2020-01-02
Tutti gli altri leader non si nascondono e dicono ai cittadini quello che li aspetta
Angela Merkel promette un'economia verde, Boris Johnson festeggia la Brexit ed Emmanuel Macron difende la sua riforma delle pensioni.L'obiezione è prevedibile: ognuno dei Paesi che stiamo per citare ha un sistema politico e istituzionale diverso, e soprattutto differente dal modello costituzionale italiano. Vero: ma resta il fatto - incontestabile - che molti capi di Stato e di governo non italiani abbiano saputo indicare una rotta la notte di Capodanno, abbiano fissato delle priorità precise, abbiano parlato ai rispettivi Paesi in modo incisivo e significativo, indipendentemente dalla loro specifica funzione istituzionale, dal loro colore politico, e dalla condivisibilità o meno del merito delle loro proposte. Il caso da manuale è quello del messaggio del primo ministro britannico Boris Johnson, virale sui social network, e non solo per i clic degli utenti del Regno Unito, ma per l'entusiasmo di twittatori sparsi in ogni parte del mondo. Due minuti e 53 secondi di pura elettricità e buona politica, in cui il premier è andato subito al punto, la realizzazione di Brexit entro un mese: «Abbiamo una meravigliosa opportunità di unirci come Paese e andare avanti insieme. Voglio che sappiate che farò il possibile per realizzare le vostre priorità e fare del 2020 l'anno in cui libereremo il potenziale della Gran Bretagna. Naturalmente cominceremo questo mese con il portare a compimento Brexit. Il 31 saremo fuori dall'Ue, liberi di prendere la nostra strada come nazione sovrana, riprendendo il controllo del nostro denaro, delle nostre leggi, dei nostri confini, del nostro commercio. E con questa certezza: rilanceremo la fiducia per le persone e le imprese. Ed è solo l'inizio». E infatti, subito dopo Johnson ha elencato altri obiettivi, con toni che qui sarebbero stati qualificati come populisti: «Come governo della gente che vuole realizzare le priorità della gente, irrobustiremo il servizio sanitario nazionale (con il più grande investimento della storia), rinnoveremo le nostre scuole, sosterremo i nostri scienziati in tutto (dalle terapie geniche ai veicoli elettrici). Diffonderemo opportunità in ogni angolo del nostro paese».Più ancora del programma, ha colpito l'energia di Johnson, l'entusiasmo con cui ha caricato e galvanizzato i suoi connazionali: «Per quest'anno», ha scherzato, «prometto non più elezioni, non più referendum. Durante la campagna elettorale ho incontrato persone fantastiche, visitato imprese fantastiche, ho parlato a molta gente di talento, appassionata, divertente, laboriosa, ingegnosa, che fa del nostro il più grande Paese sulla terra. So che c'è un incredibile futuro davanti a noi, mettiamoci le divisioni alle spalle, andiamo avanti con fiducia», ha concluso, alludendo al nuovo decennio come a una «decade di crescita, prosperità, opportunità. Facciamo del 2020 l'inizio di qualcosa di speciale».È perfino imbarazzante confrontare questa scarica di energia e di entusiasmo con i toni dimessi, difensivi, immobilisti, in ultima analisi rinunciatari e stanchi, del messaggio che nelle stesse ore veniva invece ascoltato dagli italiani. Spostandoci da Londra a Parigi, cambia tutto: il colore politico e il connotato umano del leader, in questo caso il presidente francese Emmanuel Macron. Privo della simpatia umana di Johnson, altero per tratto personale più ancora che per il ruolo che i francesi attribuiscono all'inquilino dell'Eliseo, Macron si è presentato davanti ai connazionali dopo un'altra ondata di proteste per la sua annunciata riforma delle pensioni. La Francia ha ben 42 regimi pensionistici speciali: è una giungla nella quale diverse presidenze hanno conosciuto la sconfitta di ogni tentativo di introdurre cambiamenti. E Macron ha pensato di affrontare questo difficile capitolo quando già la sua popolarità era in discesa, dopo la sconfitta maturata alle europee della scorsa primavera. Eppure - piaccia o no - Macron l'altra sera ha tenuto il punto, indicando al suo governo la priorità di «portare a termine» la riforma e trovare un «rapido compromesso». «Capisco come le decisioni prese possano causare timori e proteste. Dovremmo quindi rinunciare a cambiare il nostro Paese? No. Poiché abbandoneremmo quelli che il sistema ha già abbandonato, tradiremmo i nostri figli, i loro figli dopo di loro, che dovrebbero quindi pagare il prezzo per le nostre rinunce. Questo è il motivo per cui verrà attuata la riforma delle pensioni». Condivisibile o no, comunque l'indicazione di una linea chiara. Discorso in qualche misura analogo in Germania, con il messaggio di una Angela Merkel ormai al crepuscolo della sua vicenda politica. La cancelliera ha sposato la discutibile causa della lotta ai mutamenti climatici: tema che suscita molti dubbi, specie per il carattere ideologico e non di rado privo di basi scientifiche con cui viene agitato (da giovani e meno giovani). Ma anche qui, a prescindere dalla condivisibilità politica delle sue affermazioni, la Merkel è stata consequenziale, scegliendo una priorità e promettendo impegno in quella direzione: «Il riscaldamento del nostro pianeta è reale. Ed è una minaccia: dobbiamo intraprendere tutto ciò che è umanamente possibile per combattere questa sfida. E si può ancora fare. È vero, con i miei 65 anni sono in un'età per la quale non vivrei le conseguenze del cambiamento climatico, che arriverebbero se la politica non agisse. Sono i nostri figli e i nostri nipoti che dovranno vivere con le conseguenze di ciò che facciamo o di ciò che tralasciamo. Perciò io impegnerò tutte le mie forze affinché la Germania dia il suo contributo, ecologicamente, economicamente e socialmente, per controllare il cambiamento climatico».