L'Italia rimane in stato d'emergenza e il governo prende tempo sulle riaperture. Il 9 agosto rappresenterà così la data decisiva per la riapertura di sagre, congressi, fiere e discoteche. Secondo il coordinatore del Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo, la discussione è ancora aperta. «Non possiamo restare in silenzio se capiamo che alcune delle riaperture hanno delle insidie». A far preoccupare è l'aumento dei contagi negli altri paesi Europei - Spagna in primis - che potrebbe portare a un ulteriore rinvio del via libera per l'organizzazione di eventi sul territorio.
Le sagre in Italia sono oltre 42.000 ogni anno, in media cinque per ogni comune, per un complesso di 306.000 giornate di attività e un fatturato che supera i 900 milioni di euro. Una realtà importante per il Bel Paese che si concentra per l'80% nei mesi estivi, da giugno a settembre con un piccolo assoluto in agosto (34%). Secondo un'indagine Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi, ndr) condotta lo scorso anno nel mese più caldo dell'anno si sono realizzate circa 15.000 sagre.
Nonostante le incertezze, alcune regioni si sono già impegnate con piani di sicurezza contro il rischio di contagio. Nel foggiano, il prefetto Raffaele Grassi ha infatti ritenuto necessario richiamare l'attenzione dei sindaci al più rigoroso rispetto delle disposizioni nazionali e regionali sullo svolgimento di manifestazioni, spettacoli, sagre e feste locali. «Il prefetto ha evidenziato la necessità che vengano redatti per ogni iniziativa adeguati e puntuali piani di sicurezza» si legge in una nota.
Dal canto suo il Friuli Venezia Giulia ha invece deciso di attuare misure urgenti per valorizzare e promuovere sagre, feste locali e fiere tradizionali offrendo un contributo a tutti i comuni, enti privati, fondazioni e associazioni senza fini di lucro e pro loco i cui eventi sono stati modificati, spostati o annullati a causa dell'emergenza sanitaria.
Il presidente di Fiva Bergamo (Federazione italiana venditori ambulanti, ndr) Giovanni Mauro Dolci ha invece scelto di inviare una lettera ai sindaci della provincia di Bergamo per chiedere aiuto a ripartire dopo «143 giorni senza lavoro». «È necessario aggiungere ed evidenziare che ci sono centinaia di famiglie nella nostra provincia che vivono solo di questo lavoro e non possono permettersi di proseguire questa sospensione delle attività per altre settimane, la lunga chiusura delle loro attività ha già fortemente messo alla prova la loro situazione economica. Riteniamo che adottando le misure per la prevenzione dal rischio di contagio previste dalla Regione Lombardia, si possano far ripartire le manifestazioni fieristiche in calendario senza nessun rischio».
La festa del Lard d'Arnard in Valle d'Aosta

Lard d'Arnard
L'ultimo weekend di agosto, ad Arnard si terrà la celebre festa del «Valle d'Aosta Lard d'Arnard Dop». A oltre cinquant'anni dalla sua prima edizione e con oltre 50.000 visitatori da tutta Europea, questo è a tutti gli effetti uno degli eventi più attesi della Valle d'Aosta.
Il lardo di Arnad è l'unico in Europa ad aver ottenuto la certificazione Dop, essendo interamente prodotto nel suo paese d'origine. Per produrlo, viene disposto a strati all'interno dei doils, e poi ricoperto di sale, rosmarino, aglio, salvia, alloro e talvolta spezie non macinate. Infine, viene ricoperto da un composto di acqua e sale cristallizzato necessario a saturare tutto il contenuto. Il tempo necessario per la stagionatura di questo prodotto prevede un minimo di tre mesi, ma può arrivare anche a 12 o 15. Raggiunta la giusta maturazione, il lardo viene confezionato sottovuoto oppure in recipienti di vetro. Questo metodo di conservazione ha origini ancestrali, risalenti alla fine del 1700 (esemplari di doils furono ritrovati nelle antiche cucine del castello di Arnad).
