Allarme sicurezza. Una ragazza di appena diciotto anni è stata aggredita e violentata nella notte tra sabato e domenica a San Zenone al Lambro, al confine tra le province di Milano e Lodi. La giovane stava andando a prendere il treno, quando uno sconosciuto l’ha afferrata e spinta in un’area boschiva, dove ha iniziato a picchiarla violentemente e poi ha abusato sessualmente di lei. Dopo che l’aggressore, descritto dalla vittima come un uomo di origine nordafricana, si è allontanato, la ragazza è riuscita ad allertare il 112 ed è stata trasportata in ospedale. Prima è giunta al Policlinico di Milano dove le sono state medicate le ferite causate dal trascinamento e dall’aggressione, e subito dopo è stata trasferita in codice arancione nel centro antiviolenza della clinica Mangiagalli di Milano. La diciottenne ha provato anche a difendersi come è emerso pure dalle ferite riportate. Eppure non è riuscita a contrastare la violenza di quell’uomo. La giovane ha ricostruito quanto accaduto alle forze dell’ordine: stava tornando a casa dopo aver trascorso una serata con la sorella quando, all’improvviso, un uomo che le è sembrato di origini nordafricane e non italiane, le si è scaraventato addosso con violenza. L’ha aggredita, picchiata e trascinata in una zona isolata dove l’ha violentata. Immediatamente sono state avviate le indagini, coordinate dalla Procura di Lodi, e condotte dai carabinieri della compagnia di San Donato e del nucleo investigativo di Milano. Gli investigatori stanno visionando le immagini delle telecamere di videosorveglianza che dovrebbero rivelarsi fondamentali nella ricerca dell’uomo dal momento che in zona non c’era nessun testimone in quel momento. Si tratta dell’ennesimo episodio di aggressione e violenza nel Milanese e anche ai danni di una giovane. «Vicinanza totale alla giovane ragazza violentata nei pressi della stazione di San Zenone al Lambro», ha espresso la deputata della Lega e responsabile del dipartimento Pari opportunità del Partito, Laura Ravetto. «Quanto accaduto è gravissimo: la diciottenne è stata seguita, aggredita, picchiata e violentata mentre andava a prendere un treno». «Ormai», ha aggiunto Ravetto, «i cittadini che vivono quotidianamente Milano e il suo hinterland devono loro malgrado convivere con situazioni di degrado e insicurezza che non possono essere accettate, soprattutto quando mettono a rischio l’incolumità delle donne. Tolleranza zero contro chi sporca il nostro territorio con simili atrocità, la sicurezza è un diritto inviolabile». «Tolleranza zero» è anche quella che chiedono i cittadini dell’hinterland milanese stanchi di non poter uscire la sera in tranquillità o costantemente in ansia per i loro figli e nipoti. Negli ultimi mesi, infatti, si sono verificati diversi episodi di aggressioni e violenze ai danni di giovani. Ma la brutalità di quanto accaduto alla diciottenne, in particolare, richiama alla mente anche l’ultimo episodio di violenza sessuale che ha visto come vittima una sessantenne romana che alle prime luci dell’alba del 24 agosto scorso è stata aggredita, violentata e rapinata del cellulare da un uomo descritto come «di colore», che poi si è scoperto essere il gambiano Sheikh Hydara. La donna è stata aggredita, la mattina del 24 agosto, poco dopo le 6, mentre stava portando a passeggio il suo cane nel parco di Tor Tre Teste alla periferia di Roma. L’uomo si è avvicinato alla donna prima portandole via il cellulare che aveva nel marsupio e poi abusando sessualmente di lei. A quell’ora il parco ero deserto. L’uomo si è poi allontanato e la donna è riuscita a tornare a casa e a chiamare i soccorsi. Le forze dell’ordine si sono messi immediatamente alla ricerca del giovane che è stato fermato dopo un paio di giorni. Il ragazzo è stato rintracciato e individuato grazie alle immagini delle telecamere di videosorveglianza. I carabinieri lo hanno fermato all’esterno della stazione di Roma Termini riconoscendo il berretto e le scarpe che erano quelle indossate anche la mattina della violenza. Il giovane è stato poi riconosciuto pure dalla donna vittima di violenza e lui stesso ha confessato quanto accaduto. Il gambiano ha ammesso di aver commesso la violenza perché sotto l’effetto di droga acquistata poco prima della violenza nella zona del Quarticciolo, non molto distante dal parco in cui ha abusato della donna. Il ventiseienne è accusato di un’altra violenza sessuale avvenuta qualche giorno dopo quella del 24 agosto. Infatti, i carabinieri della stazione di Roma Monte Mario sono intervenuti al pronto soccorso dell’ospedale Gemelli perché una donna di 44 anni si è presentata con lesioni da violenza sessuale e ha denunciato di essere stata violentata da uno straniero da lei stessa descritto come «un uomo di colore». È accaduto attorno alle 4 del mattino del 26 agosto e la vittima ha raccontato ai carabinieri di essere stata aggredita da quel giovane mentre aspettava l’autobus. Ha denunciato la violenza subita e i carabinieri sono riusciti, anche grazie all’identikit fornito, a individuarlo e rintracciarlo.
