2018-09-21
Un crollo sul ponte Morandi già a febbraio
Lo scambio di mail fra Autostrade e Spea ha permesso agli inquirenti di scoprire che all'inizio dell'anno si era staccato un pezzo lungo circa 10 metri del bordo del viadotto. La tragedia fu evitata per pura fortuna. Ma l'allarme venne sottovalutato.Tagli a dipendenti e manutenzione per alzare gli stipendi dei manager. L'ad Giovanni Castellucci ha guadagnato 100 milioni. Il governo: «I Benetton pagheranno in 30 giorni». Lo speciale contiene due articoli.Nei primi giorni di febbraio 2018 una porzione di circa una decina di metri del bordo del ponte Morandi era crollato, lanciando un importante avviso sulla fragilità del viadotto. Ma nessuno a Genova se ne è accorto perché il cedimento è avvenuto di notte. Sembra che in quel frangente la Spea engeneering, incaricata degli interventi di ristrutturazione sul Morandi dalla controllante Autostrade per l'Italia, ma anche della progettazione e della direzione di molti altri lavori (100 nel 2018), non abbia riferito immediatamente quanto successo a Paolo Berti, direttore centrale delle operazioni di Autostrade. L'incidente e il ritardo nella comunicazione avrebbero provocato la reazione del dirigente e un astioso carteggio tra lo stesso Berti e l'amministratore delegato della Spea Antonino Galatà. Uno scontro che si concluse con l'allontanamento del direttore dei lavori sul viadotto. I pm Walter Cotugno e Massimo Terrile, coordinati dall'aggiunto Paolo D'Ovidio, hanno rinvenuto lo scambio di mail nei computer sequestrati allo stesso Berti e a Galatà. Gli inquirenti genovesi ritengono questa vicenda molto importante in chiave processuale. Infatti sei mesi e mezzo prima del collasso del Morandi la struttura perdeva pezzi e questa friabilità creava dissapori tra Autostrade e la controllata Spea.A quanto risulta alla Verità, il 7 febbraio Berti scrive a Galatà per rinfacciargli il crollo e lo taccia di incapacità nel gestire la società e i tecnici a sua disposizione. Alcune relazioni tecniche inviate per corrispondenza hanno permesso di identificare con certezza l'imprevisto che aveva scatenato la lite. Le critiche vengono mosse dal manager di Aspi «alla luce di quello che sarebbe potuto accadere». Infatti solo il caso impedì guai peggiori, visto che il distacco di interi blocchi di calcestruzzo avvenne durante dei lavori notturni. Inoltre gli operai stavano facendo degli interventi sulle rampe a Levante del ponte e il cedimento avvenne nella porzione iniziale del viadotto, quella che non è crollata il 14 agosto e che passa sopra la boscaglia. «Venne giù un pezzo importante di struttura, una decina di metri di bordo del ponte. Non una cosa di poco conto», racconta una fonte alla Verità. «La fortuna ha voluto che l'episodio accadesse di notte e che non provocasse danni né a persone né a cose. Ma il fatto rilevante è che sia crollata improvvisamente una parte di struttura». Dopo essere stato informato, Berti coglie l'occasione per rammentare a Galatà tutta una serie di contestazioni pregresse ed evidenziare che sul Polcevera avrebbe potuto succedere di peggio (vaticinio infausto). Dai toni livorosi si comprende che tra i due esistono anche motivi di astio personale. Lo scambio di accuse di febbraio è considerato dagli inquirenti, nell'ambito delle controversie rilevate tra le due società, la più significativa, poiché riguardava il ponte Morandi ed è avvenuta nel 2018. «Si trattò di un cedimento improvviso e non di qualche pezzettino, ma di interi blocchi», ribadisce la nostra fonte. Che aggiunge una postilla: «È vero che da Autostrade se la prendono con Spea, ma anche per loro quello era un segnale di allarme concreto che non è arrivato dieci anni fa». L'avvocato di Berti, Filippo Dinacci, riconosce nella vicenda delle mail il carattere del suo cliente: «Il mio assistito è una persona quasi ossessiva nei controlli. È il tipo che se vede che chi lavora intorno a lui non è altrettanto meticoloso può dare in escandescenze». Ieri un comunicato Autostrade ha provato a minimizzare lo scontro, facendo riferimento a «un'ordinaria dialettica contrattuale tra cliente e fornitore», ma ha di fatto confermato l'evento che lo ha causato ciò di cui abbiamo parlato in questo articolo: «Le comunicazioni (tra Autostrade e Spea ndr) riguardano interventi effettuati in luoghi diversi e distanti dalla pila numero 9 interessata dal crollo. (…) Nello specifico, in occasione dei lavori di riqualifica delle barriere di sicurezza del Polcevera, lo scorso febbraio 2018 la direzione tecnica di Autostrade aveva contestato a Spea un mancato rispetto degli obblighi contrattuali. A seguito di tale contestazione, Spea aveva provveduto successivamente alla rimozione dall'incarico del direttore dei lavori, consentendo la regolare prosecuzione delle attività in piena sintonia con le esigenze del committente». Una «sintonia» turbata, con ogni probabilità, dalla tragedia del 14 agosto.Giacomo Amadori<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/un-crollo-sul-ponte-morandi-gia-a-febbraio-2606598994.