2025-10-29
Pure Gates sconfessa l’agenda green. La propaganda perde i suoi paraguru
Incredibile giravolta dell’investitore miliardario in vista della Cop30: «Il clima sta cambiando? Adattiamoci». Poi rilancia: «Il focus sia la sanità». E l’ex ceo di Stellantis, Tavares, affossa i dogmi contro il motore termico.Pare che il pianeta non sia più in pericolo. L’avevamo sospettato vedendo i fanatici del riscaldamento globale arruolarsi nella Flotilla pro Gaza, assistendo alla scomparsa delle bottigliette di alluminio (più rapida di quella dei dinosauri) e ascoltando il geologo Mario Tozzi indirizzare le sue omeriche invettive contro il ponte di Messina. Il sole sorge ancora, le priorità cambiano ed è un bene perché l’intellettuale collettivo si annoia. Se poi dice «game over» addirittura Bill Gates, fino all’altroieri considerato il pontefice massimo del Green Deal, significa che siamo arrivati a un cambio di paradigma e anche di paraguru.Nell’annunciare sul suo blog i temi del Cop30 che si terrà a Belem (Amazzonia brasiliana) dal 10 al 21 novembre, il patron di Microsoft ha invitato i leader mondiali «ad adattarsi alle condizioni meteorologiche estreme e a concentrarsi sul miglioramento dei risultati sanitari piuttosto che sugli obiettivi di riduzione della temperatura». Qualcuno ha immediatamente pensato al suo ultimo trilione investito in case farmaceutiche invece che in pale eoliche nel deserto del Mojave, ma sembra esserci qualcosa di più. Il filantropo a orologeria, che dopo aver compiuto 70 anni (proprio ieri) ha a cuore la temperatura interna piuttosto che quella esterna, ha aggiunto: «Il mondo ha trascorso l’ultimo decennio a lavorare verso gli obiettivi dell’accordo di Parigi, con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2 gradi entro la metà del secolo; qualcosa che rimane ben fuori strada. Ma non è la fine della civiltà. Invece di concentrarsi sulla temperatura come migliore misura del progresso, sarebbe meglio realizzare la resilienza climatica sarebbe rafforzando la salute e la prosperità». A questo punto il paria che alberga in noi si domanda come fare, ma Bill Sparalesto ha già la risposta: «Bisogna spostare l’attenzione verso il miglioramento del benessere umano, in particolare nelle regioni vulnerabili, attraverso investimenti nell’accesso all’energia, nell’assistenza sanitaria e nella resilienza agricola». Contrordine compagni, non era la fine della civiltà. Hai detto niente. Proprio lui che quattro anni fa pubblicava un saggio catastrofista dal titolo: «Come evitare un disastro» e per lanciarlo direttamente nei 90 centimetri di libreria dei buontemponi scandiva: «Non c’è più tempo da perdere». Che sòla.La novità sta provocando il panico nelle redazioni mainstream che per un decennio hanno definito cavernicoli gli scettici dell’orso bianco alla deriva sull’iceberg, hanno stilato liste di proscrizione dei «negazionisti climatici», si sono resi complici della truffa green, hanno elevato Luca Mercalli e il suo papillon al ruolo di Piero Angela del grado fahrenheit. Poiché le cattive notizie (per loro, quelli con l’eskimo appeso all’attaccapanni) non arrivano mai da sole, ecco la seconda in tempo reale. Carlos Tavares, ex ad liquidato da Stellantis con 35 milioni per ringraziarlo del disastro della conversione all’elettrico, ha tuonato sui suoi social: «L’Unione europea deve rivedere l’obiettivo di azzerare il motore termico nel 2035. Farlo è semplice, basta non essere dogmatici».I paladini del green che rinnegano il green, due legnate in poche ore. Bentornati sulla Terra, non più convinti che l’uomo sia il peggiore dei mali, non più persuasi (come Elly Schlein) che la salvezza sia «nutria libera in libero argine». È un po’ tardi per le conversioni epocali ma noi poveri di spirito con la Panda 4x4 le accettiamo. Non prima di aver ricordato a Tavares che meno di un anno fa sosteneva l’esatto contrario. A chi chiedeva il rinvio del suicidio assistito dell’endotermico rispondeva: «Una revisione sostanziale e olistica del regolamento sulla CO2 sarebbe surreale. Tutti conoscono le regole da molto tempo, quindi adesso si corre». Quando si è accorto - buon ultimo - che si sta correndo verso il baratro, ha cambiato idea.I Gates, i Tavares, gente di mondo. Prima hanno promosso e avallato l’allarmismo, promosso e avallato il disastro economico, finanziato con l’helicopter money lo sviluppo di una coscienza critica tossica per spaventare il popolo. Prima hanno arruolato soldatini dell’informazione come analfabeti funzionali per promuovere la decrescita infelice, la demonizzazione della doccia, le meravigliose sorti e progressive dell’automotive cinese. E adesso: «Non è la fine del mondo», «Chi corre verso l’elettrico è un dogmatico». Davanti alle loro derapate non si possiamo che ricordare quel leggendario titolo del Male: «Hanno la faccia come il c…». E riservare un pensiero commosso, noi cavernicoli del dubbio, agli orfani dei Friday for Future, alle groupies del mondo che si scioglie a giorni alterni.In fondo alla sua dotta prolusione programmatica, il miliardario di Seattle in partenza per l’Amazzonia ha anche aggiunto leggiadro: «Le morti dirette per disastri naturali sono diminuite del 90% nell’ultimo secolo, tra le 40.000 e le 50.000 all’anno, in gran parte grazie ai migliori sistemi di allarme e alle infrastrutture più efficaci». Angelo Bonelli può usare i sassi dell’Adige (quelli che portò in Parlamento) come fermaporta. Spiace solo che Bill Gates si sia dimenticato di aggiungere un dettaglio: sistemi, argini, ponti, vasche di laminazione che hanno salvato il 90% delle vite non li ha realizzati madre natura. Ma quel magnifico reprobo che da 200.000 anni danza attorno al monolite di Stanley Kubrick, vale a dire l’uomo scimmia.
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