Le prime testimonianze della lavorazione di questo prodotto, sono rintracciabili in documenti che risalgono al 1570. Oggi, risultato della commistione di saggezza popolare e contemporanee tecniche di elaborazione, la produzione del «Valle d'Aosta Lard d'Arnad Dop» ha determinato una svolta nel tessuto economico locale: nel tempo, infatti, sono nati degli stabilimenti di produzione che ne hanno preservato i contorni e le caratteristiche. I suini utilizzati di peso non inferiore ai 160 kg e di età non inferiore ai 9 mesi, devono essere allevati, oltre che in Valle d'Aosta, in Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto. L'alimentazione dei suini deve provenire da fonti naturali e deve escludere mangimi integrati.
La «polenta bastarda» in Piemonte
Il 31 agosto, a Valliera di Castelmagno in provincia di Cuneo, verrà celebrata la festa di Santa Margherita. Un'occasione unica, in cui oltre ai festeggiamenti di natura religiosa, si celebrerà l'evento mangiando la polenta «bastarda», un leggendario incrocio naturale genera in campo da cinque varietà antiche di mais.
Questo piatto è avvolto da leggenda, infatti la polenta prende anche il nome di «polenta del diau» (polenta del diavolo) perché fu proprio lui l'artefice di questa gustosa preparazione. Lucio Alciati ne ha riportato la storia. «Si narra che tanto tempo fa in un grande cascinale che sorgeva nelle terre piane di Caraglio, in provincia di Cuneo, ai piedi delle alpi occitane, vivevano cinque famiglie di mezzadri. Ognuna di essa conduceva una parte di quella fattoria ed erano molto solidali fra di loro. Si aiutavano nei lavori e nei casi di urgenza. Alla bisogna si prestavano le attrezzature e, alcune, le acquistavano in società. Insomma regnava l'armonia e la cascina era prosperosa. Le loro origini erano diverse, come d'altronde capitava spesso in quell'epoche lontane. Una famiglia proveniva da Alessandria, una dal Veneto, una dall'Astigiano, una dal Torinese e una era del luogo. Ogni anno il fattore, che curava gli interessi della cascina, accompagnava "el padron" (il proprietario) a constatare il buon andamento dei suoi interessi. El padron viveva abitualmente a Torino ed era di lignaggio nobile, severo ma buono. Era un uomo sulla sessantina, dallo sguardo burbero e dalle grandi basette candide. Il suo fisico era rubicondo e questo lo rendeva alla fine simpatico. Quell'anno il proprietario comunicò al fattore e ai suoi mezzadri che il prossimo Natale avrebbe fatto grande festa e avrebbe ospitato in quella grande cascina, personaggi illustri, altolocati e anche di ottima forchetta. Amanti soprattutto della buona polenta. Per cui raccomandava, con largo anticipo, che tutto fosse preparato nel migliore dei modi. Iniziarono i nervosismi, non tanto per la logistica, per la cura dei campi, delle stalle, della casa ma, incredibilmente, per la preparazione della polenta. Ogni famiglia si era portata, dalle sua terra, il mais che usava per preparare il tipico piatto e ognuna diceva che la sua era la più buona e che sarebbe sicuramente piaciuta di più. Incominciarono le discussioni, i musi lunghi. L'orgoglio terragno sovrastava la ragione fino a che decisero che ogni famiglia si sarebbe coltivata, come sempre, il suo mais e avrebbe offerto, separatamente, la sua polenta ai futuri invitati. Prepararono cinque appezzamenti vicini, tutti coltivati a mais da polenta ma ognuno di varietà diversa: Uno era coltivato a Marano un mais alessandrino, uno a Nostrale dell'isola di origine torinese, uno a Ottofile che proveniva dall'astigiano, uno a Pignolet del posto e uno a Bianco Perla, mais bianco del Veneto. Il diavolo osservava maligno e divertito, da sopra un noce, la piccolezza umana e per divertirsi ancora di più, una notte, quando il mais era bello fiorito, cominciò a soffiare così tanto da creare un vento impetuoso che investi i 5 appezzamenti. L'intenzione era quella di mischiare i pollini dei fiori in modo che le varietà si incrociassero e si imbastardissero creando del mais impuro che fosse improponibile e che portasse panico in quella fattoria. Nessuno dei cinque mezzadri si accorse del vento perché questo si abbatté, incredibilmente, solo su quei cinque pezzi coltivati. Da altre parti no. Venne il giorno della raccolta e della successiva spannocchiatura. Successe il finimondo. Il mais aveva forme strane, di colori diversi. Un miscuglio eterogeneo che mandò nello sconforto le cinque famiglie. Ma ormai era tardi. Appesero quel mais ad asciugare. Poi lo sgranarono e lo macinarono tutto insieme. Se non altro quel disastro aveva riavvicinato le famiglie e facendosi coraggio decisero di affrontare comunque l'evento. Arrivò il Natale, non senza trepidazione e abbastanza sagrinati, preparano la polenta con quella farina. Il risultato fu straordinario. I commensali furono basiti La polenta piacque a tutti indistintamente tanto che ne fu richiesto a gran voce il bis per il giorno dopo. È proprio vero che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi ed è ancor più vero che non è sempre la razza a far la bontà».
