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2022-02-13
Il Tour d’Antalya si chiude con l'Italia sul podio
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Passerella doveva essere e passerella è stata per Jacob Hingsdaul Madsen. Il danese in sella all’Uno X Pro Cycling Team si è laureato campione del Tour d’Antalya chiudendo al primo posto la classifica generale grazie al punteggio di. Sul secondo gradino del podio della classifica generale è salito il nostro Alessandro Fedeli del team italorusso Gazprom-Rusvelo. Terzo il lussemburghese Luc Wirtgen del Bingoal Pauwels Sauces Wb. Di fatto è la replica del podio della terza e decisiva, possiamo dire a questo punto, tappa della corsa.
Madsen, infatti, si è costruito un bel pezzetto di vittoria con la scalata di ieri a Termessos, vera tappa spartiacque del Tour e sliding doors per Fedeli. Il corridore italiano della Gazprom-Rusvelo ha chiuso al secondo posto nella classifica generale così come nella terza tappa, dove si è giocato tutto fino all’ultima curva nonostante un guasto al cambio della bici. Senza quell’imprevisto avrebbe potuto sicuramente ambire al gradino più alto de podio. Ed è lui stesso ad ammetterlo alla fine della gara: «C'è un po' di amaro in bocca perché la giornata di ieri è stata un po' sfortunata per la rottura del cambio e la chiusura un po' stretta dell'ultima curva. In una situazione normale avrei pensato di giocarmela molto meglio, ma è andata così e sono contento uguale». La quarta e ultima tappa, che si è sviluppata attorno alla città di Antalya attraverso un percorso lungo 162,1 chilometri, ha visto la fuga di tre corridori dopo i primi 10 chilometri: l'americano della Human Powered Health Kyle Peter Murphy, l'olandese della Abloc Ct Meindert Weulink e l'italiano del team Bardiani-Csf-Fainzanè Alessandro Tonelli. Dopo metà gara Weulink si è staccato e ha raggiunto il distacco massimo dal resto del gruppo, trainato dall'Uno X Pro Cycling Team, di 3'30''. L'olandese dell'Abloc Ct non è riuscito però a mantenere quel ritmo e così a 30 chilometri dal traguardo è stato riagguantato dal resto del gruppo. Da qui è subentrata un'altra azione: questa volta firmata dal corridore della Nazionale tedesca Pirmin Benz, dal belga della Saris Rouvy Sauerland Team Abram Stockman e dall'irlandese della Wiv Sungod Matthew Teggart. I tre hanno tentato una fuga portandosi a poco più di un minuto di vantaggio dal resto del gruppo, ma sono stati ripresi a 10 chilometri dalla fine. Entrati negli ultimi 3 chilometri De Kleijn ha tentato l'affondo finale ma a 200 metri dalla linea del traguardo si è visto sorpassare da Mareczko tra gli applausi e la festa della gente di Antalya. Nella classifica finale della quarta e ultima tappa, oltre a Malucelli terzo, da segnalare anche il quarto posto di Enrico Zanoncello, del team Bardiani-Csf-Fainzanè.
