
Via libera in Regno Unito al disegno di legge sul suicidio assistito (con defezioni tra i laburisti). Una volta in vigore, la pratica verrà concessa ai malati terminali con meno di 6 mesi di vita. Per ucciderli basterà solo la firma di due medici e di un giudice.Con una maggioranza di 55 voti (330 voti a favore e 275 contrari), i parlamentari inglesi hanno dato il via libera al disegno di legge sul suicidio assistito. Una volta legalizzato, il diritto al fine vita sarà concesso ai malati terminali con più di 18 anni e meno di sei mesi di vita di Inghilterra e Galles, non di Scozia e Irlanda del Nord. Basterà così la firma di due medici e di un giudice dell’Alta corte per uccidere una persona nel tempo massimo di 14 giorni, ma anche nel giro di 48 ore. Il partito più favorevole è stato quello dei Liberal democratici, con 61 dei loro 72 parlamentari a sostegno e solo 11 contrari; 92 conservatori hanno votato contro, 23 a favore. Dopo questo primo voto (nel sistema inglese «in seconda lettura», dove c’è il dibattito seguito dal voto), il disegno di legge Terminally ill adults (End of life) passerà alla fase della commissione, in cui si potranno presentare emendamenti, prima di essere ulteriormente esaminato e votato sia dalla Camera dei Comuni sia da quella dei Lord. Intanto, c’è una maggioranza trasversale favorevole al fine vita a richiesta. Parlamentari che all’indisponibilità del bene-vita oppongono il diritto al suicidio, facendolo passare come nel migliore interesse di una persona malata. Bruttissima pagina, quella scritta ieri. Se il valore di una persona è solo nella sua capacità di autonomia, se la vita non è un bene da proteggere, sempre inviolabile, la cultura dello scarto diventerà sempre più dominante. Non servirà aspettare la conclusione dell’iter legislativo, il messaggio ai più fragili, ai più deboli è chiarissimo: i malati si convinceranno di essere inutili e preferiranno «togliere il disturbo». L’Independent ieri riferiva che «i sostenitori del disegno di legge hanno pianto e si sono abbracciati fuori dal Parlamento quando è giunta la notizia che era stato approvato», con la folla «che è esplosa in applausi». Secondo i sondaggi, la maggioranza dei britannici sostiene il suicidio assistito. Il dibattito era iniziato ieri mattina alla Camera dei Comuni e più di 160 parlamentari avevano chiesto di intervenire sulla proposta presentata dal deputato laburista Kim Leadbeater. Ci sono stati interventi molto forti, a favore e contro, ma alla fine hanno prevalso coloro che pensano spetti all’uomo, non a Dio, decidere quando è arrivato il momento di lasciare questo mondo. Il primo ministro Keir Starmer, pur avendo detto che il suo governo intendeva mantenere posizioni «neutre» su questo tema, ha votato a favore del disegno di legge. Il sì è arrivato anche dall’ex primo ministro conservatore Rishi Sunak, perché ritiene che possa aiutare a «ridurre la sofferenza». Sul Darlington and Stockton Times si è definito una «persona religiosa» e ha dichiarato di comprendere le «profonde preoccupazioni morali e filosofiche che molte persone hanno su questo tema». Prima di votare ci ha «pensato a lungo». David Cameron, primo ministro all’epoca della bocciatura della proposta analoga del 2015, aveva fatto sapere di aver cambiato idea e si è espresso a favore, al contrario da quanto fatto da altri ex premier suoi compagni di partito come Theresa May, Boris Johnson e Liz Truss. L’attuale leader Tory, Kemi Badenoch, ha votato contro; così pure David Lammy, il ministro degli Esteri che ha pubblicato una lettera ai suoi elettori spiegando il perché del suo non essere d’accordo. Altri laburisti al governo che hanno detto no sono stati Angela Rayner, vice primo ministro; Shabana Mahmood, ministro della Giustizia; Bridget Phillipson, ministro dell’Istruzione e Jonathan Reynolds, ministro per gli Affari economici e il Commercio. L’ex primo ministro laburista Gordon Brown aveva anticipato la scorsa settimana la sua opposizione alla legge, raccontando in un editoriale sul Guardian della morte della figlia Jennifer, di soli 11 giorni. «È morta tra le nostre braccia. Ma quei giorni che abbiamo trascorso con lei rimangono tra i più preziosi della mia vita e di quella di Sarah», la moglie del politico. Aggiungeva: «L’esperienza di stare seduta con una bambina malata mortalmente non mi ha convinto della necessità di un suicidio assistito; mi ha convinto del valore e dell’imperativo di una buona assistenza di fine vita». Sarah Wootton, amministratore delegato di Dignity in Dying, l’associazione che si batte per il diritto al suicidio assistito, ha così commentato il voto: «Questo è un passo storico verso una maggiore scelta e protezione per le persone che stanno morendo […]. Oggi, il nostro Paese si è avvicinato più che mai a una legge più sicura e compassionevole».«Si tratta di una modifica paragonabile all’Abortion act del 1967», scriveva ieri Chris Mason della Bbc, citando anche la parziale depenalizzazione del sesso omosessuale in Inghilterra e Galles, la legislazione di due anni prima, nel 1965, che aveva vietato la pena di morte nel Regno Unito e la legalizzazione del matrimonio gay in Inghilterra e Galles nel 2014. Aggiungeva che la discussione sul suicidio assistito sarà lunga ma ci potrà essere «un cambiamento epocale nel diritto» e che «le azioni dei parlamentari spingeranno la società in una direzione dalla quale potrebbe non tornare mai più indietro». Questo, appunto, è lo scenario spaventoso.
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