Perché Stellantis dovrebbe spendere tempo e risorse per sviluppare modelli full electric, quando ha a disposizione le vetture a batteria di Leapmotor che per costi e tecnologia sono le «migliori» in circolazione? La domanda circola da tempo negli ambienti più vicini alle cose della casa automobilistica italo-francese ed è diventata ancor più pertinente dopo il susseguirsi dei dati poco lusinghieri per le e-car in Italia.
Se si escludono gli incentivi (a novembre la quota di mercato è balzata al 12,2% rispetto al 5% del mese di ottobre e al 5,2% di novembre 2024) i numeri delle elettriche sul nostro territorio fanno segnare crescite irrisorie. Percentuali che non si avvicinano neanche lontanamente a quelle messe in preventivo negli sgangherati piani industriali impostati dal presidente John Elkann (all’epoca grande sostenitore delle e-car) e dall’ex amministratore delegato Carlos Tavares. La coppia poi scoppiata che aveva intrapreso con eccesso di ottimismo il lungo viaggio verso la transizione ecologica dell’automotive.
Oggi i conti non tornano ed è normale che la tentazione sia quella di recuperare margini di guadagno usando la partnership strategica con una delle case cinesi emergenti, Leapmotor, per produrre vetture a basso costo sulle quali «appiccicare» altri marchi del gruppo. Si era parlato di Opel certo, ma nelle ultime settimane si sono sovrapposte voci tra Europa e Cina che vedono l’altro grande indiziato nel marchio Fiat.
Per ora non ci sono conferme ufficiali, ma unendo i puntini si possono fare dei ragionamenti. Da tempo, Antonio Filosa, il successore di Tavares alla guida della casa italo-francese, ha chiarito che il gruppo nato a Hangzhou avrà a disposizione degli spazi autonomi in uno degli stabilimenti spagnoli di Stellantis per costruire le proprie auto. Tutti gli indizi portano a Saragozza. Qui la joint venture con i cinesi troverebbe il supporto del governo iberico che sostiene l’iniziativa attraverso i programmi strategici per la transizione ecologica, i cosiddetti Perte che mobilitano i milioni dei fondi europei. Ma non solo. Perché Leapmotor godrebbe anche di un costo dell’energia decisamente più basso rispetto alla media europea e alle spese che dovrebbe affrontare in Italia. E avrebbe a pochi passi la nuova gigafactory nata dalla collaborazione della stessa Stellantis con un altro colosso cinese del settore: Catl. Giagafactory, sia detto per inciso, che prenderà il posto di quella pensata in Italia, a Termoli. Suona come una beffa. E in effetti lo è.
Quali modelli verrebbero prodotti sul territorio spagnolo? L’attenzione si è immediatamente spostata verso la B10. A metà ottobre il quotidiano francese Les Echos aveva parlato di un progetto Stellantis per proporre sul mercato un nuovo Suv a marchio Opel partendo dalla Leapmotor B10. Vantaggi? Da una parte la casa asiatica riuscirebbe a evitare dazi presenti o a venire che finirebbero per erodere il vantaggio competitivo delle vetture prodotte in Cina. E dall’altro l’alleato europeo potrebbe mettere sul mercato veicoli elettrici con una tecnologia sempre più innovativa a un costo decisamente inferiore rispetto alla media. Per la B10 si è parlato di un prezzo al di sotto dei 30.000.
La convenienza è evidente, al punto che sono subito rimbalzate voci su altri marchi Stellantis coinvolti. Fiat in primis. Le ultime indiscrezioni portano alla nuova compatta elettrica, la Lafa 5 che in Europa prenderà il nome di B05.
Prezzo? In Cina, a seconda dei diversi allestimenti si parte dai 12.000 e si arriva fino ai 15.000 euro. Gli addetti ai lavori parlano di una vetture con standard qualitativi molto elevati, ricarica rapida, design all’avanguardia e grande manegevolezza. Insomma, se un’auto del genere sbarca in Italia con il marchio Fiat per i competitor saranno dolori. E non solo. Perché sarebbero dolori anche per tutti le piccole e medie imprese che riforniscono l’automotive di casa nostra e che vivono ancora nella speranza che le promesse degli Elkann di tenere l’Italia centrale vengano mantenute.
Del resto che Fiat avesse l’esigenza di colmare un vuoto tra le citycar elettriche e i segmenti di alta gamma era abbastanza noto. L’auspicio è che decidesse di farlo puntando su produzioni a Mirafiori, Melfi Cassino o Pomigliano che garantissero una boccata d’ossigeno a lavoratori e fornitori locali. Se invece ci si affida a un gruppo cinese che userà l’indotto spagnolo l’Italia non potrà che andare a sbattere.







