
Il topolino partorito dalla montagna di Bruxelles è una stangata alle aziende: poi gli Stati le dovranno salvare. Per le imprese infatti è emergenza liquidità: istituti di credito già in pista. E Uk e Germania si muovono da sole.La riunione straordinaria del Consiglio energia Ue è stata convocata per il 30 settembre dalla presidenza di turno ceca dell’Unione. «Finiremo ciò che abbiamo iniziato la scorsa settimana», ha scritto in un tweet il ministro ceco dell’Industria e del commercio, Jozef Sikela. Il problema è che sul tavolo finiranno le proposte della Commissione per far fronte ai prezzi elevati dell’energia. Ovvero il pacchetto europeo in cui, dopo la discussione di venerdì scorso, al momento restano soltanto la riduzione dei consumi elettrici con lo stop obbligatorio almeno nelle ore di punta, la tassa sugli extraprofitti per le multinazionali dell’energia (accompagnata dal contributo di solidarietà da parte delle società che lavorano i combustili fossili), e quella sulle rinnovabili (o come preferiscono definirla gli euroburocrati l’estrazione dei ricavi intramarginali per le fonti non a gas). Non ci saranno, invece, il price cap (tema rimandato al vertice di Praga di inizio ottobre) e le linee di credito straordinarie per il settore. Per l’iniezione di liquidità alle società che operano sul mercato energetico è necessaria una messa a punto per il coordinamento con lo schema europeo sugli aiuti di Stato, è l’alibi filtrato in questi giorni alle agenzie di stampa dalle fonti Ue. Il «topolino» partorito con dolore, e dopo una gestazione elefantiaca, dalla montagna di Bruxelles per ora servirà quindi a tassare ma non a supportare. O meglio, a stangare le aziende che poi i singoli Stati saranno costretti a salvare. Non ne siamo sorpresi, sia chiaro. Come sarebbe andato in scena il copione lo scriviamo già da qualche settimana. La speranza, però, era che almeno si soppesassero meglio gli effetti sulle aziende e, a cascata, anche sulle big del credito che con le previsioni di una minor crescita economica rispetto a quanto previsto mesi fa rischiano di veder crescere ancora gli Npl e dunque di dover istituti aumentare nuovamente le rettifiche su crediti. Speravamo anche che qualcuno dei consiglieri di Ursula von der Leyen venisse ispirato dalle mosse del Tesoro britannico che insieme alla Bank of England ha lanciato un fondo da 40 miliardi di sterline (45,6 miliardi di euro) a cui i trader di energia possono attingere per far fronte all’esigenza di integrare le garanzie richieste per le operazioni di trading. Fondo da aggiungere ai 150 miliardi di sterline (circa 170 miliardi di euro) messi in campo dalla neopremier Liz Truss con un piano che scatterà dal primo ottobre: una sorta di price cap per Inghilterra, Scozia e Galles, cui seguirà presto un analogo provvedimento per l’Irlanda del Nord. Tutt’altra strada quella seguita dalla Bce che continua, invece, ad intervenire con schemi superati, legati a una inflazione endogena quando quella attuale è esogena. Tutto questo mentre il governo federale tedesco, ha scritto ieri l’Handelsblatt, intende stanziare altri 67 miliardi di euro in aiuti per le aziende dell’energia, colpite dalla crisi del gas. In particolare, Olaf Scholz vuole rafforzare l’Istituto di credito per la ricostruzione (Kfw), affinchè possa sostenere le aziende dell’energia con autorizzazioni di credito per un importo di circa 67 miliardi che il ministero delle Finanze girerà al Kfw dal fondo per la stabilizzazione dell’economia (Wsf), istituito per far fronte alla crisi del coronavirus. Nel frattempo, le tre autorità europee di vigilanza sulle banche (Eba), mercati (Esma) e assicurazioni (Eiopa) in un’analisi congiunta sui pericoli dell’autunno 2022 hanno sottolineato che la frenata economica e l’alta inflazione hanno aumentato i rischi e la vulnerabilità del settore finanziario. «L’aumento dei costi di finanziamento e la diminuzione della produzione economica potrebbero mettere sotto pressione il rifinanziamento di governi, imprese e famiglie incidendo negativamente sulla qualità dei portafogli di credito delle banche», hanno spiegato Eba, Esma e Eiopa aggiungendo che la riduzione dei rendimenti reali per l’inflazione «potrebbe indurre gli investitori a un’assunzione di rischio più elevata». Alle banche e alle altre autorità viene così suggerito di «continuare a prepararsi a un deterioramento della qualità degli asset» e a monitorare «le attività che hanno beneficiato di misure temporanee legate alla pandemia e quelle che sono particolarmente vulnerabili a un deterioramento del contesto economico, all’inflazione e ai prezzi elevati dell’energia». Non solo. La Bce ha inviato anche un questionario agli istituti per analizzare gli effetti di uno stop al gas, di un aumento dei default aziendali e di una minore liquidità legata ai derivati dell’energia (le risposte devono essere inviate entro dieci giorni). Per le aziende l’emergenza arriva dalla liquidità. Il costo della materia prima ha infatti iniziato a comprimere i margini, spingendo il fabbisogno di circolante e compromettendo la capacità di generazione di cassa. In un contesto di questo genere l’accesso al credito diventa prioritario per le realtà più esposte e la velocità di risposta del sistema bancario rappresenta una precondizione per garantire la tenuta del sistema. Non è un caso se le grandi banche come Intesa, Unicredit e anche BancoBpm si sono già mosse con nuovi plafond a sostegno delle pmi e delle famiglie. Prevenire è sempre meglio che curare. Soprattutto se le autorità Ue non sembrano sin qui preoccuparsi del problema.
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Dal divano alla trincea. Dai giovani che salvano il Paese restando sul divano durante il lockdown, ai diciottenni che devono mobilitarsi per la futura guerra contro la Russia. Nell’Europa di oggi, la storia si ribalta con disinvoltura. E così, archiviato lo spot del 2020, in cui lodava gli eroi della pandemia per essere stati «pigri come procioni», la Germania ha cambiato parola d’ordine. Prima era: «Restate a casa». Adesso è diventata: «Arruolatevi».
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Scoperta una maxi rete di corruzione. L’entourage presidenziale: «Colpa di Mosca» Da Bruxelles arrivano ancora 6 miliardi, ma crescono i dubbi sull’uso degli asset russi
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La decisione della Corte di Cassazione che ha confermato la revoca degli arresti domiciliari per Manfredi Catella, Salvatore Scandurra e gli altri indagati (e annullato le misure interdittive verso l’ex assessore Giancarlo Tancredi, l’ex presidente della commissione Paesaggio Giuseppe Marinoni e l’architetto Federico Pella) rappresenta un passaggio favorevole alle difese nell’inchiesta urbanistica milanese. Secondo i giudici, che hanno respinto il ricorso dei pm, il quadro indiziario relativo al presunto sistema di pressioni e corruzione non era sufficiente per applicare misure cautelari.





