Mercato deluso perché la successione non è stata immediata. I candidati più accreditati sono François (Fiat), Imparato (Alfa Romeo) e De Meo (Renault). Analisti divisi.
Mercato deluso perché la successione non è stata immediata. I candidati più accreditati sono François (Fiat), Imparato (Alfa Romeo) e De Meo (Renault). Analisti divisi.In molti, domenica sera, avevano sperato che l’addio di Carlos Tavares spingesse al rialzo il titolo Stellantis. Invece il rinvio della nomina del successore a metà 2025 ha creato instabilità, con il titolo che ha toccato un calo del 8% prima di chiudere in calo del 6,3% a quota 11,7 euro. Mai così giù da due anni. Stellantis ha garantito che il processo di selezione del nuovo amministratore delegato è in fase avanzata. Nel frattempo, il comitato esecutivo ad interim, presieduto da John Elkann, gestirà la società, con l’aggiunta di Richard Palmer, ex direttore finanziario del gruppo, come special advisor.Le speculazioni sulla successione vedono tre possibili candidati: Olivier François, responsabile del marchio di Fiat, Jean-Philippe Imparato, capo di Alfa Romeo, e Luca de Meo, attuale ad di Renault. Sarebbe una sorta di ritorno a casa considerando la precedente esperienza in Fca al fianco di Sergio Marchionne. La situazione di incertezza riguarda anche le politiche industriali del gruppo. Mentre i sindacati, la maggioranza e l’opposizione chiedono un chiarimento sulla centralità dell’Italia nel futuro di Stellantis, il ministro Adolfo Urso ha già convocato un incontro con la società per il 17 dicembre.Tuttavia, l’addio di Tavares è stato interpretato negativamente anche da alcuni analisti, che evidenziano divergenze interne alla gestione del gruppo, in particolare riguardo la strategia sull’elettrico e la gestione delle vendite in Nord America. In un momento di grande incertezza, gli occhi sono puntati sulla capacità del nuovo ad di affrontare le sfide a venire.Non tutti gli osservatori però sono negativi: Goldman Sachs ribadisce il giudizio positivo sul titolo con un prezzo obiettivo di 16 euro. Meno ottimista Barclays, che ha quasi dimezzato il target price a 12,5 euro così come Bernstein, che lo ha ribassato da 18 a 11 euro (praticamente al livello odierno). Se Jefferies sottolinea come l’addio di Tavares arrivi in un momento in cui Stellantis è attesa da alcune «decisioni critiche» , Morgan Stanley si pone la domanda su quale sarà la strategia in arrivo. Banca Akros parla di una notizia «molto negativa e del tutto inaspettata». Equita spiega l’addio con un mix micidiale di divergenze. Intermonte guarda al successore di Tavares, indicando la possibilità di cercarlo «nel settore auto (un profilo esterno sarebbe negativo) e con forte conoscenza del Nord America».
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
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