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="tagli-a-dipendenti-e-manutenzione-per-alzare-gli-stipendi-dei-manager" data-post-id="2606598994" data-published-at="1758215266" data-use-pagination="False"> Tagli a dipendenti e manutenzione per alzare gli stipendi dei manager Genova, orfana del ponte Morandi, riparte dal Salone nautico. Il primo grande evento dopo il crollo del viadotto, il banco di prova per viabilità e traffico. Una manifestazione con oltre 1.000 espositori che è simbolo della forza del più importante porto italiano e sarà anche una sfilata per le istituzioni. Domani arriverà Matteo Salvini, lunedì Sergio Mattarella. Ieri all'inaugurazione ha partecipato il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli che, prima di visitare l'esposizione, ha incontrato gli sfollati: «Queste persone rappresentano il meglio dell'Italia. Hanno una straordinaria dignità, chi ha sbagliato pagherà», ha detto. Il riferimento è ad Autostrade per l'Italia, che nei piani del governo dovrà pagare sia i rimborsi a chi ha perso casa sia la ricostruzione del ponte. Nel decreto Genova è scritto che la società dovrà pagare entro 30 giorni dalla richiesta del commissario straordinario per l'emergenza, che però non è ancora stato scelto, «l'importo provvisoriamente determinato dal commissario medesimo». Una scelta condivisa dal Paese: un sondaggio realizzato dall'istituto Piepoli rivela che il 75% degli italiani è favorevole al fatto che le spese siano sopportate da Autostrade. Società che si è arricchita durante i 16 anni di concessione e pedaggi, aumentati dal 2008 al 2017 del 25%. E soprattutto che aveva il dovere di controllare lo stato di salute di stralli e pilastri. Secondo un'inchiesta di Giuseppe Caporale, direttore di Tiscali.it, c'è una regola che avrebbe sempre guidato le scelte della società: quella del risparmio a ogni costo per incrementare utili e i dividendi che annualmente finiscono nelle tasche degli azionisti e dei top manager attraverso bonus, premi e stock option. Il primo passo per risparmiare è stato fatto con i tagli al personale: con il passaggio ad azionisti privati guidati dalla famiglia Benetton, i dipendenti sono scesi da 10.000 a 7.000. In pratica uno su tre è stato mandato a casa e mai sostituito. In secondo luogo si è voluto tirare la cinghia sulla manutenzione e il ripristino delle opere stradali, anche se l'operazione è stata presentata come riduzione di «ridondanze» e «sprechi». Autostrade ha comunicato, dopo la tragedia di Genova, di aver investito più di 1 miliardo l'anno dal 2012-2017 in sicurezza, manutenzione e potenziamento. Secondo i dati del ministero, però, dal 2015 al 2016 i finanziamenti destinati alle manutenzioni sono scesi del 7,9%. Se poi si va indietro nel tempo e si confrontano il bilancio del 1999 con i piani attuali, il calo sarebbe del 20%. Come è stato possibile risparmiare tanto? La risposta, secondo Caporale, starebbe in un software che calcola la durata massima delle opere, ovvero la data della loro morte, in modo da intervenire soltanto quando la struttura è ormai agonizzante e ridurre gli sprechi. Vale per 4.200 gallerie, ponti, viadotti e manti stradali. Valeva anche per il ponte Morandi: il modello di calcolo fissava il fine vita del viadotto nel 2030. Con un errore di 12 anni. Oltretutto tale data era stata inserita in una relazione tecnica e poi addirittura pubblicata sulla rivista trimestrale di Autostrade, dove si legge: «Assumendo una legge empirica che governa la velocità di degrado, la condizione limite del ponte Morandi viene stimata intorno al 2030». Ecco il motivo che avrebbe fatto rimandare interventi evidentemente non procrastinabili. Comunque tale sistema di calcolo è solo probabilistico e non fornisce certezze. Si chiama terotecnologia e significa tecnologia della conservazione. Di cosa si tratti lo spiega a Tiscali News un ex dirigente di Autostrade, protetto dall'anonimato: «La gestione di risorse a pioggia è antieconomica rispetto a una distribuzione concentrata su obiettivi specifici. La nostra filosofia è sempre stata quella di spendere le risorse al momento giusto, per ottenere un miglioramento del bene. Calcolando il tempo zero, ovvero la data di vita e di morte dell'opera». Non soltanto gli azionisti hanno tratto profitto da tale sistema, ma anche i top manager del gruppo, attraverso bonus legati ai risultati, stock option e premi una tantum. Secondo quanto scrive Caporale, il guadagno dell'ad Giovanni Castellucci, «è stato di almeno 100 milioni di euro lordi». Una cifra impressionante, che però può non sorprendere se rapportata agli utili degli azionisti. «Maxidividendo che si realizza nella forbice che si viene a creare tra il budget di spesa prevista su investimenti (calanti e rallentati nel tempo)», riporta Tiscali, «il taglio della manutenzione (dalla privatizzazione a oggi), il taglio al personale, la crescita dei volumi di traffico e il rincaro dei pedaggi». Atlantia, che controlla Autostrade, avrebbe beneficiato nei 16 anni di concessione di profitti pari a 2,1 miliardi: in sostanza 130 milioni di euro l'anno. Alla famiglia Benetton è andato in media il 30% dei dividendi. La società non intende certo rinunciare a un simile business: è infatti pronta a dare battaglia legale contro la revoca annunciata dal governo e respinge l'accusa di aver commesso «grave inadempimento», come contestato dal ministero delle Infrastrutture. Forte del fatto che la revoca della concessione potrebbe costare allo Stato 20 miliardi.Alfredo Arduino
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