Sagra del luccio in salsa in Lombardia
Sin dagli anni Cinquanta il borgo di Pozzolo è conosciuto per le sue trattorie ed osterie (se ne contano almeno sei o sette in un centro di poco più di mille abitanti), ed è proprio grazie all'iniziativa di alcune di esse che incomincia a instaurarsi quella consuetudine di festeggiamenti che porta poi alla sagra odierna. Sono infatti i ristoratori che, cavalcando la moda del momento, iniziano a organizzare, dapprima in forma privata per poi espandersi alla piazza, le prime serate danzanti che vanno ad affiancarsi alla presenza delle giostre e alle iniziative parrocchiali in occasione delle celebrazioni a commemorazione della nascita della Beata Vergine Maria, patrona del paese (8 settembre, per noi nota come «Maria Bambina»).
Con il passare degli anni e la conseguente crescita di popolarità dell'appuntamento, l'organizzazione degli eventi diventa sempre più pesante e la neonata Polisportiva Pozzolese, negli anni Settanta, incomincia a curare direttamente la gestione della manifestazione.
Storiche sono ormai le arrampicate sul Palo della Cuccagna, le gare di abilità in cui bisogna cercare di prendere al collo un'anatra lanciando un cerchiello di plastica, la gara a indovinare l'altezza da terra di un salame appeso dal conduttore del gioco, oppure ad indovinare il peso di un maiale, senza poi tralasciare l'indimenticabile Ruota della Fortuna.
A farla da padrona sono però gli stand gastronomici che oltre alla ricetta principe della manifestazione, il luccio in salsa con la polenta abbrustolita, propongono anche altre prelibate leccornie della cucina mantovana, quali i tortelli di zucca, il risotto con la salamella e la torta sbrisolona.
La festa del bacalà del Veneto
A settembre, dal 16 al 21, torna a Sandrigo - in provincia di Vicenza - la festa del baccalà alla vicentina. La trentatreesima edizione della manifestazione che celebra il piatto principe della tradizione culinaria veneta sarà più breve rispetto agli altri anni, concentrandosi in un'unica settimana. L'organizzazione sarà impostata in modo tale da poter accedere solo su prenotazione e nel pieno rispetto delle norme di distanziamento sociale. Gli ingressi saranno infatti scaglionati e i visitatori verranno serviti direttamente ai tavoli.
«Abbiamo voluto portare avanti la tradizione della Festa del Bacalà anche in questo difficile periodo» ha sottolineato Antonio Chemello, presidente della Pro Sandrigo. «La nostra è sicuramente una delle sagre più importanti in Veneto e ci sembrava giusto dare un segno di speranza a un settore che sta soffrendo moltissimo. Abbiamo inoltre creato una rete di collaborazioni sul territorio che ha portato all'organizzazione di una serie di eventi diffusi durante il periodo della festa e per l'intero mese di settembre in ristoranti, cantine, locali e luoghi d'arte tutti finalizzati a celebrare il bacalà alla vicentina».
