
Il presidente Usa agli Stati alleati: «Basta comprare petrolio russo e tariffe dal 50% al 100% verso il gigante asiatico per fermare la guerra in Ucraina». Donald punta a dare anche una visione economica al Patto atlantico pur di spezzare il legame Berlino-Pechino.Donald Trump punta a un maggior coinvolgimento dell’Alleanza atlantica nella risoluzione della questione ucraina. «Sono pronto a imporre sanzioni importanti alla Russia, quando tutte le nazioni della Nato avranno concordato e iniziato a fare la stessa cosa, e quando tutte le nazioni della Nato smetteranno di acquistare petrolio dalla Russia», ha dichiarato ieri su Truth. «Come sapete, l’impegno della Nato a vincere è stato di gran lunga inferiore al 100%, e l’acquisto di petrolio russo, da parte di alcuni, è stato scioccante! Indebolisce notevolmente la vostra posizione negoziale e il vostro potere contrattuale sulla Russia», ha aggiunto. Il presidente americano ha anche auspicato che i Paesi dell’Alleanza atlantica impongano «dazi dal 50% al 100% alla Cina», fin quando Mosca non cessi l’invasione dell’Ucraina. «La Cina ha un forte controllo, e persino una presa, sulla Russia, e questi potenti dazi spezzeranno quella presa», ha specificato Trump. Insomma, la linea proposta ai Paesi della Nato dalla Casa Bianca punta a muoversi su due binari: quello del petrolio russo e quello dei dazi a Pechino.Per quanto riguarda il primo, si tratta di un elemento che è già da tempo al centro dell’attenzione del presidente americano. Non a caso, quest’ultimo ha di recente imposto alti dazi all’India, accusandola esplicitamente di comprare petrolio da Mosca. Non solo. Già nel 2018, durante il suo primo mandato, Trump aveva criticato aspramente la Germania, allora guidata daAngela Merkel, per la sua dipendenza dal gas russo. Tornando all’oggi e concentrandoci soltanto sui membri europei dell’Alleanza atlantica, secondo il Centre for research on energy and clean air, i principali acquirenti di combustibili fossili russi a luglio 2025 sono stati: Ungheria, Francia, Slovacchia, Belgio e Spagna. Nel dettaglio, la stessa fonte ha sottolineato che Ungheria e Slovacchia hanno acquistato soprattutto greggio, mentre gli altri tre Paesi si sono concentrati sul gas naturale liquefatto.Spostandoci invece al di fuori del Vecchio Continente ma rimanendo nell’ambito della Nato, va sottolineato che la Turchia è attualmente il terzo principale acquirente di petrolio russo dopo Cina e India. Questa situazione potrebbe portare a degli attriti tra Washington e Ankara proprio in una fase in cui, almeno su alcuni dossier, le due capitali sembrano giocare di sponda. Il punto è che la politica di Recep Tayyip Erdogan continua a rivelarsi improntata a uno spregiudicato realismo: basti pensare che, pur essendo leader di un Paese della Nato, il sultano si è recentemente recato all’ultimo summit della Shanghai cooperation organisation, tenutosi nella città cinese di Tianjin.E veniamo quindi al secondo binario della strategia che Trump auspica dalla Nato: quella di pesanti dazi a Pechino, almeno fin quando Mosca non cessi le ostilità con Kiev. E qui il presidente tocca un nervo scoperto nelle relazioni transatlantiche. È infatti noto come Trump sia irritato dagli stretti legami che alcuni Paesi della Nato intrattengono con Pechino. Tra il 2023 e il 2024, Francia, Germania e Spagna hanno rafforzato i loro rapporti con la Repubblica popolare. Non a caso, quello delle relazioni con Pechino è stato uno dei dossier che hanno dominato i negoziati commerciali tra Washington e Bruxelles. Trump ha infatti sempre auspicato che gli alleati del Vecchio Continente allentassero i loro legami con Pechino, come fatto dall’Italia quando, nel 2023, evitò di rinnovare il controverso memorandum sulla Nuova via della seta. Sarà un caso, ma durante le trattative commerciali tra Stati Uniti e Unione europea, la Francia era il Paese che spingeva maggiormente per la linea dura nei confronti della Casa Bianca: quella stessa Francia che, a fine agosto, si è mostrata aperta a ulteriori investimenti cinesi sul proprio territorio. Non solo. Mercoledì, alcuni funzionari europei hanno espresso freddezza verso la richiesta americana, inoltrata a Bruxelles, di imporre dazi a Cina e India per il loro acquisto di petrolio russo.E attenzione: il nodo non è soltanto economico ma anche, se non soprattutto, geopolitico. L’Ue, ancora oggi, continua a tenere la stessa impostazione che era stata dell’amministrazione Biden: cercare, cioè, di convincere Pechino a «moderare» Mosca sulla crisi ucraina. Peccato che questo approccio si sia già rivelato ampiamente fallimentare. La Repubblica popolare non ha alcun interesse a «moderare» il Cremlino sulla crisi ucraina sia perché vede in questa guerra una forma di pressione sulle relazioni transatlantiche sia perché spera di rendere la Russia più dipendente dall’economia cinese. È del resto proprio per cercare di sfuggire all’abbraccio soffocante con Xi Jinping che Vladimir Putin continua a vendere armamenti all’India e a giocare di sponda con quella Corea del Nord che, al di là della retorica ufficiale, impensierisce Pechino. Ecco che allora quello a cui sta mirando Trump è spingere i Paesi della Nato a uscire dall’ambiguità sia sull’energia sia sui loro rapporti con la Cina. In un certo senso, si tratta di un’esigenza di chiarezza che chiama direttamente in causa il futuro stesso dell’Alleanza atlantica. Il messaggio del presidente americano è chiaro: se vuole avere ancora un senso, la Nato non può più permettersi relazioni troppo strette con la Repubblica popolare cinese. L’atlantismo a parole non sarà più tollerato.
2025-09-14
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