2024-12-17
L’Ue vuole sanzionare chi ha votato «male». Per i tagliagole invece condono tombale
Il neo presidente georgiano Mikheil Kavelashvili (Ansa)
L’Europa contro Tbilisi che resta pro Mosca. I jihadisti intanto giustiziano i cristiani, ma se cacciano i russi finirà l’embargo.Il Cremlino minaccia l’Occidente, però ammette: «Le spese militari hanno un limite».Lo speciale contiene due articoli.È vero: in politica estera, spesso, tocca essere più realisti del re. Dialogare con i cattivi. Fare patti col diavolo. Ma allora, perché tirare in ballo i valori, i principi, le procedure, i diritti? Anziché sembrare furbi, si appare ipocriti. E in questo esercizio di doppiezza, l’Europa è maestra.Ieri, a margine del Consiglio Affari esteri, che ha dato il via libera al quindicesimo pacchetto di sanzioni contro la «guerra ibrida» della Russia, l’Alto rappresentante dell’Ue ha evocato l’ipotesi di misure che colpiscano anche la Georgia. «Le cose non stanno andando nella giusta direzione», ha osservato Kaja Kallas. «Discuteremo di quali conseguenze il governo georgiano potrà affrontare per aver usato repressione contro l’opposizione. La prima questione riguarda le sanzioni e la seconda se limitare i visti». La politica estone ha pure proposto «una lista di persone da sanzionare». L’accordo non c’è: Ungheria e Slovacchia si oppongono. Secondo il ministro degli Esteri magiaro, Péter Szijjártó, Bruxelles si è inalberata «solo perché un partito conservatore, patriottico e orientato alla pace» l’ha spuntata alle urne. «Siamo 27 democrazie con le nostre idee», ha sospirato alla fine la Kallas. «Quindi, ci vuole tempo. Il presidente Salomé Zourabichvili è in carica fino al 29 dicembre. Nel frattempo potrebbero accadere molte cose». Ad esempio? Un golpetto che mantenga in sella la leader filoccidentale, anziché far salire al potere l’ex calciatore Mikheil Kavelashvili, eletto per succedere alla Zourabichvili e gradito a Mosca? Il problema è sempre il solito: i cittadini si ostinano a votare male. A fine ottobre, il partito Sogno georgiano, filorusso, ha ottenuto la maggioranza. Secondo l’opposizione, le elezioni erano truccate. In un altro Paese già parte dell’Ue, la Romania, la Corte costituzionale ha preso il toro per le corna, annullando l’esito delle presidenziali, vinte dal candidato pro Russia, per il sospetto di interferenze malevole nella campagna elettorale, tramite il social TikTok. Un’operazione ovviamente eterodiretta dal Cremlino.Sì, c’è ragione di dubitare delle consultazioni a Tbilisi: i rapporti preliminari degli osservatori internazionali hanno parlato di segretezza del voto compromessa, di «incongruenze procedurali», di «intimidazioni e pressioni» sugli elettori. Figuriamoci se Vladimir Putin se ne sta buono, quando può provare a condizionare Stati che preferisce rimangano nella sua orbita. Ma perché l’Europa, se ci tiene a democrazia e diritti umani, si sforza di andare incontro alla Siria riconquistata dai ribelli islamisti?È stata l’Italia, ieri, a chiedere che si aprano «canali di dialogo con Hts», la formazione guidata da Abu Muhammad al-Jolani, e che si arrivi a una «graduale e condizionata rimozione delle sanzioni», imposte ai tempi di Bashar al-Assad. L’Ue ha spedito a Damasco una delegazione diplomatica per confrontarsi con il jihadista ripulito. L’inviato Onu, Geir Pedersen, che si è visto con il premier ad interim, Mohammad al-Bashir, aveva già auspicato la rapida rimozione delle sanzioni. La Kallas, raccogliendo il suggerimento olandese, ha reso ancor più smaccata la strumentalità dei piani europei: condizionare l’abrogazione delle sanzioni e il riconoscimento della nuova leadership all’espulsione dei russi dalle basi militari siriane, nonché all’allontanamento dall’Iran. Il nemico del mio nemico è mio amico. Può avere senso, eh. In fondo, bisogna prendere atto della realtà: il «tappo» è saltato; non c’è più Assad ad addomesticare l’Isis; anzi, visto come è stato deposto, forse non è mai stato davvero in grado di contenere i terroristi. L’autorità è legittima se chi se la piglia sa anche tenersela. D’accordo. Almeno, però, non ci si aggrappi a valori, principi, procedure, diritti. Non è il momento opportuno. Ieri, in effetti, sono venute fuori le prove di esecuzioni sommarie compiute da gruppi vicini alla formazione di Jolani. Secondo fonti che si trovano nelle zone di Damasco, Homs, Hama, Idlib, Latakia e Tartus, citate dall’Ansa, almeno 20 persone sono state massacrate. Tra loro c’erano civili considerati compromessi con Assad, come il «faccendiere» Abu Ali Ashur, trascinato per strada, spinto vicino a un secchio dell’immondizia, preso a schiaffi e calci. O i militari senza divisa giustiziati a Rabia, nell’area di Hama. I combattenti si sarebbero accaniti sui «maiali alawiti», la setta sciita privilegiata dal rais. Ma tra le vittime figurerebbero pure dei cristiani. Sarebbe il caso di Saaman Sotme e sua moglie Helen Khashouf, di Jamisliye, insediamento nella regione di Tartus: i combattenti avrebbero fatto irruzione in casa loro e li avrebbero uccisi a sangue freddo.D’accordo: nel nome degli interessi di parte, in politica estera tocca scendere a patti col demonio. Ne siamo consapevoli. Possiamo accettarlo. Basta che i nostri governanti non ci trattino da scemi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/georgia-ue-elezioni-2670478434.