2021-04-24
Resa dei conti per la Superlega. Uefa e Serie A studiano le sanzioni
Aleksander Ceferin minaccia i club che non hanno fatto passi indietro: «Non possono stare in Champions League». In Italia riflettori puntati su Andrea Agnelli: gli altri presidenti valutano una causa per il no a 1,7 miliardi dei fondi. Non siamo all'ardire di Brenno, condottiero gallico che, dopo aver sconfitto i romani all'Allia, minacciò: «Guai ai vinti!», anche perché i ribelli della Superlega non somigliano ai romani, ricordano di più degli insorti travestiti da conquistatori. O, stando alle dichiarazioni dei vertici Uefa, a dei lupi travestiti da agnelli, artefici di un blitz pianificato in gran segreto. No, non siamo a quei livelli, e però il vocabolo «Agnelli» è pertinente se riferito al cognome del presidente della Juventus, finito nel centro del mirino dei suoi oppositori assieme al sodale Florentino Perez, patron del Real Madrid. L'assemblea di Lega di Serie A e il direttivo Uefa, entrambi riunitisi ieri, starebbero valutando contromisure di varia natura nei confronti dei club scissionisti, da poco rientrati nei ranghi calcistici. La faccenda è complicata, si articola su due fronti distinti e complementari, ma un precedente politico la ha già generato. Jp Morgan, il colosso della finanza planetaria, si è cosparso il capo di cenere: «Abbiamo valutato male come questa operazione sarebbe stata percepita dal mondo del calcio in generale e l'impatto che avrebbe avuto in futuro. Impareremo da ciò», si legge in un comunicato ufficiale. Jp Morgan, nel progetto di costituzione di un campionato di calcio europeo per club ricchi sganciato dalle istituzioni tradizionali, avrebbe svolto il ruolo di propulsore: erano pronti 3,5 miliardi di euro per supportare i piani di investimento infrastrutturale della Superlega, attraverso un prestito a lungo termine (23 anni) con tasso del 2-3%. Emergono ulteriori dettagli: le società coinvolte sarebbero state 15 (Psg, Borussia e Bayern sarebbero entrate in un secondo momento), e i danari sarebbero stati ripartiti in maniera eterogenea. Il 7,7% ad Arsenal, Bayern, Chelsea, Barcellona, Juventus, Liverpool, Manchester City, Manchester United, Psg, Real Madrid e Tottenham; il 3,8% ad Ac Milan, Atletico Madrid, Dortmund e Inter. Inoltre, a Barcellona e Real Madrid sarebbero stati riconosciuti 60 milioni di euro extra per i primi due anni, riporta il giornale tedesco Der Spiegel. Le società avrebbero siglato un accordo con una penale di scioglimento da 130 milioni di euro. Restano in ballo altre questioni spinose. Sul territorio nazionale in molti si aspettavano la sortita di Paolo Dal Pino. Ieri - stando a quanto filtrato dopo il meeting - il numero uno della Lega di Serie A avrebbe richiamato Juventus e Inter per il loro comportamento nella vicenda. Settimana scorsa (pochi giorni prima del tentato «golpe» della Superlega) Dal Pino era stato sfiduciato da sette società del nostro campionato, capeggiate da bianconeri e nerazzurri, poiché ritenuto «colpevole» di aver favorito l'ingresso al 10% di fondi privati esteri nella Lega. L'avvento dei fondi era vincolato alla permanenza per altri 10 anni nel campionato delle tre squadre più blasonate, Juve, Inter e Milan. L'accordo, come è ovvio, avrebbe tarpato le ali alla nascita della Superlega. In più, Andrea Agnelli è anche uno dei membri della commissione interna di Lega A (assieme a De Laurentiis, Fienga, Fenucci e Campoccia) impegnata a negoziare con i fondi. Per questo alcuni presidenti starebbero valutando l'ipotesi di intentargli una causa per danni, considerandolo responsabile del fallimento dell'operazione che avrebbe rimpinguato le casse della A con 1 miliardo e 700 milioni di euro, oltre a garantire una linea di credito da 1,2 miliardi. Pure Beppe Marotta, manager interista, è a rischio. Se venisse presentata una sfiducia nei suoi confronti, l'ad nerazzurro dovrebbe rassegnare le dimissioni da consigliere federale. Sorte analoga potrebbe toccare al presidente del Milan, Paolo Scaroni, nonostante i rossoneri siano sempre stati favorevoli all'operazione fondi.Ieri si è radunato anche il comitato Uefa, diretto dallo sloveno Aleksander Ceferin, che da qualche giorno non risparmia fendenti acuminati ai vertici juventini e a quelli del Real Madrid. Nessuna sanzione verso i ribelli, almeno per ora, ma una chiara minaccia: «È evidente», ha dichiarato Ceferin, «che i club devono decidere se sono parte di una Superlega o sono club europei. Se vogliono essere parte della Superlega, è evidente che non possono giocare in Champions League». Parole palesemente rivolte a Juve e Milan - che a differenza dell'Inter non hanno formalizzato passi indietro - e al blocco spagnolo. «Il comitato esecutivo Uefa ha seguito gli ultimi sviluppi relativi alla Superlega, in particolare per quanto riguarda le opzioni a disposizione della Uefa e le misure che intende prendere», rimarca una nota di fine riunione. Tra i provvedimenti, c'era chi paventava l'esclusione di Manchester City, Chelsea e Real Madrid dalle semifinali di Champions League in programma settimana prossima, punizione chiesta a gran voce dal danese Jesper Moller, membro del comitato esecutivo. Non converrebbe a nessuno depotenziare lo spettacolo della Champions League in quest'anno già martoriato dal Covid-19, ma ciò non significa che Ceferin abbia sotterrato l'ascia di guerra. Il governo del calcio europeo vuole accertarsi che la Superlega non resusciti. Dopo aver parlato genericamente di «imminenti conseguenze» per le élite calcistiche che gli avevano voltato le spalle, bisognerà appurare se saranno comminate sanzioni disciplinari o sportive. Gli avvocati, di pane per i loro denti, potrebbero trovarne da sfamare un esercito di lanzichenecchi.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)
Nel riquadro: Ferdinando Ametrano, ad di CheckSig (IStock)