.Qualcuno poco esperto di verdura potrebbe confondere la bieta e la biada. La prima, il cui sinonimo è bietola, anche al plurale bietole, pure dette coste o erbette, è la verdura per alimentazione umana, mentre col termine biada (che deriva dal latino blada, che a sua volta proviene dal francone blād, cioè «raccolto») si identifica ogni cereale usato come foraggio per gli animali. Il poeta ottocentesco Giosuè Carducci scrisse dell'Italia, nell'ode Alle fonti del Clitunno «[...] Italia madre, / madre di biade e viti e leggi eterne»: ma l'Italia, come vedremo, oltre che di biade è anche madre di tanta e buona bieta. C'è quella con la costa rossa, quella con la costa bianca, quella con la costa verde (e anche gialla): la bieta è una sorta di bandiera tricolore che campeggia nell'orto. Un po' come l'insalata svolge «lo sporco lavoro» di rappresentare generalmente il contorno basico, mai esaltata eccessivamente da cuochi e anche mangiatori, così fa la bietola, nella categoria, però, della verdura lessa o al vapore, perché si consuma per lo più cotta. Andiamola a guardare più da vicino.La bietola è una varietà di barbabietola, la nota pianta di forma simile alla rapa e della quale mangiamo appunto la radice, appartenente alla famiglia delle Chenopodiaceae, nella quale si annoverano anche spinaci, quinoa, asparagi di mare (salicornia), agretti, barbabietola e appunto bieta da taglio e da coste. Si tratta di una famiglia nella quale «non si butta via niente», perché annovera soprattutto ortaggi da foglie, ma della barbabietola mangiamo la radice e della quinoa, per esempio, i semi. Secondo alcuni, tutte le bietole coltivate derivano da Beta maritima l., una specie selvatica anticamente diffusa in particolar modo presso i litorali del Mediterraneo. Col tempo, l'uomo ha poi differenziato i tipi di barbabietola in base all'uso: barbabietole da foraggio (Beta vulgaris, varietà rapa, forma alba), barbabietole da zucchero (Beta vulgaris, varietà rapa, forma altissima), barbabietole da orto che possono essere da tubero (Beta vulgaris, varietà rapa, rubra, le barbabietole appunto rosse, ma ci sono tante altre varietà) oppure le bietole a foglia (Beta vulgaris, varietà rapa, forma cicla, Beta cicla, appunto, la nostra bieta). Sono molte le testimonianze di esistenza della bieta ai tempi dell'impero romano.Columella, scrittore del I secolo, nel trattato De re rustica dedicato all'agricoltura scrive: «Come dal dotto maestro di nome Graio, su cera è incisa con lo stilo appuntito la lettera vicina alla prima (che sarebbe la lettera greca Beta, ndr), così da noi è scavata con un colpo di punta di ferro nella terra feconda la Bieta con foglie verdi e gambo bianco». Il naturalista Plinio il Vecchio nella Naturalis historia scrive che «Beta hortensiorum levissima est» cioè «la bieta è la più leggera tra gli ortaggi». Ci riporta invece a una «pesantezza» di giudizio nei confronti della bieta la definizione di Marziale negli Epigrammi: «Per dare sapore alle bietole insipide, cibo da fabbri, / O quanto vino e pepe deve chiedere il cuoco!». La bieta era, come dicevamo già all'inizio, considerata un alimento non pregiato, per operai e pure insapore. A dispetto della nomea di cibo plebeo, la bieta attraversa i secoli e ancora nel Medioevo si continua a coltivarla, a mangiarla e a scriverne: nel Glossarium ad scriptores mediae et infimae latinitatis del Du Cange si ribadisce ancora la distinzione tra «herbam et litteram», cioè l'ortaggio e la lettera dell'alfabeto greco. Sono gli anni nei quali si afferma il latino volgare che pian piano darà luogo alla lingua italiana, trasformando quel «beta» latino in «bieta», secondo la regola del dittongamento della breve, cioè la vocale latina breve «ě » in italiano diventa il dittongo in sillaba aperta accentata «ie», per cui «běta» diventa «bièta».Dicevamo che l'Italia è una grande madre di biade ma anche di bietole: nel 2019 abbiamo coltivato 2.448 ettari di bietole da costa in piena aria con una produzione di 522.521 quintali, in aumento rispetto al 2018 quando gli ettari erano stati 2.411 e la produzione 519.410 quintali. C'è poi da aggiungere la bietola in serra: 7.880 are per 22.145 quintali di produzione nel 2019 (dati Istat). Facciamo attenzione a comprarla sempre italiana, anche se, almeno nel settore di quella fresca, è abbastanza raro trovare nei mercati e supermercati bieta straniera. Oltre alle curiosità botaniche e anche storiche che abbiamo visto, la bieta è un tassello importante dell'identità culinaria italiana: si pensi ai tortelli di erbette e all'erbazzone emiliani, ma anche alla bieta alla romana, che prevede di ripassare la bieta lessata con olio, aglio, alici