Protagonista assoluto sarà inevitabilmente lo stoccafisso, preparato secondo la classica ricetta codificata. Si gusterà il bacalà come tradizione vuole, accompagnato da polenta al cucchiaio, oppure in una delle varianti presentate nelle diverse serate, tra cui gli gnocchi e il risotto al bacalà.
La sagra della zuppa del Friuli Venezia Giulia
La sagra della zuppa di Aquilea si rinnova per limitare le occasioni di assembramento. Per questo motivo è stato stretto un accordo con una delle più tipiche osterie del centro storico (Osteria Anna e Leo) che prevede che i cuochi contadini del comitato paesano di Aquilea affianchino per un giorno la brigata di cucina dell'osteria per il passaggio di sapori a saperi «dell'elisir di lunga vita».
Sarà così prenotare il proprio posto a tavola, un semplice assaggio in loco o anche una zuppa d'asporto. Si consiglia di portare la propria ciotola di coccio per immergersi completamente nello scenario di un salotto medievale.
L'evento si terrà il 7 e l'8 di agosto con possibilità di pranzare o cenare.
Festa della lumaga in Liguria
Anche la sagra della lumaga di Lerici cambia format a causa del coronavirus. «Come promesso noi ci proviamo e contiamo sul vostro aiuto affinché l'evento si svolga nella maniera più ordinata possibile» si legge sulla pagina ufficiale dell'evento.
La sagra si terrà così dal 20 al 23 agosto solo su prenotazione, con cene organizzate in due turni (alle 19 e alle 21).
Durante l'evento le famose «lumaghe» verranno cucinate in umido secondo un'antica tradizione serrese. Ma la sagra non è certo diventata famosa solo per le lumache. Durante la cena potrete infatti gustare numerose prelibatezze a base di pesce che si possono gustare venendo nella splendida terrazza del circola Arci.
Sagra della bistecca in Toscana
Festival del brodetto nelle Marche
Grandi chef, sfide, laboratori per i bambini e tanto altro. Il festival del brodetto e delle zuppe di pesce di Fano è davvero imperdibile. Dall'11 al 13 settembre di quest'anno verranno così servite centinaia di porzioni di «brodetto», un piatto nato a bordo dei pescherecci che ha fatto la storia di questo territorio.
Per realizzare il brodetto i pescatori utilizzavano i pesci non idonei alla vendita per dimensioni o perché rovinati dalle reti. Senza essere sfilettati venivano cucinati in un tegame con olio, cipolla, concentrato di pomodoro e aceto. Il tutto veniva accompagnato con il pane raffermo. Una ricetta semplice, un piatto versatile che sarebbe potuto finire nel passato gastronomico marchigiano se Confesercenti Pesaro e Urbino non avesse avuto l'intuizione di recuperane storia e onori.
Se volete provare anche voi a preparare un «brodetto alla fanese», ecco vi serve. Prendete due chili di pesce pulito (mazzole, rana pescatrice, gattuccio, tracina, razza, boccaincava, pesce san pietro, canocchie, seppie, scorfano), olio, aceto di vino, acqua, concentrato di pomodoro, cipolla, aglio, sale e pepe. Soffriggete in una casseruola bassa e larga olio, aglio e cipolla. Diluite il concentrato di pomodoro in acqua e aceto per poi aggiungerlo al soffritto. Appena ripreso il bollore, aggiungete le seppie e poi gli altri pesci, eccetto le canocchie, in sequenza iniziando da quelli più grossi, salate, pepate e fate cuocere per 20-25 minuti. Gli ultimi 5 minuti aggiungete le canocchie e servite ben caldo.
Sagra degli gnocchi in Umbria
Dal 13 al 16 agosto, a Guardea, in provincia di Terni, va in scena la Sagra degli gnocchi, un evento giunto alla sua trentesima edizione e divenuta nel corso degli anni un appuntamento tradizionale dell'estate umbra.
