È partito oggi a Side la quarta edizione della competizione ciclistica più importante d’Anatolia dopo il Giro di Turchia. La prima delle quattro tappe porta la firma del forlivese Matteo Malucelli in sella al team Gazprom Rusvelo. Beffato in volata il rivale dell'Alpecin-Fenix, Jakub Marek Mareczko. Domani il secondo stage con 183,3 chilometri da Kemer ad Antalya.
È partito oggi a Side la quarta edizione della competizione ciclistica più importante d’Anatolia dopo il Giro di Turchia. La prima delle quattro tappe porta la firma del forlivese Matteo Malucelli in sella al team Gazprom Rusvelo. Beffato in volata il rivale dell'Alpecin-Fenix, Jakub Marek Mareczko. Domani il secondo stage con 183,3 chilometri da Kemer ad Antalya.Non poteva esserci inizio migliore per i colori azzurri al Tour d'Antalya 2022. L’evento ciclistico più importante del Paese dopo il Giro di Turchia ha visto trionfare nella prima tappa, 144,5 chilometri da Side ad Antalya, Matteo Malucelli. Il corridore forlivese del team italo-russo Gazprom Rusvelo ha chiuso il percorso con uno sprint che ha beffato in volata il polacco Jakub Marek Mareczko dell'Alpecin-Fenix (Belgio) e l'estone Karl Patrick Lauk del team Bingoal Pauwels Sauces (Belgio).Questa prima tappa del Tour d'Antalya era per velocisti e infatti, dopo la partenza tra le mura e le rovine antiche della città di Side, che ha fatto da suggestiva cornice all'avvio della gara, si è risolta quasi al fotofinish in volata con il gruppone guidato da Malucelli e Mareczko. «La tappa è stata molto nervosa per il vento, però è andato tutto per il meglio» ha commentato Malucelli a cui è andata anche la Maglia Magenta. «Gli ultimi 40 chilometri sono stati velocissimi perché c'era vento favorevole e abbiamo fatto un bel lavoro. Siamo quasi sempre stati davanti e abbiamo corso pochi rischi. La squadra negli ultimi 10-15 chilometri ha fatto un gran lavoro e devo ringraziare tutti i miei compagni perché sono stati perfetti, mi hanno lasciato gli ultimi 200 metri in testa ed è stata una volata tirata fino alla fine con Mareczko. Alla fine per fortuna siamo arrivati noi un po' prima all'arrivo». A margine della gara, il corridore di Forlì racconta poi com'è stato il percorso di avvicinamento e di preparazione a questo appuntamento che fa parte del calendario dell'Uci Europe Tour, uno dei cinque circuiti continentali di ciclismo dell'Unione Ciclistica Internazionale e che si inserisce in un contesto europeo che ogni anno si compone di 190 corse in tutto il continente. «L'anno scorso ho avuto il Covid e ho sofferto tanto. Quest'anno è stata una bella preparazione con due ritiri con la squadra, abbiamo lavorato, abbiamo provato le volate e sono tornato a casa dall'ultimo ritiro con una buona condizione e gli ultimi 15 giorni sono stato chiuso in casa come un monaco perché avevo paura di riprendere il Covid». Sugli obiettivi e le ambizioni a questo Tour d'Antalya, dopo esser uscito allo scoperto con la volata che gli è valsa la prima tappa, Malucelli tiene alta la concentrazione, ma non nasconde sogni di gloria: «Era la prima gara qui in Turchia per me e i miei compagni e siamo venuti qui con la speranza di fare bene. Chiaro che c'era il pensiero di vincere subito il primo giorno, ma sappiamo tutti che vincere è difficile. L'obiettivo è quello di vincere più corse possibile sempre, chiaro che è difficile, però partire con una vittoria rende la stagione più facile per me e soprattutto per la squadra perché loro sono più tranquilli e sappiamo che possiamo fare bene».Domani la seconda tappa di 183,3 chilometri - la più lunga delle quattro - con partenza da Kemer alle 11 e arrivo ad Antalya previsto attorno alle 16. Dopo l'assaggio dell'esordio si comincia a fare sul serio con un percorso che offre un saliscendi con quattro salite, la più alta a quota 574 metri. «Nella tappa di domani ho visto l'altimetria e i primi 100 chilometri sono un po' impegnativi, vedremo la squadra cosa vuole fare e soprattutto il gruppo cosa