2021-04-23
Perez chiede le penali ai club scappati dalla sua Superlega
Florentino Perez (Getty images)
Il patron del Real insiste sul lato economico: «C'erano accordi vincolanti». Direttivo Uefa diviso fra pacifisti e chi esige durezzaPer i pm la cessione della sede del «Corriere della sera» al fondo non fu usuraLo speciale contiene due articoli Il pasticciaccio brutto della Superlega è pressoché archiviato, ma i cascami ne alimentano l'onda lunga di giorno in giorno. Prospettiva maremoto di livello elevato, massima allerta possibile, a gettar olio bollente dalle mura in cui è assediato, ci prova Florentino Perez, patron del Real Madrid, macchinatore del maldestro golpe calcistico assieme ad Andrea Agnelli. «Ci hanno voluto uccidere, come se avessimo tirato una bomba atomica. In vita mia non avevo mai visto tanta aggressività da parte di gente che non vuole perdere i propri privilegi», dice ai microfoni di El Larguero dell'emittente spagnola Cadena Ser. Il riferimento è indirizzato ai vertici Uefa e alle leghe e federazioni nazionali. Fino al fendente: «Per uscire dalla Superlega bisogna pagare una penale. Tra le 12 squadre coinvolte c'è sempre stata una squadra inglese meno convinta di altre (il Manchester City, ndr), che ha contagiato negativamente il gruppo. Nelle altre società inglesi ci sono diverse persone in là con gli anni, si sono spaventati. Ci sono tanti americani che hanno club in Nfl e in Nba, hanno altri interessi, non si aspettavano tanta ostilità, si sono preoccupati». Tradotto: il progetto è tramontato, tanto vale provare a monetizzare per contenere i danni. Resta da capire se e come la strada sarà praticabile: «Non possiamo intraprendere azioni legali, però c'è un accordo vincolante tra i club aderenti. Il nostro non sarebbe un campionato chiuso, potrebbe entrare chiunque, non vogliamo uccidere i campionati, ma i giovani non guardano più il calcio, vogliono vedere un Nadal-Federer tutte le settimane, il calcio è asfissiato dalla crisi, non si arriva al 2024 senza trovare i soldi». Gli fa da sponda Joan Laporta, capo del Barcellona: «La Superlega è necessaria», rimarca, pensando, più che ai giovani appassionati di partite spumeggianti, alla montagna di debiti su cui il club blaugrana è seduto e che solo un'iniezione gargantuesca di liquidi potrebbe spianare. Nel frattempo non si placano le nubi intorno ad Andrea Agnelli. Spiega lo sloveno Aleksander Ceferin, presidente Uefa: «Meglio passar per ingenui che per bugiardi. Sabato scorso ho ricevuto le chiamate di 5 delle 12 società che avrebbero firmato con la Superlega. Mi hanno confermato di voler firmare. Ho chiamato Agnelli, lui mi ha detto che non era vero niente, che erano stronzate inventate. Gli ho proposto una dichiarazione pubblica congiunta sul tema, lui ha dato il suo assenso, suggerendomi di preparare una bozza. A bozza pronta, ha detto che non gli piaceva molto, che l'avrebbe modificata e mi avrebbe richiamato. Poi ha spento il telefono». La tentazione del non essere rintracciabile è un peccatuccio che in molti rimproverano al dirigente bianconero. Karl-Heinz Rumenigge, presidente del Bayern Monaco, ha confermato: «Agnelli non mi risponde». In un'intervista a L'Equipe, il presidente del Lione Jean-Michel Aulas rincara la dose: «La delusione umana è immensa. Ne ho discusso con Ceferin a Montreux, gli ho detto che domenica scorsa avevo provato a chiamare Agnelli e non mi aveva risposto. Mi sento imbrogliato, lui aveva la nostra piena fiducia, almeno avrei voluto che dicesse che stava per succedere qualcosa». Qualcosa di sicuro succederà oggi in sede Uefa, dove è riunito il direttivo. Tra la linea dei falchi, che auspicano sanzioni esemplari per le società scissioniste, e quella delle colombe, più inclini al perdono e a un buffetto di demerito, qualcuno tratteggia scenari in cui Juventus e Real Madrid siano squalificate dalla Champions League per almeno un anno. L'ipotesi pare infondata. L'Uefa non nutrirebbe interesse nell'instaurare una Norimberga del pallone, pare più propensa a garantirsi un avvenire blindato capace di includere i grandi blasoni, dimodoché la Superlega rimanga solo un ricordo a futura memoria di eventuali ribelli. Diversi, e assai caldi, i temi sul piatto per rendere il calcio europeo sostenibile: su tutti un nuovo fair play finanziario con l'aggiunta di un tetto salariale per gli ingaggi dei giocatori, senza vincoli netti di spesa. Ceferin resta categorico su un aspetto della faccenda: «Le porte Uefa sono aperte, ma non avrò mai più un rapporto personale con certe persone». I rapporti personali, ennesimo nodo gordiano, riguardano pure i tifosi e i loro beniamini. Ieri i fan del Manchester United si sono presentati al campo d'allenamento esponendo striscioni al vetriolo verso i vertici della società, rea di aver abbracciato il progetto Superlega. Joel Glazer, presidente dei Red Devils, aveva già presentato una lettera di scuse alla tifoseria. Persino Toni Kroos, colonna del Real Madrid, in un suo podcast non usa mezze misure: «I campionati nazionali sono un ottimo prodotto assieme alla Champions, ai Mondiali e agli Europei. Se fosse per noi calciatori, non giocheremmo nemmeno la Nation League o la Supercoppa spagnola in Arabia Saudita».