2025-11-27
La sinistra fa muro sulla legge elettorale
Fratelli d’Italia spinge per il proporzionale puro con premio di coalizione, ma il Pd grida al magheggio: «Hanno paura di perdere». Esaltati dalle ultime elezioni, credono che con le attuali regole vincerebbero le politiche. Lo scenario più probabile, però, è lo stallo.I risultati delle regionali di Campania, Puglia e Veneto hanno fatto ringalluzzire la sinistra, sicura adesso di avere un’alternativa a Giorgia Meloni, e contestualmente rintuzzato il dibattito sulla legge elettorale e sul premierato. Ad accendere la miccia il responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli: «Va fatta una riflessione sulla legge elettorale», perché, «con il campo largo unito, a differenza delle politiche 2022, se si dovesse votare oggi non ci sarebbe la stessa stabilità politica né in caso di vittoria del centrodestra né in caso di vittoria del centrosinistra».Le opposizioni minacciano barricate. Dario Parrini, senatore del Pd, esperto di legge elettorale, taccia le sue parole come «chiacchiere e faciloneria. La verità è che la Meloni è nel panico». Alberto Balboni, Fratelli d’Italia, presidente della commissione Affari istituzionali del Senato, non nasconde la sua preoccupazione: «Prima nel Pd erano possibilisti, ora frenano. Hanno capito che con i collegi uninominali loro non vincono ma impediscono a noi di vincere al Senato». Matteo Renzi, esperto di magheggi elettorali, scatenato: «La Meloni proverà a cambiare la legge elettorale perché con questa lei a Palazzo Chigi non ci rimette più piede». «La destra vuole fare il “meloncellum” per mantenere il potere», ribadisce il dem Francesco Boccia. Che aggiunge: «Sarà Salvini a non fargliela fare. A noi basta giocare di rimessa». E infatti ieri il leader della Lega, sentito su questo tema, ha risposto: «A me non interessa». «Diremo no», taglia corto Igor Taruffi, responsabile organizzazione del Pd: «Gli uomini della Meloni ci spiegano che se non si cambia la legge elettorale non vince nessuno. Io sono convinto che vinciamo noi». La segretaria pd, Elly Schlein, conferma di non aver sentito la premier ma che è stata invitata ad Atreju: «Vengo solo per confronto con Meloni»: «Il loro ragionamento parte dalla paura di perdere, perché hanno capito che noi, dopo aver faticosamente riunito questa coalizione, vinceremmo le prossime elezioni e questa non mi sembra la miglior premessa per fare un cambio di regole». Chi vorrebbe una modifica in senso proporzionale della legge elettorale è semmai il Movimento 5 Stelle. I grillini sono «proporzionalisti» sfegatati da sempre, ma anche loro nutrono dubbi. «Il proporzionale a noi andrebbe benissimo, ma non debbono farla troppo sporca e un premio al 40% lo è. Sarebbe una truffa», precisa il senatore M5s Ettore Licheri. La sinistra si sta aggrappando ai risultati delle regionali (tra l’altro ampiamente prevedibili e scontati) per sperare in una vittoria alle politiche 2027, mantenendo in vigore l’attuale legge elettorale. L’ex ministro Pd Andrea Orlando avverte: «Il centrodestra lo sappia: questo sistema di voto non si cambia». Un drastico cambio di rotta, visto che è dal 2018 che il Pd vuole modificare questa legge voluta da loro stessi nel 2017 (il «Rosatellum» prende il nome da Ettore Rosato, ex renziano di ferro, ora calendiano) e ritenuta «una delle peggiori leggi elettorali mai fatte».Mettere sullo stesso piano il voto locale con quello nazionale, le cui dinamiche alle urne sono totalmente diverse, può essere rischioso. Le opposizioni sono convinte più che mai che per battere la Meloni serve la grande ammucchiata. Che poi è esattamente lo stesso schema disegnato dal consigliere di Sergio Mattarella, Francesco Garofani, per dare il famoso «scossone». La riforma elettorale è il nuovo obiettivo dei partiti di maggioranza, parallelamente al premierato. L’accordo di massima c’è ed è su un proporzionale puro (tanti voti prendi, tanti parlamentari fai eleggere, in proporzione appunto) ma con un robusto premio di maggioranza, ovvero un bonus che consenta alla coalizione che arriva prima di assicurarsi una maggioranza sufficientemente ampia di deputati e senatori. «Il Tatarellum, il sistema elettorale regionale, simile a quello dei Comuni, è la soluzione che più si avvicina a quell’equilibrio», precisa Balboni. Lo schema non dispiace nemmeno a Forza Italia, come ribadisce il portavoce azzurro Raffaele Nevi. Obiettivo principale eliminare i collegi uninominali. Un campo largo compatto potrebbe mettere in difficoltà il centrodestra in diversi collegi uninominali, soprattutto nel Mezzogiorno, dove il M5s è più radicato. Se le opposizioni si ricompattassero, l’esito delle elezioni nazionali sarebbe probabilmente un sostanziale pareggio, con un conseguente rischio di ingovernabilità. La Meloni vuole la riforma a tutti i costi. L’idea è quella di accelerare e presentare un testo già a inizio anno, una volta chiusa la legge di Bilancio e prima del referendum sulla separazione delle carriere. L’altra idea sarebbe quella di indicare sulla scheda elettorale il nome del candidato presidente del Consiglio della coalizione. Un paio di mesi fa Meloni, a Porta a Porta, aveva parlato di una legge «che vada bene anche per il premierato, non vale la pena fare una legge elettorale e poi farne un’altra dopo il referendum sul premierato». Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, le concede un assist: «Per portare a termine la riforma del premierato i tempi ci sono, il problema è la scelta politica. Ma non vedo oggi la possibilità di immaginare quale sarà la scelta politica. Secondo me l’errore è stato quello di partire con il premierato e non con il presidenzialismo».Anche Forza Italia e leghisti non sono convinti e nel «campo largo» non scarseggiano gli scettici. La Meloni non avrà un alleato nemmeno sul Colle. Si prevedono mesi complicati.
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