
È dagli anni Settanta che circolano notizie false sull'interruzione di gravidanza. Mistificazioni su numeri e fatti che, purtroppo, vengono riproposte ancora oggi.Nei giorni in cui ricorre il quarantennale della norma italiana sull'aborto, oggi come allora salutata come fondamentale traguardo di civiltà, c'è un aspetto storico e insieme di grande attualità dell'evento meritevole di sottolineatura: la notevole mole di fake news che 40 anni fa furono sistematicamente diffuse dai media allo scopo di «vendere» all'opinione pubblica la necessità d'una svolta legislativa abortista. Bufale gravi, e spesso clamorose, per le quali però, dopo decenni, nessuno ha avvertito il bisogno di scusarsi. Pare dunque opportuno un breve riepilogo delle manipolazioni orchestrate dalla grande stampa. Tutto cominciò nel 1971 quando, con le prime proposte di legge socialiste per depenalizzare l'aborto, si iniziò a raccontare che 25.000 donne ogni anno morivano a causa di pratiche clandestine. Una cifra allora presa per buona e rilanciata dal Corriere della Sera e da riviste quali Panorama e Novella 2000. Tanto che ancora oggi resiste l'idea che prima della 194 morissero migliaia e migliaia di donne. Dall'Annuario statistico del 1974 risulta però che le donne in età feconda decedute nel 1972, cioè prima della legge 194, furono in tutto 15.116 e, di queste, 409 erano quelle morte di gravidanza o parto. Sempre troppe, chiaro, ma infinitamente meno di 25.000.Prima della legalizzazione dell'aborto, nel luglio 1976, a sconvolgere l'opinione pubblica italiana fu poi, in Lombardia, il disastro di Seveso, con la rottura di un reattore dell'azienda Icmesa che causò la fuoriuscita e la dispersione nell'aria di una nube di una nube di diossina. Ebbene, con la sola eccezione del Giornale di Indro Montanelli, i media si scatenarono. In primo luogo ingigantendo le dimensioni del disastro - «Sgombero per 100.000?», si chiedeva per esempio Repubblica, anche se in realtà le persone costrette a lasciare le loro abitazioni furono 736 - ma soprattutto con l'esortazione all'aborto per le gestanti del luogo, altrimenti destinate - veniva scritto - a partorire bambini deformi, peraltro a rischio della loro stessa vita.Al punto che il 2 agosto, su La Stampa, il giornalista Nicola Adelfi arrivò a proporre addirittura di rendere l'aborto coatto, così «si cancellerebbe ogni resistenza affettiva, ogni scrupolo morale o di natura religiosa nelle persone interessate». Degni di nota, sempre restando a quanto si leggeva allora su La Stampa, gli epiteti riservati ai figli, ancora in grembo, delle donne di Seveso e dintorni, definiti «mostri», «malformati», «mongoloidi», «folli», «criminali», «mostri», «masse di carne informi». Non fu più tenero il Messaggero, che a sua volta definiva i nascituri di Seveso «pazzi», «criminali», «esseri di cui liberarsi perché o isolati dalla società o pericolosi per la stessa».Tale allarmismo ebbe però scarso successo - su un migliaio di gestanti, gli aborti volontari furono 42 e 4 gli spontanei - ma, cosa più importante, si rivelò infondato: tra il gennaio e il febbraio del 1977 nacquero i primi «figli della diossina» risultando tutti perfettamente sani. Non solo: nella zona non si verificò alcun aumento di bambini focomelici, e gli stessi esami effettuati su 42 feti abortiti rivelarono come nessuno di essi mostrasse gravi danni. Come quella delle 25.000 donne decedute per aborto clandestino, quella dei «mostri» di Seveso fu dunque una clamorosa fake news. Una terza bufala fu, poi, quella degli innumerevoli aborti clandestini pre 194: si raccontava - e tutt'ora si racconta - che fossero milioni e che, con la legalizzazione, si sarebbero estinti. Le stime stellari si sprecavano: sul Corriere della Sera del 10 settembre 1976 si leggeva che gli aborti clandestini potevano essere da 1,5 a 3 milioni, mentre sull'Espresso del 9 aprile 1967 si parlava addirittura di 4 milioni. La realtà? Secondo il professor Bernardo Colombo, demografo dell'Università di Padova, coautore di una ricerca con gli statistici Bonarini e Rossi, in Italia gli aborti clandestini erano - al massimo - 100.000; significa che le stime diffuse dai giornali erano aumentate, rispetto alle più plausibili, anche del 3900%. La stessa sconfitta del fenomeno grazie alla legalizzazione risulta smentita: a pagina 15 dell'ultima relazione ministeriale sulla 194, considerando le donne italiane e quelle straniere si stimano infatti dai 15.000 ai 20.000 aborti clandestini all'anno, quindi almeno 40 al giorno. Ora, come mai davanti a cotante sistematiche mistificazioni, neppure dopo 40 anni dal mondo del giornalismo non si è levato un principio di autocritica? Ci sono forse fake news cattive e fake news buone? Il sospetto che è che, dopo decenni di indifferenza e milioni di bambini mai nati, anche la verità sulla 194 e sulle campagne di disinformazione che ne furono apripista, purtroppo, sia stata abortita.