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="trump-basta-con-la-carneficina-parleremo-con-putin-e-zelensky" data-post-id="2670478434" data-published-at="1734422910" data-use-pagination="False"> Trump: «Basta con la carneficina, parleremo con Putin e Zelensky» Risultati raggiunti, obiettivi per il 2025 e avvertimenti all’Occidente. Nel giorno in cui dal Consiglio Affari esteri è arrivato il via libera dell’Ue al quindicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia che andrà a colpire 54 persone, 52 navi coinvolte nel trasporto di attrezzature militari e 30 entità giudicate responsabili di azioni che minano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, Vladimir Putin è intervenuto a tutto tondo sui temi che riguardano il conflitto tra Mosca e Kiev, facendo il punto di quella che è la situazione attuale al fronte e di cosa si aspetta che accadrà nei primi mesi del prossimo anno. «Le nostre truppe mantengono saldamente l’iniziativa strategica lungo l’intera linea di contatto e stanno accelerando la loro avanzata nel Donetsk», ha affermato ieri lo zar. «Il 2024 è stato un anno fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi in Ucraina dove le nostre forze hanno conquistato 189 centri abitati». Parole confermate immediatamente dopo dal ministro della Difesa, Andrei Belousov, il quale, oltre a specificare che nel corso di quest’anno l’esercito russo è riuscito a penetrare in quasi 4.500 chilometri quadrati di territorio ucraino e che ora sta guadagnando circa 30 chilometri quadrati al giorno, ha rilanciato gli obiettivi dichiarati da Putin lo scorso giugno: «Occuperemo interamente le regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia entro il 2025, anno in cui contiamo di vincere la guerra». Il leader del Cremlino si è poi rivolto a Stati Uniti e Unione europea, accusando gli alleati di Kiev di interferire più del dovuto negli equilibri del conflitto: «Gli Usa incoraggiano l’escalation per spingerci verso la linea rossa. Nella loro volontà di indebolirci e infliggerci una sconfitta strategica, continuano a pompare il regime illegittimo di Kiev di armi e soldi inviando mercenari e consulenti militari». Reagendo invece all’ipotesi di soldati europei pronti a combattere in territorio ucraino, Putin ha avvertito: «A breve lanceremo la produzione in serie dei missili balistici ipersonici Oreshnik che abbiamo testato lo scorso 21 novembre a Dnipro. Se gli Stati Uniti dispiegheranno missili a corto e medio raggio, in qualsiasi regione del mondo, la Russia farà lo stesso». Tuttavia ieri, quando manca poco più di un mese all’insediamento ufficiale alla Casa Bianca, è intervenuto nuovamente sulla questione ucraina Donald Trump. Il tycoon non vuole perdere tempo e ha fatto sapere di essere intenzionato a trovare un accordo che soddisfi entrambe le parti prima di assumere l’incarico presidenziale: «La carneficina in Ucraina deve finire», ha detto. «Parleremo con il presidente russo Vladimir Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky». Soffermandosi poi sul leader di Kiev, Trump ha spiegato di non averlo invitato al giuramento così come anche il presidente cinese Xi Jinping, dicendo però che gli piacerebbe averli entrambi alla cerimonia. La notizia più importante che filtra dalle dichiarazioni di The Donald, però, riguarda un dietrofront sul permesso assegnato dall’amministrazione Biden all’Ucraina di utilizzare le armi a lungo raggio per colpire obiettivi sul suolo russo: «La situazione in Ucraina è più difficile di quella in Medio Oriente: consentire a Kiev di lanciare missili a 200 miglia all’interno della Russia è stato un grande errore», ha affermato Trump, aprendo così alla possibilità di revocare il via libera. Nel frattempo a Bruxelles, in occasione del Consiglio Ue, si è tornato a discutere di peacekeeping, sebbene ancora non si intraveda una prospettiva concreta di un cessate il fuoco. L’alto rappresentante Ue, Kaja Kallas, ha detto che «non se ne può discutere ora perché la Russia non ha cambiato i suoi obiettivi»; mentre dal Cremlino dicono che «è prematuro parlare di uno schieramento di peacekeeper in Ucraina dopo un cessate il fuoco, perché Kiev rifiuta qualsiasi negoziato».
Jose Mourinho (Getty Images)