Il Carroccio non ritira l’emendamento che consente un’ulteriore candidatura ai governatori: il testo sarà votato in commissione Affari costituzionali. Contrari Fdi e Fi: vogliono mantenere il vincolo di due. Ennesima retromarcia del Pd, che pensa di sostenerlo.
Il Carroccio non ritira l’emendamento che consente un’ulteriore candidatura ai governatori: il testo sarà votato in commissione Affari costituzionali. Contrari Fdi e Fi: vogliono mantenere il vincolo di due. Ennesima retromarcia del Pd, che pensa di sostenerlo.La Lega, nonostante il pressing di Fratelli d’Italia e Forza Italia, tira dritto e non ritira l’emendamento al dl elezioni, che chiede di consentire il terzo mandato ai presidenti di Regione, in commissione Affari costituzionali del Senato. La proposta di modifica è stata dichiarata ammissibile dal presidente della commissione, Alberto Balboni di Fratelli d’Italia. Il governo non ha espresso pareri: «Ci sono i due emendamenti che riguardano il terzo mandato», ha detto Balboni al termine di una riunione di maggioranza, «su cui restano diversità di opinione legittime fra la Lega, che mantiene gli emendamenti su governatori e sindaci delle grandi città, e Fi e Fdi. Senza drammi, abbiamo preso atto che nella commissione l’opinione prevalente è un’altra: i gruppi di Fdi, Fi e Noi Moderati sono per mantenere il vincolo del secondo mandato. In commissione ciascuno sarà libero di esprimere il voto secondo il proprio convincimento. Se a livello superiore i vertici dei quattro partiti della maggioranza dovessero arrivare a una sintesi, ovviamente questa sarebbe valutata e accettata nel momento in cui ci verrà comunicata. A oggi non c’è alcuna comunicazione. La votazione? Siamo in attesa dei pareri della commissione Bilancio che non è detto che arrivino in questa settimana», sottolinea Balboni, «se non arrivano, slittiamo alla prossima. Noi, tuttavia, siamo già pronti». Il parere «non ostativo» della commissione Bilancio del Senato è arrivato ieri, quindi domani gli emendamenti dovrebbero essere posti in votazione, anche se, a quanto apprende La Verità da fonti molto bene informate, potrebbe esserci comunque uno slittamento alla settimana prossima.Del resto, evitare una spaccatura nel centrodestra a ridosso delle Regionali in Sardegna di domenica prossima è consigliabile, considerato che la partita si gioca all’ultimo voto e oggi a Cagliari Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani saranno sullo stesso palco per sostenere il candidato di Fdi, Paolo Truzzu, che sfida Lucia Chessa con la lista Sardigna R-esiste, Renato Soru per la Coalizione sarda e Alessandra Todde per il campo largo con Pd e M5s. Un accordo politico il centrodestra dovrà comunque trovarlo prima del voto in commissione: se il Pd, infatti, dovesse assestarsi sul «sì» al terzo mandato, i numeri sarebbero ballerini, con un lieve vantaggio per il «no». La partita potrebbe chiudersi con il «sì» al terzo mandato anche da parte di Fdi (Forza Italia in genere si accoda a quello che decide la Meloni) in cambio della candidatura a presidente di una grande Regione del Nord. Non è un mistero che punti al Veneto, dove è pronto a scendere in campo, nel 2025, Luca De Carlo. Proprio il Veneto ci consente di fare un po’ di chiarezza sull’oggetto di questo dibattito. Il «no» al terzo mandato, infatti, sbarrerebbe la strada a una ricandidatura di Luca Zaia, presidente leghista in carica. Quello che in pochi ricordano, è che Zaia il suo terzo mandato lo sta già svolgendo, avendo vinto per la prima volta le elezioni regionali nel 2010, la seconda nel 2015 e la terza nel 2020, e punta al quarto. Come è possibile? La legge quadro 165 del 2004, all’articolo 2, come disposizione attuativa dell’articolo 122 della Costituzione, contiene la «previsione della non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del presidente della giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto». Questa legge quadro, però, non è stata recepita da tutte le Regioni. Il Veneto l’ha recepita nel 2012, quando Zaia era al primo mandato: essendo una legge non retroattiva, è partita dal 2015 azzerando il primo mandato e, quindi, tecnicamente Zaia si trova ora al secondo. Per questo ha bisogno delle legge nazionale per poter candidarsi per il terzo. La Campania non l’ha recepita, così come la Puglia e la Liguria, tutte e tre al voto nel 2025: i presidenti in carica Vincenzo De Luca, Michele Emiliano e Giovanni Toti, quindi, potrebbero recepirla in questo anno e mezzo e ripartire da zero, come ha fatto il Veneto, oppure non recepirla affatto. Se dovessero essere eletti, qualcuno potrebbe ricorrere prima alla magistratura ordinaria e poi alla Corte costituzionale per chiederne l’ineleggibilità, e si aprirebbe un ginepraio giuridico. L’Emilia-Romagna, invece, ha recepito la legge nel 2014 e quindi Stefano Bonaccini, per potersi ricandidare nel 2025, ha necessariamente bisogno di una legge nazionale che glielo consenta.Dunque, la situazione è molto diversa da quella che viene semplicisticamente descritta nei talk show: non è un caso che, tornando alla politica, il Pd stia ammorbidendo la sua posizione contraria al terzo mandato, tanto che si parla dell’ipotesi di uscire dall’Aula al momento del voto o, addirittura, di sostenere la proposta della Lega. Elly Schlein, infatti, insistendo sul «no» finirebbe per tagliare (politicamente parlando) la testa al solo Bonaccini, che è pure presidente del suo partito, mentre De Luca ed Emiliano, che la segretaria vorrebbe «segare» (soprattutto il presidente della Campania) potrebbero candidarsi lo stesso, anche senza l’appoggio dei dem, finendo per avvantaggiare il centrodestra.
Sergei Ryabkov (Ansa)
Il vice di Lavrov, Sergei Ryabkov: «Lo slancio post Alaska è esaurito per colpa degli europei. I missili Tomahawk? Serve senso di responsabilità». Civili uccisi dai raid ucraini a Belgorod.
Francesca Albanese (Ansa)
A Bologna le conferiscono la cittadinanza onoraria ma la dem Zampa sbotta: «Errore, lei inadeguata». Stessa iniziativa a Firenze ma un provvidenziale malanno stoppa l’iter.
Liliana Segre (Ansa)
Se per i ragazzi di Fratelli d’Italia che facevano il saluto romano si era scatenato un putiferio, per le devastazioni degli antagonisti non c’è stata la stessa fretta nel convocare l’organismo nato per indagare l’odio. Che funziona soltanto contro il pericolo «fascista».
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa del 9 ottobre con Carlo Cambi