All’Alcatraz di via Valtellina, una delle discoteche più grandi di Milano, l’avevano visto ballare insieme alla sua vittima. Poi i due avrebbero bevuto qualche drink al bar e sarebbero usciti. Attraversata la strada, però, nel parcheggio di un market, avrebbe tentato di stuprarla. Lei è riuscita a divincolarsi e, urlando, ha attirato l’attenzione dei buttafuori della discoteca che sono intervenuti subito bloccando il presunto aggressore fino all’arrivo della polizia, che l’ha identificato e arrestato in flagranza. Si tratta di uno studente diciannovenne di origini egiziane senza precedenti penali. La vittima, studentessa anche lei, è un’americana di 20 anni, a Milano per il progetto Erasmus. Gli agenti della Sezione volanti l’hanno ascoltata subito, raccogliendo il suo racconto. Ed è emerso che i due non si conoscevano. Lui l’avrebbe avvicinata nel locale e lei non ne avrebbe intuito le vere intenzioni. Ma se all’interno nel locale il giovane avrebbe mantenuto un atteggiamento composto, appena giunti all’esterno sarebbero cominciate le avance. Attraversata la strada, poi, avrebbe cambiato completamente approccio. Mentre lui veniva identificato al commissariato, la vittima è stata accompagnata alla Clinica Mangiagalli dai soccorritori del 118 (in codice giallo) e sottoposta agli accertamenti medici. Gli abusi, stando a quanto trapela, sarebbero stati riscontrati. E per lo studente di origini egiziane è scattata l’accusa di violenza sessuale, subito comunicata alla Procura che, ora, dovrà chiedere la convalida dell’arresto. Il tutto con le ultrà femministe in perenne silenzio. Come sottolinea l’eurodeputata e consigliere comunale milanese della Lega Silvia Sardone: «Mi chiedo perché le femministe di sinistra stiano zitte di fronte a questa violenza e alla situazione sempre più pericolosa di Milano: non hanno nulla da dire? Non c’è più l’allarme patriarcato?». Sardone evidenzia anche le croniche criticità in tema di sicurezza: «Ormai è una consuetudine, purtroppo nel totale disinteresse del sindaco e del Pd che amministrano la città. L’attenzione di Palazzo Marino sul tema della sicurezza rasenta lo zero, nonostante i proclami nulla sta cambiando, dal centro alle periferie». L’ex vicesindaco di Milano ora deputato di Fratelli d’Italia, Riccardo De Corato, infatti, ha ricordato: «Il sindaco Beppe Sala si impegnò nel 2021 a far presidiare di notte le zone della movida dai vigili urbani; allo stesso tempo però non solo non sta dotando il corpo dei vigili urbani della strumentazione adeguata, ma vuole anche ridurre loro lo stipendio e le tutele contrattuali». E nella città più insicura d’Italia stupri e violenze sessuali non si contano. L’ultimo caso risale al 15 febbraio: una diciassettenne torinese è stata inseguita, bloccata contro un muro e palpeggiata da uno sconosciuto mentre si trovava nella Stazione Centrale. Il giorno prima, invece, in un negozio di telefonia, in pieno centro, uno straniero ha prima molestato la commessa, poi si è trasformato in uno stalker, presentandosi per tre giorni di fila davanti al negozio, finché non è stato arrestato. Solo dieci giorni prima, sempre davanti a una discoteca, si era verificata un’altra violenza, con la vittima aggredita alle spalle e spinta a terra prima degli abusi. In manette è finito un africano di 44 anni. E non è finita: il 31 gennaio una turista inglese ha denunciato di essere stata aggredita e violentata alle Terme di Milano, in zona Porta Romana; nella notte tra sabato 20 e domenica 21 gennaio, invece, due turiste straniere di 19 e 27 anni hanno denunciato di essere state aggredite dallo stesso uomo mentre si stavano dirigendo da una discoteca in viale Enrico Fermi, alla fermata della metro Affori, mentre il giorno di capodanno una ventenne ha denunciato l’aggressione sessuale di un ecuadoriano dopo aver trascorso la serata in un locale sui Navigli.
