2019-02-28
Torino, caccia allo sgozzatore: «È africano»
Un testimone avrebbe fornito indicazioni preziose per individuare l'assassino di Stefano Leo, accoltellato alla gola senza apparente motivo sul Lungo Po: si cerca un uomo muscoloso, probabilmente di origine straniera. Per gli inquirenti può essere uno squilibrato.La chioma a doppio taglio folta e riccia, forse rasta, raccolta e annodata sulla nuca. Ai lati una rasatura da boxeur. Fisico muscoloso ma asciutto. Carnagione scura. Con molta probabilità un africano o un nordafricano. L'identikit fornito da un testimone ha messo su questa pista i carabinieri che indagano sull'omicidio di Stefano Leo, 33 anni, aggredito e accoltellato alla gola sabato mattina ai piedi di una scalinata che sbuca sui murazzi di lungo Po Cadorna a Torino. Gli investigatori stanno cercando conferme a quella dichiarazione nei video delle telecamere installate lungo le strade che si diramano dal lungo Po. L'unica telecamera del circuito di sicurezza pubblica all'ora del delitto (poco dopo le 11 di sabato) ha ripreso un uomo con le caratteristiche del sospettato correre verso piazza Vittorio, stringendo una busta tra le mani. Da quel momento, però, si sono perse le tracce. L'indicazione del testimone viene comunque considerata esatta con elevata probabilità, proprio perché l'uomo descritto è stato anche ripreso nel video. «Un riscontro oggettivo», sottolineano gli investigatori. L'assassino, che si è allontanato con nonchalance, indossava un giubbotto chiaro con una scritta rossa sul davanti. O qualcosa di simile a una scritta, forse un logo. Il testimone ha riferito di averlo inquadrato per bene con lo sguardo solo per pochi istanti, prima che la sa sua attenzione venisse catalizzata dal ragazzo che barcollava stringendosi le mani attorno alla gola. Dall'atteggiamento dell'uomo indicato dal testimone, quindi, è possibile ricavare un'altra indicazione: l'assassino potrebbe essere uno sbandato dal carattere irascibile, verosimilmente squilibrato. In gergo tecnico: «Soggetto psicotico, che si sente sempre minacciato dal mondo esterno e che è sempre pronto a difendersi». È il profilo tracciato dal criminologo torinese Fabrizio Russo. E siccome «l'impulso paranoico», spiega, «si può attivare in qualsiasi momento in uno stato di forte angoscia, davanti a certi dettagli, come possono essere i capelli rasati o il giubbotto mimetico, e a determinati atteggiamenti», l'assassino è da considerare pericoloso. L'abilità con cui ha maneggiato l'arma, poi, fa pensare a un passato da militare o comunque a qualcuno che sappia utilizzare le armi. La vittima non ha avuto neanche il tempo tentare una difesa: il taglio netto alla gola (molto regolare e fatta dall'alto verso il basso) con una lama affilatissima glielo ha impedito, recidendo perfino la trachea. L'arma del delitto potrebbe, quindi, essere un grosso pugnale di tipo militare. L'assassino si sarebbe subito dileguato, prendendo un tram o un bus per allontanarsi dalla zona. L'aggressione a scopo di rapina è stata esclusa da subito. Stefano aveva ancora con sé lo zainetto Invicta con il quale era uscito di casa, il suo telefono cellulare, il portafogli in tasca e gli occhiali da sole. L'assassino, che non ha portato via nulla, quindi, ha colpito senza un apparente motivo. Ecco perché investigatori ed esperti ritengono che il movente sia da ricercare in un impulso paranoico. Stefano potrebbe essersi semplicemente trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Il giovane, originario di Biella, si era trasferito da poco nel capoluogo, dove aveva trovato lavoro nel negozio Kway. Nella sua vita apparentemente nessuna ombra: si era trasferito in Australia dopo la laurea in giurisprudenza e da qualche anno era tornato in Italia. Aveva amici che lo stimavano e una vita molto comune. Dal primo profilo vittimologico tracciato, insomma, non emergono particolari che potrebbero far pensare a un regolamento di conti o a cose di questo tipo. Al momento vengono esclusi anche moventi di tipo passionale. Il Corriere di Torino, che è riuscito a ricostruire il racconto del testimone, ipotizza un litigio innescato da una fotografia scattata con lo smartphone. L'uomo sospettato, infatti, stando al racconto del teste, si sarebbe rivolto nei suoi confronti in modo aggressivo intimandogli di non fotografarlo. «Mi sono allontanato in fretta, perché non volevo grane», avrebbe detto. Il diverbio (ma è una congettura al momento non confermata da alcuna fonte ufficiale) potrebbe essersi ripetuto anche con Stefano. La vittima avrebbe incontrato il sospettato pochi istanti. E siccome quando sono arrivati gli investigatori sulla scena del crimine, Stefano indossava ancora gli auricolari, è possibile ipotizzare che abbia tirato fuori dalla tasca il telefono cellulare. Il gesto, a quel punto, potrebbe aver armato la mano dell'assassino, che gli si sarebbe fiondato addosso, sgozzandolo con il pugnale a doppia lama liscia. Nonostante la ferita letale, Stefano è riuscito a percorrere una sessantina di metri a piedi per cercare aiuto. Poi si è accasciato a terra ed è morto in una pozza di sangue prima dell'arrivo dei soccorsi. E ora è caccia all'uomo.