Chiude con un bilancio più che positivo, anche se puntava legittimamente a qualcosa di più, Matteo Malucelli, compagno di squadra di Fedeli, che si è reso protagonista, dopo la vittoria della prima tappa, della volata finale ad Antalya con il terzo posto alle spalle dell'olandese del team Human Powered Health Arvid De Kleijn e del connazionale Jakub Mareczko, nato in Polonia a Jaroslav, ma cresciuto in Italia, a Raffa di Puegnago del Garda nel Bresciano. Anche per il corridore italiano dell'Alpecin-Fenix è stato un Tour d'Antalya tutto sommato positivo che lo ha visto salire due volte sul podio (secondo nella tappa d'esordio da Side ad Antalya e primo in quella finale) e conquistare la maglia Gialla finale che lo premia come miglior sprinter del Tour. Gli altri premi, oltre alla maglia Magenta conquistata ovviamente dal vincitore Madsen, sono andati al britannico della Wiv Sungod Jacob Scott, maglia Verde per la consapevolezza ai cambiamenti climatici, e al ceco del Team Felbermayr Simplon Wels Daniel Turek, maglia Orange in qualità di miglior scalatore. Dopo la cerimonia di premiazione, tenutasi in Piazza della Repubblica con la presenza delle autorità, il ministro della Gioventù e dello Sport, Mehmet Muharrem Kasapoğlu, il governatore di Antalya Ersin Yazıcı, il sindaco di Muratpaşa Ümit Uysal, il sindaco della municipalità metropolitana di Antalya Muhittin Insect, il presidente della Federazione ciclistica turca Emin Müftüoğlu, il presidente del consiglio di amministrazione di Corendon Airlines Yıldıray Karaer, il presidente di Touristica Burak Tombul e il direttore generale di Froport Tav Antalya Deniz Varol, Madsen ha raggiunto la conferenza stampa dove ha potuto finalmente esternare tutta la sua gioia per la vittoria: «È difficile da credere. Per me è stato il primo tour vinto, ma spero non sia l'ultimo» - ha confessato il danese della Uno X Pro Cycling Team - «La gara è iniziata con un buon inizio. Molte squadre hanno lavorato per ottenere la fuga, ma il mio team è riuscito a controllato molto bene i nostri avversari. Abbiamo fatto un ottimo lavoro. Nell'ultima parte era necessario stare vicini ai primi e ce l'abbiamo fatta. Sono molto felice». Il nome di Madsen va ad aggiungersi nell'albo del Tour d'Antalya a quelli del russo Artem Ovechkin, vincitore nel 2018, del polacco Szymon Rekita, campione nel 2019, e del britannico Max Stedman, primo nel 2020.
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Alessandro Fedeli del team Gazprom-Rusvelo chiude secondo alle spalle del danese Jacob Hindsgaul Madsen (Uno X Pro Cycling Team). Matteo Malucelli protagonista della volata finale con il terzo posto dietro all'italo-polacco Jakub Mareczko (Alpecin-Fenix) e Arvid De Kleijn (Human Powered Health). Passerella doveva essere e passerella è stata per Jacob Hingsdaul Madsen. Il danese in sella all’Uno X Pro Cycling Team si è laureato campione del Tour d’Antalya chiudendo al primo posto la classifica generale grazie al punteggio di. Sul secondo gradino del podio della classifica generale è salito il nostro Alessandro Fedeli del team italorusso Gazprom-Rusvelo. Terzo il lussemburghese Luc Wirtgen del Bingoal Pauwels Sauces Wb. Di fatto è la replica del podio della terza e decisiva, possiamo dire a questo punto, tappa della corsa. Madsen, infatti, si è costruito un bel pezzetto di vittoria con la scalata di ieri a Termessos, vera tappa spartiacque del Tour e sliding doors per Fedeli. Il corridore italiano della Gazprom-Rusvelo ha chiuso al secondo posto nella classifica generale così come nella terza tappa, dove si è giocato tutto fino all’ultima curva nonostante un guasto al cambio della bici. Senza quell’imprevisto avrebbe potuto sicuramente ambire al gradino più alto de podio. Ed è lui stesso ad ammetterlo alla fine della gara: «C'è un po' di amaro in bocca perché la giornata di ieri è stata un po' sfortunata per la rottura del cambio e la chiusura un po' stretta dell'ultima curva. In una situazione