2024-12-31
Così Trump sfrutterà le diverse anime del cattolicesimo Usa
JD Vance e Donald Trump (Ansa)
Da JD Vance, a Marco Rubio, passando per il ruolo chiave di Brian Burch: la fede innerva i gangli della nascente amministrazione di The Donald.Uno degli aspetti che maggiormente contraddistinguono la seconda amministrazione Trump è l’elevato numero di cattolici che ne faranno parte: il vicepresidente JD Vance, il segretario di Stato Marco Rubio, il segretario al Lavoro Lori Chavez-DeRemer, il direttore della Cia John Ratcliffe, l’ambasciatrice all’Onu Elise Stefanik, il segretario alla Salute Robert Kennedy jr, quello all’Istruzione Linda McMahon e l’ambasciatore presso la Santa Sede Brian Burch. Insomma, la componente cattolica è assai significativa. E ciò offre lo spunto per alcune riflessioni.Innanzitutto, alle ultime elezioni, Donald Trump ha conquistato la maggioranza schiacciante del voto cattolico: secondo l’Associated Press, il tycoon si è aggiudicato il 54% contro il 44% di Kamala Harris. Un risultato assai migliore rispetto al 2020, quando Trump aveva di fatto pareggiato nel voto cattolico con Joe Biden. D’altronde, non è che questi dati stupiscano più di tanto. Oltre a essere fortemente abortista, la Harris si era più volte inimicata il mondo cattolico americano. Da senatrice, criticò un candidato giudice per la sua appartenenza all’associazione dei Cavalieri di Colombo, mentre, durante l’ultima campagna elettorale, ha declinato l’invito alla Al Smith Dinner: cena di gala tradizionalmente organizzata dall’arcidiocesi di New York. Senza trascurare che, a poche settimane dal voto, un suo sponsor, come la governatrice dem del Michigan Gretchen Whitmer, postò un video sui social in cui scimmiottava l’eucarestia, mentre indossava un cappellino con scritto «Harris-Walz». Ciò poi non vuol dire che Trump abbia incassato la maggioranza di questo voto soltanto facendo leva sui passi falsi della Harris. Il tycoon ha investito molto sull’elettorato cattolico. E a occuparsene strategicamente è stato soprattutto Burch, che è presidente e cofondatore del gruppo di advocacy Catholic Vote.Un secondo spunto di riflessione riguarda quelli che potranno essere i rapporti tra la seconda amministrazione Trump e la Santa Sede. Qui si delinea una situazione articolata. Da una parte, emergono elementi di potenziale divergenza: dalla linea dura promessa da Trump sull’immigrazione clandestina al controverso accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi. Un accordo che, durante il primo mandato, il tycoon aveva duramente avversato. Dall’altra parte, si scorge un fattore di possibile convergenza tra Trump e papa Francesco: ci riferiamo, in particolare, alla guerra tra Russia e Ucraina. Subito dopo la vittoria elettorale del 5 novembre, il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ha mostrato una cauta apertura nei confronti del presidente americano in pectore. «Ci auguriamo che possa davvero essere un elemento di distensione e di pacificazione negli attuali conflitti che stanno sanguinando il mondo», ha dichiarato. Non è quindi affatto escludibile che la Segretaria di Stato vaticana stia guardando con interesse alla via diplomatica, auspicata da Trump sul dossier ucraino. Tra l’altro, Reuters ha reso noto che l’inviato speciale americano per l’Ucraina, Keith Kellogg, dovrebbe visitare Kiev, Parigi e Roma a inizio gennaio. Sarà inoltre un caso, ma - il 4 dicembre - Viktor Orbán ha avuto un colloquio sull’Ucraina con papa Francesco e Parolin in Vaticano: appena cinque giorni dopo il premier ungherese è stato ricevuto da Trump in Florida.Un terzo e ultimo spunto di riflessione riguarda invece la politica interna statunitense. Trump ha rafforzato i rapporti con alcuni alti esponenti del cattolicesimo d’Oltreatlantico, come il cardinale Timothy Dolan. «Ho già parlato con lui in passato, ed è stato piuttosto schietto, sapete, non può dire di essere stato cresciuto come un cristiano molto zelante, ma prende sul serio la sua fede cristiana», ha detto il porporato il 22 dicembre. E attenzione: per il trumpismo il cattolicesimo non rappresenta soltanto un collante ideologico-culturale alternativo all’estremismo progressista punito alle ultime elezioni presidenziali. Può rivelarsi qualcosa di più.Innanzitutto potrebbe costituire un fattore coesivo e armonico a fronte di una coalizione elettorale, quella che ha riportato Trump alla Casa Bianca, inevitabilmente eterogenea: basti pensare alla recentissima polemica che si è registrata tra quelli che potremmo definire i «trumpisti storici» ed Elon Musk sui visti per i lavoratori altamente specializzati. Sotto questo aspetto, giova ricordare che Carl Schmitt identificava l’essenza del cattolicesimo con una complexio oppositorum e che la stessa Democrazia Cristiana era strutturata per far convivere al suo interno correnti talvolta molto differenti tra loro. In tal senso, la componente cattolica potrebbe essere capace di garantire una convergenza o un compromesso tra istanze anche significativamente diverse. In secondo luogo, il cattolicesimo, soprattutto in America, ha una natura politicamente e socialmente trasversale. Se storicamente i cattolici erano quasi del tutto dem, dagli anni Ottanta la situazione si è fatta più articolata. Un discorso parzialmente analogo vale poi per il lato sociale: il cattolicesimo statunitense non si identifica con un blocco socioeconomico troppo definito. Ecco perché Trump potrebbe ricorrere alla componente cattolica per portare avanti la sua linea socio-politica interclassista, secondo uno spirito forse non poi così distante da quello che animava don Luigi Sturzo. Il che potrebbe rappresentare un fattore decisivo anche per disinnescare, almeno in parte, la polarizzazione che ormai da 15 anni caratterizza la società politica statunitense. Infine, non dimentichiamo che il primo presidente cattolico della storia americana, John F. Kennedy, fu il fautore della Nuova Frontiera. Questo significa che, pur mutatis mutandis, storicamente il cattolicesimo, in America, è anche collegato all’idea di sfida verso il futuro: dalla tecnologia alla diplomazia, passando per la corsa allo spazio. Una prospettiva complessiva, questa, che ha fatto capolino, quando Trump ha paragonato il nuovo Dipartimento per l’efficienza governativa al Progetto Manhattan.Insomma, il cattolicesimo potrebbe rivelarsi un fattore cruciale per decodificare l’evolversi del trumpismo. Un fenomeno che, nonostante continui a essere interpretato da qualcuno attraverso categorie macchiettistiche, è in realtà molto più complesso e solido di quanto possa apparire a prima vista. E, se sarà impostata efficacemente, la crescente ossatura cattolica di cui abbiamo parlato potrebbe garantirgli stabilità, oltreché longevità. A livello interno e internazionale.