
L'hanno taroccata i danesi, gli svedesi e gli americani. Francia e Svizzera si sono coalizzate per svilirla. Deriva da pregiatissimo latte d'alpeggio. Il «Wall Street Journal» l'ha inserita tra i 26 migliori formaggi.Pochi prodotti sono identificativi di un territorio e della sua storia come la Fontina, il formaggio tipico della valle d'Aosta. «È il simbolo di un tipo di vita e di lavoro rimasti immutati nel lento trascorrere dei secoli». Come ha scritto a suo tempo Francesco Mathoiu. Un terreno difficile, quello valdostano, al di là degli splendidi scenari delle sue cime. Un suolo da cui era difficile ricavare grandi quantità di raccolto, per cui fin dall'antichità i valligiani hanno dovuto orientare in maniera assai efficace le loro lavorazioni. Le prime tracce di questo formaggio le si trova in un documento del 1270, anche se l'immagine più nota è quella di un affresco del XV secolo nel castello di Issogne. Si tratta di un banco dei formaggi le cui forme ricordano le attuali. Nel 1477, nel suo Summa Lacticinorum il medico vercellese Pantaleone di Confienza ricorda come «quivi i formaggi sono buoni e i pascoli eccellenti». Fontina citata per la prima volta dal canonico del monastero del Gran San Bernardo, nel 1717. Etimo su cui gli storici hanno a lungo discusso. Per alcuni riferimento a un'antica famiglia De Fontina, ma potrebbe essere anche associato a una località, il villaggio di Fontinaz, oppure ancora, più genericamente, dall'uso valligiano di indicare pascoli particolarmente vocati all'alimentazione del bestiame. E qui sta la prima eccellenza della fontina. Nella stagione estiva le mandrie vengono condotte in alpeggi d'alta quota dagli arpian, i pastori dedicati. Qui l'alimentazione è di eccellenza con fiori e piante che non si trovano altrove: artemisia, genziana, viole, anemoni. Il che, abbinato al fatto che il brucare vaccino non incontra mai prodotti trattati con pesticidi o antiparassitari, rende ragione di un prodotto di assoluta eccellenza. A questo si abbina la lavorazione. Si tratta il latte di una sola mungitura che viene trattato al massimo entro due ore a basse temperature, quindi non pastorizzato e in grado di mantenere le migliori proprietà. Proprio per la tecnica, la caseina rimane solubile e molto digeribile, adatta quindi a tutte le età. Ha un basso tasso di colesterolo, oltre ad essere ricco di minerali e vitamine. Tutte virtù, comunque, che hanno fatto fatica ad imporsi sui mercati, al di là della qualità del prodotto. Alle attuali forme della dimensione tra gli 8 e 12 chilogrammi si è giunti verso la fine dell'Ottocento, quando le ricorrenti crisi economiche spinsero i pastori a confezionare forme più piccole con un minor tempo di stagionatura permettendo loro di venderle prima. Vendita che non era facile, oltre i confini locali. I pastori lavoravano da soli o in piccole comunità. Le migliori forme andavano a finire nelle cucine di casa Savoia, mentre le meno riuscite servivano al consumo domestico, le altre erano moneta di scambio con le province vicine. Sui carri che trasportavano fontina, una volta venduta, si caricavano stoffe nel Biellese, cereali nel Canavese, olio dal Lago Maggiore. Ma la vera sfida era con i grossisti che imponevano loro il mercato, strozzando al ribasso le fatiche dei malgari. A questo si aggiunsero le vicende del secondo dopoguerra. Nel periodo bellico tecnici danesi al servizio dell'esercito germanico rimasero conquistati da questo formaggio e, una volta tornati in patria, decisero di riprodurlo. Ecco nascere la danish fontina che, comunque, non aveva nulla a che fare con l'originale. Da lì un'esplosione di tentativi di imitazione, con la swedish fontina, oppure l'american fontina (prodotta nel Winsconsin), con la fantasia di dare, oltre al nome tarocco, anche forme inventate: rettangolari o cilindriche. Per non farsi scappare nulla anche nella pianura padana qualcuno cominciò a produrre il fontal. Al danno si aggiunse la beffa. Alla conferenza di Stresa, nel 1951, Francia e Svizzera si coalizzarono per svilire le potenziali doti della fontina. Qui entrò in gioco la determinazione dell'avvocato Cesare Bionaz. Nel 1952 riuscì a stilare un accordo con un importante istituto bancario torinese, sì da