vuole fare» avvisa il titolare della Maglia Magenta Malucelli, che nella conferenza stampa del post gara confida: «Negli ultimi anni avevo perso un po' di confidenza con me stesso perché avevo provato a migliorare in salita ed ero peggiorato in volata e quest'inverno ho lavorato tanto sulle volate per tornare in sprint e avevo bisogno di un risultato nelle gare per essere sicuro di aver lavorato bene».In gara in Turchia c'è tanta altra Italia con la presenza di tre squadre. Il team Bardiani Csf Faizanè guidato dal direttore sportivo Mirko Rossato e che può contare sul velocista Enrico Zanoncello, ma anche su Alessio Martinelli, Martin Marcellusi, Alessio Nieri, Alex Tolio, Alessandro Tonelli e lo spagnolo Iker Bonillo Martin. Il team Drone Hopper Androni Giocattoli con Edoardo Zardini, Filippo Tagliani, Simone Ravanelli, Umberto Marengo, Alessandro Bisolti, l'argentino Eduardo Sepulveda e il norvegese Trym Holther. Il team Eolo Kometa, che nel suo staff ha uomini come Alberto Contador e Ivan Basso, schiera Davide Bais, Simone Bevilacqua, Giovanni Lonardi, Samuele Rivi, lo spagnolo David Martin Romero e l'ungherese Marton Dina.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Fu il primo azzurro a conquistare uno Slam, al Roland Garros del 1959. Poi nel 1976, da capitano non giocatore, guidò il team con Bertolucci e Panatta che ci regalò la Davis. Il babbo era in prigionia a Tunisi, ma aveva un campo: da bimbo scoprì così il gioco.
La leggenda dei gesti bianchi. Il patriarca del tennis. Il primo italiano a vincere uno slam, il Roland Garros di Parigi nel 1959, bissato l’anno dopo. Se n’è andato con il suo carisma, la sua ironia e la sua autostima Nicola Pietrangeli: aveva 92 anni. Da capitano non giocatore guidò la spedizione in Cile di Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli che nel 1976 ci regalò la prima storica Coppa Davis. Oltre a Parigi, vinse due volte gli Internazionali di Roma e tre volte il torneo di Montecarlo. In totale, conquistò 67 titoli, issandosi al terzo posto della classifica mondiale (all’epoca i calcoli erano piuttosto artigianali). Nessuno potrà togliergli il record di partecipazioni (164, tra singolo e doppio) e vittorie (120) in Coppa Davis perché oggi si disputano molti meno match.
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Il presidente Gianni Tessari: «Abbiamo creato una nuova Doc per valorizzare meglio il territorio. Avremo due etichette, una per i vini rifermentati in autoclave e l’altra per quelli prodotti con metodo classico».
Si è tenuto la settimana scorsa all’Hotel Crowne Plaza di Verona Durello & Friends, la manifestazione, giunta alla sua 23esima edizione, organizzata dal Consorzio di Tutela Vini Lessini Durello, nato giusto 25 anni fa, nel novembre del 2000, per valorizzare le denominazioni da esso gestite insieme con altri vini amici. L’area di pertinenza del Consorzio è di circa 600 ettari, vitati a uva Durella, distribuiti sulla fascia pedemontana dei suggestivi monti della Lessinia, tra Verona e Vicenza, in Veneto; attualmente, le aziende associate al Consorzio di tutela sono 34.
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)
Un mio profilo è stato cancellato quando ho pubblicato dati sanitari sulle pratiche omoerotiche. Un altro è stato bloccato in pandemia e poi eliminato su richiesta dei pro Pal. Ne ho aperto un terzo: parlerò dei miei libri. E, tramite loro, dell’attualità.
Se qualcosa è gratis, il prodotto siamo noi. Facebook è gratis, come Greta è pro Lgbt, pro vax, anzi anti no vax, e pro Pal. Se sgarri, ti abbatte. Il mio primo profilo Facebook con centinaia di migliaia di follower è stato cancellato qualche anno fa, da un giorno all’altro: avevo riportato le statistiche sanitarie delle persone a comportamento omoerotico, erroneamente chiamate omosessuali (la sessualità è una funzione biologica possibile solo tra un maschio e una femmina). In particolare avevo riportato le statistiche sanitarie dei maschi cosiddetti «passivi».