Sempre in Lombardia, ma a Monza, venerdì sera è stato arrestato dalla polizia locale un ventottenne egiziano senza fissa dimora. L’accusa è sempre la stessa: violenza sessuale. Ha inseguito una donna appena scesa dal treno e ha cominciato a palpeggiarla. Poi ha aggredito gli agenti intervenuti per aiutarla. La vittima ha raccontato di essere stata sorpresa alle spalle e palpeggiata mentre abbandonava il convoglio, di essere stata seguita e aggredita sessualmente anche sulle scale della stazione. Una volta uscita dalla stazione si è rivolta a due agenti della polizia locale che hanno rintracciato il sospettato. L’egiziano ha reagito colpendoli a calci e pugni. Uno dei due agenti è caduto a terra a causa dei colpi. L’aggressore è stato bloccato anche grazie all’intervento di un poliziotto, libero dal servizio, che ha assistito alla scena mentre stava tornando a casa a fine turno. Il pubblico ministero di turno ha disposto l’immediato trasferimento dell’egiziano nel carcere di Monza. L’agente ferito, medicato in ospedale, invece, è stato dimesso con una prognosi di sette giorni.
Prima l’hanno picchiata con bastoni e spranghe. Poi, in sette, avrebbero abusato di lei, all’epoca appena quattordicenne: due sono minorenni, tre maggiorenni, mentre altri due non sono ancora stati identificati. Sono tutti ragazzi egiziani con piccoli precedenti per furti e rapine: risultano indagati per violenza sessuale di gruppo.
È una storia di degrado, emarginazione, droga e violenza quella che arriva da una Milano spesso invisibile sui giornali, quella delle zone abbandonate della periferia dove immigrati di seconda e terza generazione vivono spesso senza famiglia. Anche Milano ha le sue Caivano. La vittima, oggi quindicenne, aveva conosciuto i suoi aguzzini la scorsa estate in vacanza a Riccione. Con due di loro aveva avuto una breve relazione. Poi si erano rivisti a Milano a settembre. Dopo una serata passata in corso Como, il branco l’aveva convinta a passare la notte in una zona abbandonata vicino a Bonola, una vecchia struttura sportiva ormai abbandonata, a nord est del capoluogo lombardo. Con lei ci sarebbe stata anche un’amica, che però non ha denunciato la violenza e di cui non sono state trovate le generalità.
Qui ci sarebbe stato lo stupro, dopo il pestaggio. A turno i ragazzi avrebbero abusato di loro. La ragazza, che quella notte era fuggita da una comunità, è riuscita a denunciare il reato solo un mese più tardi, grazie all’aiuto di un’educatrice che la seguiva da tempo: un ricovero in ospedale per un’infezione ha convinto la minorenne a parlare. Un’adolescenza difficile, fatta di fughe da casa e genitori assenti, è solo il contorno di una vicenda che ha visto nei giorni scorsi l’arresto di un ragazzo egiziano di 21 anni a Rimini. La squadra mobile di Marco Calì gli dava la caccia da mesi. Un tatuaggio gli sarebbe stato fatale per il riconoscimento. Un altro ventiduenne è già stato espulso nei mesi scorsi, così come il terzo maggiorenne è stato rimpatriato in Egitto.