concedere ai malgari i necessari anticipi di capitale per togliergli dal cappio dei distributori. Favorì la nascita del Consorzio produttori e riuscì a far rientrare, nel 1955, la fontina nella doc che ne garantisse qualità e sopravvivenza. Anche in Europa fecero marcia indietro e rientrò quindi, a pieno titolo, nelle produzioni di categoria A, cioè vincolate al territorio. Ora il consorzio produttori è una realtà consolidata. Nel 2016 il Wall Street Journal proclamò la fontina tra i migliori 26 formaggi al mondo (4 gli italiani) Gli arpian hanno finalmente delle certezze, sia nella qualità della lavorazione del prodotto che poi nella sua destinazione finale al mercato. Un bell'esempio di magazzino di affinamento in Valpelline, il secondo per importanza, ricavato all'interno di una vecchia miniera di rame dismessa nel 1946. Per la gioia dei visitatori si possono vedere le fontine trasportate sui vecchi binari minerari, con la storia ben raccontata nel piccolo museo. Vi è la Festa dedicata, a Oyace, a cavallo di ferragosto, come altre diverse iniziative per il turista curioso. Un capitolo a parte meritano le vacche di razza valdostana, di cui esistono tre varietà. La pezzata rossa (si dice giunta con i burgundi, barbari del Nord), la castana e la pezzata nera che, secondo alcuni, arrivò al seguito delle truppe di Annibale. Razze piccole, ma tenaci, tanto che, ad ogni stagione, si svolgono les Batailles des Reines, le battaglie delle regine. Sono una sorta di … braccio di ferro con le corna. Abituate alla dura vita d'alpeggio, queste regine del pascolo stabiliscono fin dall'inizio una gerarchia su chi debba essere di loro a guidare la mandria. In premio la regina ottiene un ricco campanaccio con un collare di cuoio finemente decorato. A tavola la fontina è dotata di straordinaria duttilità. Il piatto più conosciuto è la fonduta. Una variante locale di una tradizione alpina che si dice inventata in un vallone svizzero dal monaco Vacarinus, nel XIII secolo, il quale, per aggirare il divieto di mangiare formaggio in quaresima, lo rese liquido, una sorta di «zuppa» a prova di… scomunica alimentare. Al di là di questo la fonduta valdostana si differenzia da quella svizzera, oltre che per il tipo di formaggio, anche per la preparazione specifica. Pellegrino Artusi la chiamava «cicimperio». Qui infatti la fontina viene fatta a dadini e messa a riposare nel latte. Poi viene preparata a bagnomaria su di una base di burro fuso e mescolata con arte sino a diventare cremosa. Non deve infatti fare grumi né filare. Verso la fine della preparazione vengono aggiunti tuorli d'uovo. Il rito prevede che giunga al tavolo su di un contenitore comune, il caquelon, tenuto in temperatura sopra un piccolo fornelletto. Con apposite forchette di legno si intingono dei pezzi di pane facendo ruotare la posata sino a che la fonduta non ricopre uniformemente il tutto. I cultori della materia non si negano nulla … ad esempio aggiungendo piccole scaglie di tartufo. Ma il ricettario fontinesco non finisce qui. Si possono fare le bistecche farcite di carne di vitello impanata e fritta a contenere a portafoglio fontina e prosciutto o la seupa à la velpellinentze, un'intrigante preparazione a base di pane nero, cavolo, fontina, burro e brodo di carne. Ma si potrebbe continuare a iosa con i carciofi alla valdostana, gli gnocchi alla bava, ravioli o risotto alla fontina … e molto altro ancora.
(Getty Images)
Dopo 90 anni al timone, cessione da 3 miliardi. Il governo può valutare il golden power.
Ansa
Dieci anni fa scoppiò il Dieselgate, la truffa di Volkswagen sulle emissioni scoperta dagli statunitensi, già in guerra commerciale con Berlino. Per riprendersi, l’azienda puntò sull’elettrico e ottenne il sostegno di Ursula. Ma ad approfittarne sono stati i cinesi.
Alice Weidel (Ansa)
I Maga sfidano le censure del Vecchio continente: la vice di Alice Weidel e un militante escluso dalle elezioni per sospetti sulla sua «lealtà alla Costituzione» vanno a Washington dai funzionari di Marco Rubio e di Jd Vance.
Paolo Longobardi (Getty images)
Il presidente di Unimpresa: «Va data sicurezza alle transazioni delle pmi che operano in più valute. L’Occidente imponga standard di qualità contro la concorrenza sleale».