2025-11-15
Tre strade (senza uscita) per finanziare Kiev
L’Ue vuole sovvenzionare l’Ucraina con altri 140 miliardi, ma non sa da dove tirarli fuori. Sul rischioso uso degli asset russi confiscati c’è il muro del Belgio, mentre l’indebitamento della Commissione o degli Stati esporrebbe troppo mercati e bilanci.«Le esigenze di finanziamento dell’Ucraina non sono solo elevate, ma anche urgenti». Sono state queste le inequivocabili parole del Commissario Ue, Valdis Dombrovskis, in occasione della conferenza stampa di giovedì dopo il Consiglio Ecofin.Sono passate alcune settimane dall’ultimo Consiglio europeo del 23 ottobre - quando il Belgio ha bloccato tutto - e ne mancano poche altre al prossimo incontro dei capi di governo previsto per il prossimo 18-19 dicembre. Il tempo scorre inesorabilmente e le soluzioni sul tavolo sono sempre quelle, tutte con i loro pro e i loro contro, divisivi e paralizzanti. Il compito che il 23 ottobre ha ricevuto dalla Commissione non lascia spazio a dubbi. Un secco invito a «presentare, quanto prima, opzioni di sostegno finanziario sulla base di una valutazione delle esigenze di finanziamento dell’Ucraina». Coinvolgendo anche il Consiglio «a portare avanti i lavori, affinché il Consiglio europeo torni sulla questione nella prossima riunione».Ecco perché giovedì Dombrovskis ha avuto il compito di raccogliere gli orientamenti dei ministri dell’Economia degli Stati membri e, dal tono delle sue dichiarazioni, sembra che l’unica certezza sia che l’Ucraina ha bisogno di 140 miliardi e che la Ue deve fornirli, anche in fretta. Come? Si brancola nel buio. Nel senso che tutte le tre opzioni sul tavolo hanno tali e tante controindicazioni che, qualsiasi cosa sarà decisa il 19 dicembre, nessuno sarà soddisfatto. Anche perché si tratta di una somma enorme, considerato che finora la Ue ha fornito sostegno finanziario diretto al bilancio ucraino per circa 63 miliardi (di cui 18 appena versati) e aiuti complessivi di varia natura per circa 190 miliardi.Allora le parole del Commissario servono a comprendere che l’opzione che ha ancora le maggiori probabilità di successo è quella che prevede il coinvolgimento degli asset russi sequestrati. Che però è proprio quella su cui il vertice di ottobre si è arenato. Infatti il Belgio - dove ha sede il depositario Euroclear che gestisce circa 190 miliardi tra riserve della banca centrale russa e altri soggetti - è stato irremovibile sulla necessità di ricevere garanzie da parte di tutti gli Stati membri per non rimanere esposto alle ritorsioni russe nei tribunali internazionali.Il rischio è alto perché questa volta si tratta di appropriarsi materialmente del capitale dei russi, non solo dei proventi. Le bozze che circolano da settimane prevedono che Euroclear versi alla Ue 140 miliardi di fondi russi, affinché quest’ultima possa prestarli (a condizioni molto agevolate, di fatto un sussidio) all’Ucraina. Il rimborso di tale prestito da parte di Kiev avverrà se e quando Mosca pagherà le riparazioni per i danni di guerra. E qui sorgono due diversi problemi. Il primo è che se le sanzioni che la Ue ha varato per sequestrare gli asset russi non fossero prorogate di semestre in semestre, la Russia avrebbe titolo per reclamare il proprio denaro che però nel frattempo non è più nella disponibilità di Euroclear. Da qui la necessità per i belgi di avere una garanzia da parte di tutti gli Stati membri (ma Ungheria e Slovacchia si sono già chiamate fuori) per reggere l’urto finanziario di tale richiesta. L’altro problema è quello dell’eventuale e probabile rifiuto russo di pagare le riparazioni per i danni di guerra, evento che metterebbe l’Ucraina nell’impossibilità di restituire il prestito alla Ue e, ancora una volta, lasciare la Ue scoperta verso Euroclear e quest’ultima verso il creditore russo. Il non banale vantaggio di tale soluzione sarebbe quello, come ha sottolineato Dombrovskis, di non «imporre oneri fiscali aggiuntivi sostanziali agli Stati membri». Ma questo solo nell’immediato. Perché se Euroclear soccombesse in giudizio alle richieste russe, metterebbe all’incasso la cambiale che la Ue dovrà necessariamente firmare da subito. E allora gli Stati membri dovranno contribuire con i rispettivi bilanci. Quelle che Dombrovskis ha derubricato come «preoccupazioni residue» su cui si sta concentrando il lavoro della Commissione, sono tuttora un macigno (anche se differito) sui conti pubblici. Il fatto che tale garanzia a partire dal 2028 si trasferisca a carico del bilancio Ue non cambia sostanzialmente nulla, per l’ovvio motivo che tale bilancio è comunque finanziato dagli Stati membri, con conseguente e identico impatto sui conti nazionali.Se questo resta il piano principale, il Commissario lettone si è soffermato anche sulle alternative. La prima è l’indebitamento della Commissione sui mercati, emettendo titoli, per poi girare i proventi a Kiev. Ma, poiché l’Ucraina nel breve termine non pagherebbe interessi, questi rimarrebbero a carico degli Stati membri nella misura di circa 5,6 miliardi all’anno (di cui 675 milioni a carico dell’Italia). Inoltre, un’emissione così massiccia in poco tempo (la Ue ha emesso 930 miliardi dal 2020) potrebbe mettere i mercati obbligazionari in tensione e far aumentare i tassi.Un’altra opzione sarebbe quella di porre a carico degli Stati membri - almeno quelli disponibili - l’erogazione di prestiti bilaterali (così a lungo termine da essere di fatto sussidi). Qualcosa di simile a quanto già accaduto con la Grecia nel 2010-2012, con l’Italia tuttora esposta per circa 8 miliardi sugli 11 iniziali e rimborsi previsti dopo il 2030 e oltre. Ma qui l’impatto sulla finanza pubblica sarebbe immediato e significativo con - a detta della Commissione stessa - necessità di «aggiustamenti fiscali in alcuni Stati membri». Insomma, più tasse e/o minori spese per gli italiani. Un’operazione politicamente suicida, prima ancora che finanziariamente problematica.
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti (Ansa)