
Csm in affanno per rispettare gli impegni presi dall’ex ministro Cartabia con l’UeNé i soldi, né la comodità del divano di casa. Circa 15.000 euro di incentivi a testa, oltre alla possibilità di fare le sentenze comodamente da casa nel tempo libero, non sono bastati a convincere un numero sufficiente di magistrati a dare una mano nel ridurre il mostruoso arretrato della giustizia civile. Il Csm, e le toghe che tanto sono state critiche sulla riforma della giustizia di Carlo Nordio, sono nuovamente alla ricerca di 500 colleghi da impiegare per ridurre il contenzioso, come da promesse fatte dall’Italia a Bruxelles per avere i soldi del Pnrr. E chi ha incaprettato la giustizia italiana con la Commissione, fissando obiettivi di recupero immaginifici? L’ex ministro Marta Cartabia, la stessa che ai tempi del governissimo di Mario Draghi ha varato una riforma sia del civile sia del penale della quale gli avvocati, recentemente, hanno chiesto l’abolizione tout court (ovviamente dopo il Pnrr). A lanciare il nuovo allarme, ieri, è stato il Sole 24 Ore, svelando che il Csm, sotto la regia del vicepresidente Fabio Pinelli, sta per varare un secondo interpello per reclutare 342 giudici disposti a smaltire da remoto un carico di cause pendenti che ci consenta di avvicinare l’obiettivo di una riduzione del 40% entro giugno 2026. A metà settembre, una prima selezione per 500 posti, rivolta a 2.600 toghe, ha portato a sole 165 assegnazioni, anche perché si è anche verificato un incidente difficilmente prevedibile: oltre 50 domande sono state presentate da magistrati che non si erano resi conto di non avere i requisiti di compatibilità. A questo punto, il Csm, applicando un decreto del ministero, partirà con un secondo interpello per arrivare a quota 500. Non male, per una categoria che ha criticato più volte la riforma Nordio, sostenendo che non basta a ridurre l’arretrato della giustizia civile. Ovvero uno degli scandali che più tiene lontani gli investimenti stranieri, spaventati dall’idea che da noi serva una dozzina di anni anche solo per recuperare una somma da un socio. Un altro elemento singolare, che ai più maliziosi fa addirittura ipotizzare una forma di sciopero bianco contro via Arenula e il governo, è che per dare una mano a smaltire le cause pendenti sono previsti degli incentivi. In media si tratta di circa 15.000 euro a testa, oltre al fatto che verranno riconosciuti dei punti in più per la carriera. L’obiettivo è che ognuno smaltisca 50 cause, per un totale di 25.000 procedimenti in meno. La seconda chiamata è partita il 23 ottobre e si chiude il 3 novembre, ovvero lunedì prossimo. Entro la medesima data, i capi dei tribunali in maggiore affanno dovranno trasmettere al Csm il numero dei procedimenti che aspettano solo di andare a sentenza e che potrebbero essere assegnati ai magistrati in remoto. Tra questi, sono ammessi anche quelli che sono attualmente distaccati presso altre amministrazioni dello Stato. Inoltre, a differenza del primo interpello, adesso si prevedono delle selezioni più legate alle varie materie da decidere. Nella speranza che questo sia più gradito ai volontari.Sempre per smaltire più procedimenti possibili, il Csm ha deciso di affidare ai giudici di pace la trattazione dei procedimenti monocratici in materia di accertamento dello stato di cittadinanza italiana. Si tratta di una forzatura, ma solo temporanea, ovvero fino al 30 giugno 2026. Come andrà il secondo interpello è difficile da prevedere e nessuno si sbilancia. Ci sono delle contrarietà ideologiche da parte di molti magistrati, specie quelli che si riconoscono nella corrente di sinistra di Area, che temono che qualunque intervento (anche temporaneo) che possa sacrificare oralità, territorialità e predeterminazione del giudice. Anche se il processo civile ormai è sempre più documentale e telematico. Va detto che anche l’avvocatura, come si è visto due settimane fa in occasione del Consiglio nazionale forense di Torino, segnala come il processo civile sia ormai snaturato in un «processo senza il processo», come ha riassunto il presidente Francesco Greco.Ancora una volta, l’ombra della Cartabia si allunga sul caos giustizia: fu lei, da ministro, a promettere quel meno 40% di arretrati all’Ue. Se anziché essere una professoressa di diritto costituzionale fosse stata un magistrato (o un avvocato), forse sarebbe stata più prudente.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Su un testo riservato appare il nome del partito creato da Grillo. Dietro a questi finanziamenti una vera internazionale di sinistra.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Nel 1937 l’archeologo francese Fernand Benoit fece una scoperta clamorosa. Durante gli scavi archeologici nei pressi dell’acquedotto romano di Arles, la sua città, riportò alla luce un sito straordinario. Lungo un crinale ripido e roccioso, scoprì quello che probabilmente è stato il primo impianto industriale della storia, un complesso che anticipò di oltre un millennio la prima rivoluzione industriale, quella della forza idraulica.
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Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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