Per i due minorenni la loro posizione è ancora al vaglio della Procura, ma sono anche loro indagati. Per risolvere il caso è stata fondamentale la testimonianza della ragazzina che, nonostante il dolore di quei giorni, è riuscita, tramite l’aiuto di una educatrice, a parlare con le forze dell’ordine e ad aiutarli a riconoscere e individuare i suoi aguzzini.
A un anno di distanza la ragazza avrebbe anche interrotto il consumo di droga. E, secondo gli inquirenti, il quadro descritto era più che attendibile. «Anche i riconoscimenti fotografici effettuati appaiono di particolare affidabilità, in quanto la minore dimostra di conoscere bene gli indagati, per frequentazioni pregresse. La serietà con cui ha collaborato con le forze dell’ordine è anche comprovata dal fatto che nella prima circostanza», si legge nell’ordinanza, «aveva riconosciuto solo uno degli autori del reato e, in effetti, nel primo album fotografico sottopostole mancavano le fotografie riguardanti gli altri indagati». «Il livello di violenza esercitato, la pervicacia nel proposito criminoso fanno emergere personalità ciniche, violente, aggressive. Le condizioni di vita dei medesimi, in assoluta promiscuità in edifici abbandonati», si legge nel provvedimento del gip di Milano, Patrizia Nobile, dopo le indagini dei pm Letizia Mannella ed Elisa Calanducci, «inducono a ritenere che gli indagati non abbiano freni inibitori e che le condotte in esame, lungi dall’essere episodiche, rispondano ad istinti irrefrenabili che i medesimi assecondano, in assoluto spregio della mancanza di consenso della persona offesa (peraltro minore), anche come per assecondare logiche di sopraffazione proprie del branco».
Secondo Riccardo De Corato, ex vicesindaco di Milano e componente della commissione d’inchiesta sulla Sicurezza e sul degrado delle periferie in Italia, «il controllo del territorio è fondamentale. Per attuare ciò ed evitare che vi siano zone franche come l’ex palestra di Bonola, è necessario che le aree e gli edifici disabitati siano debitamente recitanti in modo da impedire che vi sia accesso. E se i proprietari non sono d’accordo, i Comuni devono recintare le aree o gli edifici con le spese a carico dei proprietari».
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi non ha fatto in tempo ad affermare che a Milano «non esiste un’emergenza sicurezza» che un’altra aggressione sessuale, questa volta tentata, è andata a ingrossare l’inquietante conta dell’ultimo periodo: il marocchino che ha violentato la ragazza appena uscita dal ristorante spingendola nella sua automobile, l’egiziano che ha aggredito la studentessa sul treno, il marocchino che ha stuprato nell’ascensore della stazione centrale la turista connazionale che vive a Parigi, i due marocchini che hanno palpeggiato una studentessa in piazza Duomo, il somalo che dopo aver attirato nella sua tenda una clochard disabile ha abusato di lei, e mercoledì pomeriggio un gambiano ventitreenne, irregolare, incensurato e senza fissa dimora, si è infilato a casa di una quarantaquattrenne di origine polacca in una zona considerata tranquilla perché residenziale (nelle vicinanze di via Washington) in pieno giorno e ha cercato di violentarla. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, che ieri l’hanno arrestato su disposizione del pubblico ministero di turno Paolo Filippini, il gambiano sarebbe riuscito a entrare nel palazzo, sfruttando l’attimo in cui il portone era ancora aperto. Avrebbe seguito la vittima che era da poco rientrata a casa e non aveva ancora chiuso la porta. Ha infilato il piede per impedirne la chiusura. E appena ha avuto la vittima a tiro l’avrebbe colpita con un paio di cazzotti in pieno volto per tramortirla. Poi ha continuato a colpirla, anche in testa. La donna però non ha perso lucidità e, quando l’aggressore ha cercato di strapparle di dosso i vestiti (riuscendo però a sfilarle solo la camicetta), è riuscita a reagire. Ma, soprattutto, ha cominciato a urlare. Lui per un attimo l’ha mollata. E visto che non era riuscito a ottenere quello che voleva, si è messo a rovistare nell’appartamento per cercare almeno di portare via qualcosa. I vicini hanno sentito le urla e hanno subito chiamato il 112. I carabinieri sono arrivati pochi minuti dopo e il gambiano era ancora all’interno dell’appartamento. L’incubo in cui era piombata da quarantaquattrenne è terminato con l’arresto in flagranza di reato per tentata rapina aggravata. La donna è stata accompagnata al pronto soccorso per le ferite riportate durante l’aggressione: è stata dimessa con una prognosi di ben 14 giorni. Nella richiesta di convalida del provvedimento il pm Filippini, oltre a sottolineare la pericolosità e la determinatezza dimostrate dal gambiano, ha contestato anche il reato di violenza sessuale (d’altra parte i carabinieri hanno trovato la donna seminuda al loro arrivo e la situazione è apparsa subito inequivocabile). Sulla misura cautelare deciderà il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano nelle prossime ore, dopo aver ascoltato la versione dell’arrestato. Sulla repressione dei reati le forze dell’ordine stanno fornendo risposte immediate. Fatta eccezione per i due molestatori marocchini in piazza Duomo (che, nonostante gli identikit forniti dalla vittima, non sarebbero ancora stati individuati), gli altri aggressori sessuali sono stati tutti arrestati.