Elly Schlein (Ansa)
Fratelli d’Italia spinge per il proporzionale puro con premio di coalizione, ma il Pd grida al magheggio: «Hanno paura di perdere». Esaltati dalle ultime elezioni, credono che con le attuali regole vincerebbero le politiche. Lo scenario più probabile, però, è lo stallo.
I risultati delle regionali di Campania, Puglia e Veneto hanno fatto ringalluzzire la sinistra, sicura adesso di avere un’alternativa a Giorgia Meloni, e contestualmente rintuzzato il dibattito sulla legge elettorale e sul premierato. Ad accendere la miccia il responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli: «Va fatta una riflessione sulla legge elettorale», perché, «con il campo largo unito, a differenza delle politiche 2022, se si dovesse votare oggi non ci sarebbe la stessa stabilità politica né in caso di vittoria del centrodestra né in caso di vittoria del centrosinistra».
(Istock)
- Nel bresciano un bengalese stupra una bambina di 10 anni. L’episodio avvenuto in un centro per rifugiati. L’uomo ha confessato. Tra rito abbreviato e circostanze a discarico, la pena rischia di essere irrisoria.
- A Pisa uno straniero violenta bimba di 6 anni. Il «protocollo rosa» è scattato dopo che la piccola ha denunciato strani comportamenti da parte dell’adulto, ritenuto persona di fiducia dalla famiglia. Sugli indumenti della vittima trovate tracce genetiche dell’indagato.
- Per i fatti di Tor Tre Teste si cerca un tunisino, forse riparato all’estero. I tre fermati hanno precedenti per spaccio. Possibile anche la presenza di un quinto uomo.
Lo speciale contiene tre articoli.
Elly Schlein, Roberto Fico e Giuseppe Conte (Ansa)
Nonostante quel che si dice e si scrive, le elezioni regionali non hanno spostato di una virgola gli equilibri politici nazionali. Per lo meno a destra, mentre nel centrosinistra forse qualche cambiamento c’è stato. Alessandra Ghisleri, che fra i sondaggisti è quella che più ci prende, alla domanda se a questo turno Schlein e compagni siano riusciti a rubare voti alla maggioranza di Meloni, Salvini e Tajani, ha risposto con una fragorosa risata. In Campania, che è portata a esempio di successo del campo largo, Ghisleri sostiene che Pd, 5 stelle e alleati vari abbiano perso, rispetto alle precedenti elezioni, 400.000 voti, mentre il centrodestra ne abbia guadagnati 250.000.
Giulia Bongiorno (Imagoeconomica)
La Lega mette nel mirino il ddl e fa slittare l’approvazione a febbraio. La Bongiorno: «È necessario ascoltare esperti». Il timore è che norme troppo vaghe invertano l’onere della prova. In effetti sul punto il presidente del Tribunale di Milano si è già contraddetto.
L’accordo tra Elly Schlein e Giorgia Meloni sul ddl consenso è chiuso, certo, ma non nei dettagli, come ovvio che accada tra presidente del Consiglio e leader di opposizione. Difficile immaginarle al tavolo insieme a scrivere la legge, ma è proprio nei dettagli che, come si dice, spesso si nasconde il diavolo. O meglio detto: nei particolari si celano le preoccupazioni. Qui si è creata l’impasse che ha portato alla richiesta di approfondimenti da parte della Lega e poi di tutto il centrodestra in commissione Giustizia al Senato. Tra le pieghe dell’emendamento ci sono passaggi poco chiari, che vanno definiti e chiariti bene per evitare di emanare una legge scritta male con tutti i rischi che ne derivano.