e pomodoro. Col suo caratteristico gusto appena dolciastro, la morbidezza delle foglie e la croccantezza delle coste, infatti, la bieta è un ortaggio che dovremmo mangiare più spesso non soltanto perché è facile da cucinare, ma anche perché fa bene. Ha soltanto 19 calorie ogni 100 grammi ed è quindi, cotta al vapore e condita con olio a crudo, limone e sale, il contorno perfetto per chi è a dieta. Proprio per questo apporto calorico così ridotto, se non si hanno esigenze dimagranti, la nostra bella erba si può invece arricchire di grassi e proteine, come succede per esempio nelle bietole alla romana (e anche nell'erbazzone, che prevede l'uso di burro, olio e lardo). Soffrite di cistite o problematiche ai reni? Sappiate che la bieta è rinfrescante e diuretica, perché coadiuva l'espulsione delle scorie e dei grassi. È facile da digerire e aiuta anche la digestione, perché coadiuva la produzione di succhi gastrici e bile. È di sostegno anche in caso di stipsi e, in generale, fa bene pure all'intestino di chi non ne soffre poiché aiuta la motilità intestinale, grazie alle fibre e al contenuto di acqua, motivo per cui è anche idratante. Un aspetto fondamentale, soprattutto per l'inverno, visto che nei mesi non estivi si tende a bere di meno e mangiare cibi idratanti è importante. Inoltre, 100 g di bieta contengono 76,8 g di acqua e 1,6 g di fibra. Questa combinazione aiuta anche a saziare e a regolare i livelli di glucosio nel sangue.La bieta è anche un buon rimineralizzante. I suoi sali minerali più importanti sono innanzitutto il calcio che, ricordiamoci, oltre a rafforzare ossa e denti ha un effetto rilassante soprattutto se assunto per cena. La bieta ne possiede 130 mg, il fabbisogno giornaliero è 800-1000 mg e aumenta un pochino nella donna in menopausa che farà bene a mangiare spesso bieta.Poi, il potassio (ne possiede 220 mg, il fabbisogno giornaliero è 300-500 mg), che partecipa alla contrazione muscolare, compresa quella del cuore, aiuta a mantenere la giusta pressione arteriosa e, tornando al potenziale detox della bieta, riduce la possibilità di calcoli renali. Poi, il ferro: la bieta ne ha 2 mg, con una porzione da 200 g copriamo circa un terzo del fabbisogno giornaliero che è 14 mg, con 600 g lo soddisfiamo completamente. Sappiamo che il ferro dei vegetali, detto ferro non eme, che è l'unico contenuto nei vegetali, non è parificabile al ferro eme presente per il 40% nei tessuti animali (il restante 60 è ferro non eme): assaporiamo quindi la bieta come contorno per un bel piatto di carne, che aumenta il quantitativo totale del pasto di ferro eme. Inoltre, la presenza della vitamina C migliora l'assorbimento del ferro e la bieta ne contiene 18 mg ogni 100 g (quindi 36 mg nella porzione da 200 g), non poco considerato che il fabbisogno giornaliero è fissato in 70 mg. Di rilievo nelle vitamine anche l'acido folico, quella vitamina B9 importantissima per la donna in gravidanza e in allattamento, oltre che in generale: sommata al ferro e alla vitamina C trasforma la bieta in un «antianemico». Non dimentichiamo poi la vitamina k, che rinforza anch'essa le ossa e mantiene in salute il sistema nervoso - sviluppa la guaina mielinica che protegge i nervi. C'è anche la vitamina B8, la biotina, che rafforza pelle e capelli. Importante è anche il contenuto di carotenoidi e xantofille come la luteina, che svolgono funzione antiossidante su tessuti e organi.Sia che si tratti di bietole da taglio, cioè quelle con foglie piccole dette anche erbette, sia che siano invece bietole da coste, grandi e con costa bianca o colorata sviluppata, le foglie delle bietole sono verdissime. Lo sono grazie alla clorofilla, molecola usata dalle piante per trasformare la luce solare in nutrienti che avrebbe proprietà antiossidanti perché, come gli antiossidanti, aiuta a difendersi dai radicali liberi. Ricordatevi tutte queste proprietà quando la vedete al supermercato e fatene scorpacciate.La bieta ci regala anche la possibilità di assistere alla magia della produzione agricola casalinga. Come? Così. Quando tagliate il fondo del cespo, non gettatelo via. Sciacquatelo bene, mettetelo in un contenitore alto e versateci due dita di acqua. Entro qualche giorno nasceranno nuove foglioline di bieta che potrete mangiare crude in insalata, a mo' di spinacini freschi nella Caesar's salad, piatto classico degli Stati Uniti. Se vorrete far crescere ulteriormente la pianta ottenendo un nuovo cespo, potrete interrare il fondo germogliato. Si tratta di una tecnica contro lo spreco chiamata re-grow, cioè ricrescita che può aiutare la salute e il benessere... del portafogli.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.