La presenza di Piantedosi a Milano ha fatto tirare il fiato alla politica. E il sindaco green Beppe Sala, confortato dalle parole del ministro, ha ricominciato a nascondere la polvere sotto il tappeto, circoscrivendo i pericoli alla zona della stazione centrale. Ieri se ne è uscito così: «Ha ragione Piantedosi, sulla sicurezza stiamo lavorando. Quando è diventato ministro mi ha chiamato per dirmi che c’era da lavorare, ha sentito me e i sindaci di Roma e di Napoli per cominciare a lavorare dai luoghi più delicati e cioè le stazioni». Poi ha aggiunto: «Non dobbiamo parlare di emergenza, ma è una situazione che va affrontata».
Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, invece, ha spostato il focus: «L’insicurezza è soprattutto percepita, ma mi permetto di dire che in un Paese civile e in una città civile non si può fare il raffronto tra 107 stupri e 87 stupri. In un Paese civile gli stupri non dovrebbero esserci, punto. Quindi fin tanto che ce ne sarà uno la sicurezza percepita rimarrà sempre poco percepita, perché una ragazza non sa se sarà lei la sfortunata di quell’unico stupro». E ha affermato: «Noi dobbiamo fare in modo le nostre ragazze possano circolare in assoluta tranquillità». Fontana si è detto «soddisfatto», perché «il ministro ha accertato che la situazione va affrontata e ha promesso l’invio di 430 nuovi agenti, un messaggio importante, anche ai fini della percezione della sicurezza perché vedere una divisa è rassicurante».
E ha dimostrato di tenere bene a mente le cause: «Questa situazione si è creata a seguito del far finta di non vedere che cosa stava succedendo, facendo finta di non riconoscere che l’immigrazione incontrollata non può che portare a queste conseguenze». L’eredità del Viminale guidato da Luciana Lamorgese, insomma, ha un certo peso specifico.
- L’accoglienza sfrenata ha reso Milano un buco nero di delinquenza. Ma per l’ennesima aggressione in Centrale, la sinistra se la prende con il ministro dell’Interno. «Reo» di non essere riuscito, in poche settimane, a sistemare anni di anarchia.
- Dallo stupro al pisolino nell’aiuola. La vittima ha detto di aver subito, poco prima, un altro abuso sempre vicino allo scalo.
Lo speciale contiene due articoli.
Lo stupro in stazione Centrale? È colpa di Piantedosi. Mica di decenni di accoglienza scriteriata. Mica della favola bella, nel nome della quale abbiamo spalancato le porte a migliaia di squinternati, senza dar loro un ricovero e men che meno un futuro, lasciando che si trasformassero in vagabondi e delinquenti. Mica della fumosa retorica su Milano che non si ferma, Milano vicino all’Europa, Milano che banche che cambi, Milano che però non è la canzone di Lucio Dalla, ma il posto in cui una donna deve aver paura di prendere un treno. Milano, che se parcheggi l’auto a Città Studi, Solari o Porta Venezia, rischi ti portino via le ruote col favore delle tenebre. Se ne sono accorti su Instagram, non a Palazzo Marino: l’importante, per il sindaco in salsa verde, è che quell’auto fosse ecologica.
