2025-10-29
Mps sposa Mediobanca, Orcel molla Amundi
L’assemblea di Piazzetta Cuccia suggella le nozze con .il Monte, che fa eleggere Vittorio Grilli alla presidenza e Alberto Melzi d’Eril nuovo ad. Il capo di Unicredit intanto riduce le masse affidate al gestore francese e rilancia il suo piano per dar vita a «campioni europei». Ieri a Piazzetta Cuccia, è stato ufficialmente celebrato il matrimonio fra Monte dei Paschi di Siena e Mediobanca. Alla presidenza ora siede Vittorio Grilli gran commis di Stato che si trova molto bene nel mondo della finanza; al suo fianco Sandro Panizza, vice presidente e unico superstite del vecchio consiglio, come quei testimoni che restano per garantire che almeno qualcuno ricordi com’era prima. Al timone operativo Alberto Melzi d’Eril, che ha esordito con un messaggio motivazionale ai dipendenti: «Scriviamo insieme un nuovo capitolo nella storia della banca».Un incipit da manuale per una Mediobanca “2.0”, che fra poco entrerà a far parte del Gruppo Montepaschi. Alla cerimonia non sono mancati i protagonisti del colpo di scena: Luigi Lovaglio, l’uomo che ha portato Mps all’altare grazie a un’Opas che le ha consegnato l’86,3% del capitale, e Nicola Maione, presidente del Monte, venuti «a portare un saluto di buon lavoro al nuovo cda». L’assemblea, durata poco più di mezz’ora ha visto l’88,9% del capitale dire sì a tutto, tranne che ai compensi dell’esercizio 2024-2025 che hanno permesso alla governance uscente, guidata da Alberto Nagel di ricoprirsi d’oro, Mps ha poreferito astenersi per segnalare, senza strepitare, il proprio dissenso. Subito dopo, pranzo di nozze con tanto di brindisi e commenti ottimisti. «Clima ottimo», ha assicurato Paolo Gallo, amministratore di Italgas e neo consigliere.Il nuovo consiglio, dodici membri in tutto, tornerà a riunirsi il 5 novembre per la trimestrale, giusto in tempo per raccontare al mercato come procede la luna di miele. Nel frattempo, i dettagli pratici: bilancio approvato, dividendo confermato (0,59 euro, pagamento il 26 novembre) e cambio dei revisori. Ora arriva Pwc.E mentre a Siena e Milano si stappava lo spumante, a poche fermate di metro, in Piazza Gae Aulenti, si apparecchiava un’altra scena. Questa volta non un matrimonio, ma un divorzio annunciato.Dopo quasi dieci anni di convivenza, Unicredit e Amundi stanno per dirsi addio. Niente più champagne, solo calcoli e clausole di uscita. Secondo Bloomberg, la banca guidata da Andrea Orcel sta riducendo rapidamente le masse affidate al gestore francese, con l’obiettivo di azzerarle entro il 2027.Un taglio netto, che comporta penali salate, ma che a conti fatti costa meno delle commissioni previste dall’accordo.L’unione, nata quando Unicredit vendette Pioneer a Parigi, doveva essere un matrimonio di interesse e di lungo corso. Ma come accade spesso in finanza, l’interesse cambia indirizzo velocemente.Oggi Amundi gestisce circa 69 miliardi di euro per Unicredit in Italia, su un totale di 200 miliardi complessivi nel Paese. Una cifra che fa gola, ma non abbastanza per un partner che guarda altrove.Del resto, il rapporto si è incrinato quando Orcel ha provato a corteggiare Banco Bpm, trovandosi di fronte l’opposizione di Crédit Agricole, azionista e controllante di Amundi. Da lì, la gelosia ha fatto il resto. Il titolo Amundi a Parigi, ha perso oltre il 6% in una sola giornata: anche i mercati, a volte, hanno il cuore tenero.Orcel, nel frattempo, continua la sua crociata per costruire «campioni bancari europei». Lo ha ribadito al Made in Italy Summit, lamentando che «si parla troppo e si capisce poco» In Grecia, dice Orcel, Unicredit ha potuto crescere con Alpha; in Germania, invece, Commerzbank resta un miraggio per ragioni politiche. Mentre Mps e Mediobanca si scambiano promesse e buoni propositi, e Unicredit prepara la valigia, la sensazione è che il sistema bancario italiano stia vivendo la sua stagione sentimentale più intensa. Ci si sposa, ci si lascia, si cambiano revisori
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