Nel cuore del Caucaso, tra le vette leggendarie e le pieghe profonde della storia, la Georgia custodisce un’anima che sorprende e conquista.
Non è solo una destinazione, ma un incontro. Un passaggio tra mondi: Europa e Asia, sacro e profano, antiche rovine e nuovi fermenti. Tbilisi, la sua capitale, è una ferita aperta e luminosa, un intreccio di memorie sovietiche e visioni contemporanee. E le montagne, da Kazbegi a Svaneti, raccontano un’epica spirituale che non è mai del tutto passata.
Tbilisi: l’eleganza ruvida di una fenice caucasica
Tbilisi è una città che non si lascia catturare in uno sguardo solo. Ti spiazza. Quartieri decadenti e affascinanti si alternano a viali moderni e architetture di vetro.
I balconi intagliati dei cortili ottomani convivono con i resti brutalisti dell’epoca sovietica e i murales di una generazione ribelle che vuole dire la sua.
Passeggiare nella vecchia Tbilisi, tra le vie acciottolate dei suoi quartieri, è come muoversi tra piani temporali diversi: cupole di zolfo, sinagoghe, chiese ortodosse e moschee si guardano in silenzio, testimoni di una convivenza autentica.
Le acque sulfuree delle terme di Abanotubani raccontano una lunga tradizione di purificazione del corpo e dell’anima. Da lì, una scalinata conduce alla fortezza di Narikala, che domina la città e la custodisce. Tbilisi si mostra così: ferita, orgogliosa, in equilibrio instabile tra passato e rinascita.
Sotto la superficie, ribolle una nuova energia. Caffè-librerie, spazi d’arte indipendenti, gallerie di fotografia e laboratori di artigianato stanno riscrivendo l’identità urbana. L’antico mercato del Dry Bridge è un viaggio nell’inconscio sovietico, tra medaglie, vinili, porcellane rotte e sogni mai realizzati.

Il mito in alta quota: le montagne che parlano
Oltre Tbilisi, la Georgia diventa leggenda. Le montagne del Caucaso sono l’anima antica del paese: sacre, imponenti, inaccessibili eppure accoglienti. La regione di Kazbegi, oggi conosciuta come Stepantsminda, ospita uno dei panorami più iconici del Caucaso: la chiesa della Trinità di Gergeti, che si staglia contro il monte Kazbek, un vulcano dormiente alto oltre 5.000 metri.
Luogo carico di spiritualità e simbolismo, Kazbegi è anche porta d’ingresso alla Georgian Military Highway, via storica che collegava la Russia e il sud del Caucaso. Qui la natura sembra possedere una coscienza: gole, valli, picchi rocciosi narrano le epopee degli eremiti e dei santi, ma anche i drammi degli eserciti e dei pastori.
E poi c’è la Svaneti, con le sue torri medievali e la lingua antica. Mestia e Ushguli sembrano sospese nel tempo. Qui l’inverno è lungo e la neve è sovrana. Le torri svan, costruite tra il IX e il XIII secolo, servivano a proteggere le famiglie durante le faide. Oggi, si stagliano come guardiani silenziosi del paesaggio.
Camminare tra queste alture è un rito iniziatico. La montagna, in Georgia, non è mai solo sfondo: è personaggio, testimone, divinità.

Dal trapasso sovietico alla rinascita spirituale
La Georgia ha vissuto sulla propria pelle il crollo dell’Urss come un trauma e una liberazione. Le ferite del Novecento sono visibili: negli edifici sventrati, nei cartelli sbiaditi, nelle statue a metà. Ma è proprio da queste crepe che filtra oggi una luce nuova. Il paese ha riscoperto la propria identità culturale, religiosa e linguistica. La spiritualità è tornata a permeare la vita quotidiana. Le chiese ortodosse non sono solo luoghi di culto, ma rifugi collettivi, centri di coesione e bellezza.
L’arte georgiana contemporanea riflette questo percorso: pittura, cinema e fotografia mescolano sacro e quotidiano, ironia e mistica. Registi come Alexandre Koberidze o Levan Akin (georgiano di nascita, svedese d’adozione) hanno riportato la Georgia nel circuito del grande cinema d’autore. I giovani creativi di Tbilisi giocano con i codici della moda e della grafica, senza dimenticare le proprie radici.
La rinascita non è solo spirituale, ma anche sociale: nella Tbilisi del post-pandemia fioriscono coworking, ostelli boutique, festival di cultura alternativa e movimenti femministi. La Georgia che non ti aspetti è anche queer, resiliente, aperta.
Dove dormire: hotel con anima
A Tbilisi, per chi cerca un’esperienza autentica, consigliamo:
- Stamba Hotel – Un ex tipografia sovietica trasformata in design hotel con caffetteria, libreria e concept store. Indirizzo top per creativi e amanti dell’estetica.
- Rooms Hotel Tbilisi – Eleganza industriale in una struttura iconica, perfetto mix tra atmosfera rétro e servizi di alto livello.
- Fabrika Hostel – Spazio polifunzionale con bar, street art e atmosfera internazionale. Perfetto per chi viaggia in modo giovane ma cerca qualità.
A Kazbegi, la scelta ideale è:
- Rooms Hotel Kazbegi – Camere panoramiche con vista mozzafiato sul monte Kazbek. Spa e camino per serate alpine indimenticabili.
In Svaneti:
- Hotel Ushba (a Becho) – Immerso nella natura, accogliente e rustico, con cucina locale e sentieri che partono direttamente dalla porta.
- Chalet Mestia – Piccola struttura elegante a Mestia, ideale per escursioni e relax.

Dove mangiare: sapori intensi, come la terra
La cucina georgiana è poesia concreta. Pane, formaggi, erbe aromatiche, carne e vino sono gli ingredienti di un rituale quotidiano. Da non perdere:
- Barbarestan (Tbilisi) – Cucina georgiana d’autore basata sul ricettario ottocentesco di Barbare Jorjadze. Ambiente intimo e piatti sorprendenti.
- Shavi Lomi (Tbilisi) – Tradizione rivisitata con spirito contemporaneo. Perfetto per una cena con vini naturali.
- Cafe Leila (accanto alla chiesa Sioni) – Atmosfera bohémien e piatti vegetariani, in un angolo colorato della vecchia Tbilisi.
- Restaurant Taglaura – Più rustico, ideale per chi vuole assaggiare khinkali e khachapuri senza fronzoli.
Nelle regioni montane, i pasti nei rifugi e guesthouse sono spesso i migliori: semplici, casalinghi, cucinati con amore. Chiedi il vino della casa, spesso prodotto dai vicini.
Un viaggio che ti cambia
La Georgia non è una terra da visitare: è una terra da vivere. Ti entra nel sangue, come il suo vino ancestrale. Ha la fragilità di una ferita e la forza di un popolo che resiste. È spiritualità, bellezza, contraddizione. È l’anima caucasica che non ti aspetti – ma che, una volta incontrata, non dimentichi più.