La linea, sull’ultimo fattaccio di cronaca nera nel capoluogo lombardo, la detta La Stampa: il piano sicurezza del governo è «un flop». Un mese e mezzo fa, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, aveva impartito l’ordine di rafforzare i controlli negli scali ferroviari. «Eppure», scrive il quotidiano di Torino, «non è stato sufficiente per impedire» che un ventiseienne marocchino, senza documenti, senza dimora, clandestino, «aggredisse e violentasse una donna» in Centrale. Il 10 maggio, il titolare del Viminale sarà a Milano per fare il punto sulle contromisure. Intanto, capito che logica? Da anni, i progressisti importano disperati senza arte né parte, nel nome dell’«umanità», dei «ponti al posto dei muri», del loro «stile di vita che presto sarà il nostro». Il problema, però, è che, in un mese e mezzo, l’ex prefetto non è riuscito a ripulire la cloaca di degrado, spaccio e violenza della stazione di Milano. Così, sul governo cadono «tegole sul tema della sicurezza», proprio quello «identitario» per Giorgia Meloni. E le penne più chic sghignazzano.
Se a Palazzo Chigi ci fossero Pd e soci - a proposito, quali soci? I dem stanno con i 5 stelle o no? Con Calenda o no? Con Renzi o no? Con Bonelli o no? - avrebbero già la soluzione. La potrebbero mutuare dai consigli di Jacopo De Michelis, dell’editore Marsilio. Centrale, spiega al Corriere della Sera lo scrittore, è «un luogo emblematico, enorme, una calamita che attrae ogni forma di disagio ed emarginazione».
Chi ci vive, o spera di sopravviverci, sono soprattutto «persone fragili, ai margini». Quindi, «l’approccio repressivo non risolve». Serve la «solidarietà». Già. A chi? Con cosa? Come? Portiamo un pasto caldo ai tossici acquartierati sotto i portici di via Pisani, giusto davanti alla nostra redazione? Mandiamo gli angeli della notte a elargire tenerezze al signor Fadil M., 26 anni, che ha trascinato per un braccio, picchiato e tentato di stuprare una donna, peraltro sua connazionale? Diamo una pacca sulla spalla a Rhasi Abrahman, che a marzo ha provato ad accoltellare una donna incinta, ferendone altre quattro e quasi ammazzando un passante che era intervenuto in difesa della malcapitata? E cosa dire di Termini a Roma? Pure quello un «luogo emblematico», dove una ragazzina israeliana si ritrova colpita dai fendenti di uno squilibrato polacco e una quarantaquattrenne viene assalita da un senegalese, accanto all’ingresso di via Marsala.
Bisogna capire: in certi contesti manca la solidarietà. «È il lato oscuro della società del benessere», pontifica De Michelis. «Si vuole nascondere la polvere sotto il tappeto, fingendo di non vedere povertà ed emarginazione, finché la situazione esplode».
E invece, su quella desolazione, bisognerebbe che aprano gli occhi innanzitutto quelli che volevano vendercela quale esempio virtuoso di società multiculturale, permeabile alla contaminazione con l’esotico, refrattaria alle barriere. Roma città aperta, Milano col coer in man. Poi, però, persino il giornale di via Solferino - altro quartiere, altra realtà rispetto ai vicoli intorno alla stazione - si sveglia. E sull’edizione meneghina, pubblica uno sfogo sull’«arresto ormai inutile» di «predoni e disgraziati che si inseguono, sfregiano, accoltellano»: ahinoi, «l’indomani son liberi, per una differente interpretazione della dolente commedia umana tra gli operanti in strada (carabinieri e polizia) e i giudicanti in ufficio (magistrati), o per leggi non attuali, non più “capaci” di leggere gli scenari».