normale avrei pensato di giocarmela molto meglio, ma è andata così e sono contento uguale». La quarta e ultima tappa, che si è sviluppata attorno alla città di Antalya attraverso un percorso lungo 162,1 chilometri, ha visto la fuga di tre corridori dopo i primi 10 chilometri: l'americano della Human Powered Health Kyle Peter Murphy, l'olandese della Abloc Ct Meindert Weulink e l'italiano del team Bardiani-Csf-Fainzanè Alessandro Tonelli. Dopo metà gara Weulink si è staccato e ha raggiunto il distacco massimo dal resto del gruppo, trainato dall'Uno X Pro Cycling Team, di 3'30''. L'olandese dell'Abloc Ct non è riuscito però a mantenere quel ritmo e così a 30 chilometri dal traguardo è stato riagguantato dal resto del gruppo. Da qui è subentrata un'altra azione: questa volta firmata dal corridore della Nazionale tedesca Pirmin Benz, dal belga della Saris Rouvy Sauerland Team Abram Stockman e dall'irlandese della Wiv Sungod Matthew Teggart. I tre hanno tentato una fuga portandosi a poco più di un minuto di vantaggio dal resto del gruppo, ma sono stati ripresi a 10 chilometri dalla fine. Entrati negli ultimi 3 chilometri De Kleijn ha tentato l'affondo finale ma a 200 metri dalla linea del traguardo si è visto sorpassare da Mareczko tra gli applausi e la festa della gente di Antalya. Nella classifica finale della quarta e ultima tappa, oltre a Malucelli terzo, da segnalare anche il quarto posto di Enrico Zanoncello, del team Bardiani-Csf-Fainzanè. Chiude con un bilancio più che positivo, anche se puntava legittimamente a qualcosa di più, Matteo Malucelli, compagno di squadra di Fedeli, che si è reso protagonista, dopo la vittoria della prima tappa, della volata finale ad Antalya con il terzo posto alle spalle dell'olandese del team Human Powered Health Arvid De Kleijn e del connazionale Jakub Mareczko, nato in Polonia a Jaroslav, ma cresciuto in Italia, a Raffa di Puegnago del Garda nel Bresciano. Anche per il corridore italiano dell'Alpecin-Fenix è stato un Tour d'Antalya tutto sommato positivo che lo ha visto salire due volte sul podio (secondo nella tappa d'esordio da Side ad Antalya e primo in quella finale) e conquistare la maglia Gialla finale che lo premia come miglior sprinter del Tour. Gli altri premi, oltre alla maglia Magenta conquistata ovviamente dal vincitore Madsen, sono andati al britannico della Wiv Sungod Jacob Scott, maglia Verde per la consapevolezza ai cambiamenti climatici, e al ceco del Team Felbermayr Simplon Wels Daniel Turek, maglia Orange in qualità di miglior scalatore. Dopo la cerimonia di premiazione, tenutasi in Piazza della Repubblica con la presenza delle autorità, il ministro della Gioventù e dello Sport, Mehmet Muharrem Kasapoğlu, il governatore di Antalya Ersin Yazıcı, il sindaco di Muratpaşa Ümit Uysal, il sindaco della municipalità metropolitana di Antalya Muhittin Insect, il presidente della Federazione ciclistica turca Emin Müftüoğlu, il presidente del consiglio di amministrazione di Corendon Airlines Yıldıray Karaer, il presidente di Touristica Burak Tombul e il direttore generale di Froport Tav Antalya Deniz Varol, Madsen ha raggiunto la conferenza stampa dove ha potuto finalmente esternare tutta la sua gioia per la vittoria: «È difficile da credere. Per me è stato il primo tour vinto, ma spero non sia l'ultimo» - ha confessato il danese della Uno X Pro Cycling Team - «La gara è iniziata con un buon inizio. Molte squadre hanno lavorato per ottenere la fuga, ma il mio team è riuscito a controllato molto bene i nostri avversari. Abbiamo fatto un ottimo lavoro. Nell'ultima parte era necessario stare vicini ai primi e ce l'abbiamo fatta. Sono molto felice». Il nome di Madsen va ad aggiungersi nell'albo del Tour d'Antalya a quelli del russo Artem Ovechkin, vincitore nel 2018, del polacco Szymon Rekita, campione nel 2019, e del britannico Max Stedman, primo nel 2020.
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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