L'evento del paese posto a metà strada tra Orvieto e Amelia, facilmente raggiungibile dall'A1, prevede un ricco menù di carne alla brace e ovviamente gnocchi fatti a mano disponibili in quattro sughi diversi.
La manifestazione sarà organizzata in armonia con le vigenti norme anti Covid.
Festival dello street food nel Lazio
Dal 6 al 9 agosto, a Nettuno vicino a Roma, si terrà la quarta edizione del Festival internazionale dello street food, il più importante in questo settore. «Abbiamo voluto fortemente questa manifestazione all'interno del nostro programma di eventi estivi, essendo una manifestazione di eccellenza del panorama italiano. La location che l'accoglierà è un posto bellissimo, dal quale si può ammirare il mare, una periferia relativa, un altro centro nella nostra città» ha dichiarato il sindaco del Comune di Nettuno Sandro Coppola.
Le persone hanno accolto con entusiasmo la riapertura di questa manifestazione, nel rispetto delle regole stabilite dalle normative per il distanziamento sociale, applicate dall'organizzatore della manifestazione.
Questo Festival nasce dall'idea di portare nelle piazze, all'aria aperta, il cibo che generalmente non si ha modo di mangiare a casa, gustando sapori delle varie regioni d'Italia, con influenze internazionali, per far conoscere in tutta Italia una nuova ristorazione, una ristorazione mobile, realizzata solo ed esclusivamente con cibi che puntano alla qualità senza tralasciare il buon bere, l'accoglienza e l'aggregazione, sempre nel rispetto del distanziamento.
Lo street food in Italia nasce con materie prime semplici, come l'acqua, la farina, l'olio e il pomodoro per creare tante specialità come i maccheroni e la pizza, simboli della cucina italiana, nati proprio come cibo di strada. A New York con i carretti di Hot dog, ad Istanbul con i chioschi del Kebab, a Parigi con le creperie sui boulevard di sono tutti luoghi simbolo del cibo di strada.
Tornareccio Regina del miele in Abruzzo
Un vero e proprio viaggio nella capitale abruzzese del miele tra colorati stand, degustazioni, laboratori e molto altro. Il 26 e il 27 settembre, il borgo di Tornareccio si anima per celebrare il prodotto più dolce al mondo.
L'edizione di quest'anno è pensata per avvicinare ancora di più i consumatori alle mille sfaccettature del mondo del miele. Nei due giorni i visitatori avranno la possibilità di degustarlo e acquistarlo direttamente nelle aziende. Così, quanti verranno a Tornareccio parteciperanno ad una sorta di «expo diffuso», con i produttori che apriranno le loro porte per condurre ciascuno alla scoperta dei mille prodotti dell'alveare, proporre degustazioni, realizzare visite guidate, animare momenti di conoscenza e raccontare la loro passione per una tradizione che caratterizza da sempre Tornareccio, la sua economia e la sua società.
Nella giornata di domenica ci saranno eventi che arricchiranno il programma, a partire dalla premiazione del concorso nazionale «Tre Gocce d'Oro 2020 - Grandi mieli d'Italia» intitolato a Giulio Piana. E non mancheranno, poi, iniziative legate al Miele in Cucina o alla Comunità Slow Food degli Apicoltori Nomadi di Tornareccio, costituitasi l'anno scorso.
Sagra della zampina in Puglia
Dall'11 al 13 settembre, a Sammichele di Bari torna la Sagra della zampina, del bocconcino e del buon vino. Un evento che lo scorso anno ha richiamato tra le vie cittadine circa 60.000 presenze. Per seguire le regole di stanziamento sociale, quest'anno l'evento si terrà esclusivamente su prenotazione.
Ma cos'è la zampina? Si tratta di una salsiccia tipica di Sammichele di Bari a forma di spirale, avvolta da budella di capretto o agnello e cotta alla brace. Un piatto di tradizione povera, un mix di carne trita di bovino, pezzi di suino e ovino, a cui si aggiunge pomodoro, formaggio, peperoncino, pepe, sale e timo selvatico o basilico e prezzemolo.