Lo scenario lo denunciano da tempo gli osservatori tacciati di suprematismo bianco: se apri i porti, ma la tua «accoglienza» consiste nell’abbandonare per strada irregolari, sbandati, uomini soli e senza prospettive, anziché il melting pot, ti ritrovi l’anarchia. E dopo, non risolve il problema, in trenta giorni, Piantedosi. E nemmeno Batman. Beppe Sala, adesso, si sveglia: chiede telecamere e qualche centinaio di agenti. «Non ho mai scaricato su altri le responsabilità», giura. Encomiabile. Per recuperare il polso della situazione, non gli resta che farsi un giro in piazza. Non solo se è quella antifascista. Non solo se è quella davanti al Duomo.
Dallo stupro al pisolino nell’aiuola. Il film di un incubo lungo 30 minuti
Il thriller della stazione Centrale di Milano dura quasi 30 minuti: dal momento in cui la vittima, una marocchina di 37 anni residente in Francia, varca l’ingresso, fino al momento in cui una guardia giurata la trova rannicchiata e in lacrime davanti alla biglietteria. I due video acquisiti dalla polizia ferroviaria l’altro giorno e che, per i magistrati del pool fasce deboli della Procura di Milano, inchioderebbero Fadil M., marocchino pure lui, 26 anni, irregolare in Italia con almeno altre quattro identità e un precedente in Slovenia, sono alla base del decreto di fermo (la cui convalida è prevista per oggi) disposto dai magistrati.
Fadil è accusato di violenza sessuale e lesioni aggravate. È entrato in stazione con la vittima. Uno dei due video lo riprende all’ingresso del piano terra della stazione mentre si offre di portare il bagaglio della donna e le fa strada. Ovvero, la porta in una trappola. Non le indica la scala che porta verso i binari del piano superiore. Ma l’accompagna verso il montacarichi lontano dal passaggio, in un corridoio molto stretto. Quando la donna si trova nel corridoio è ormai troppo tardi.
Appena le porte dell’ascensore sono aperte lui la spinge dentro, incurante della telecamera all’interno. La colpisce al volto: due pugni. Lei resta tramortita. A quel punto si sarebbe consumata l’aggressione sessuale. Lei lo graffia, lo colpisce, cerca di respingerlo. Ma sono le urla a fermarlo. Il marocchino capisce che qualcuno potrebbe mettere fine a quell’incubo. E allora decide di scappare. Come se nulla fosse, va a riposarsi in un’aiuola semicircolare proprio all’angolo della stazione. Indossa ancora la stessa maglia con fantasia a fiori, gli stessi jeans e il cappellino che sono impressi nei frame catturati dalle telecamere. Questo episodio è già finito in un capo d’imputazione.
Ma la vittima ha raccontato alla polfer di essere stata violentata anche all’esterno della stazione. «All’1.30, dopo la chiusura della stazione», è il racconto della donna, «sono uscita in piazza Luigi di Savoia. Lì sono stata avvicinata da un mio connazionale. Abbiamo parlato per alcuni minuti. Gli ho detto che sarei andata in Francia». La conversazione sembrava amichevole. Poco dopo, però, il marocchino l’avrebbe trascinata nei giardini accanto alla stazione. «Con forza», ha denunciato la vittima, «mi ha abbassato i jeans, mi ha violentata e io ho perso i sensi».
Ma su questo episodio le attività investigative sono ancora in corso. Al momento, le telecamere esterne non hanno fornito alcuna indicazione. E gli agenti stanno cercando qualche testimone. Ma stanno anche cercando di risalire con precisione all’identità del presunto aggressore. Quando l’hanno individuato non aveva documenti né telefono cellulare. Uno dei tanti fantasmi che vivono e dormono nel degrado attorno alla stazione. E, ovviamente, avrebbe subito fornito una falsa identità. Inserite le impronte digitali nel sistema informatico interforze, è saltato subito fuori un controllo in Slovenia. Lì era stato identificato come Fadil M. E, per ora, è l’unica identità già verificata sulla quale possono contare gli inquirenti. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha annunciato una visita a Milano il 10 maggio. Il sindaco Beppe Sala ha detto di essere consapevole che servono più controlli e più telecamere attorno alla stazione.
Ma non ha ancora le idee chiare. Ai cronisti che ieri, dopo un incontro in prefettura, gli hanno chiesto quanti uomini in più servirebbero, il sindaco ha risposto: «Difficile dirlo, però da quanto mi dice il prefetto, qualche centinaio». Nel frattempo, sta a guardare.







