2020-08-21
Sui banchi con le mascherine? La linea del governo: «Sì, no, forse»
Mentre Walter Ricciardi paventa pure la possibilità di tenere chiuse le scuole, si accende il dibattito sulle protezioni: per il Cts vanno portate sempre, le Regioni si ribellano, Lucia Azzolina dice che al proprio posto vanno tolte.In proporzione, la Svizzera ha avuto un impatto più drammatico di noi con il virus. Eppure nessuno ha pensato di bloccare il Paese. Per gli esperti «è il modello giusto».Lo speciale contiene due articoli.Anche un orologio rotto segna l'ora giusta due volte al giorno. Lo stesso, purtroppo, non vale né per lo sbiadito governo giallorosso né tanto meno per i suoi verbosi consulenti. Mettetevi dunque negli scomodi panni del solito genitore, che continua a lambiccarsi sull'agognato ritorno a scuola della figliolanza. Di buon mattino, apre il Corrierone speranzoso. C'è una sterminata intervista ad Agostino Miozzo, presidente del Comitato tecnico scientifico. Sintesi: «I contagi aumenteranno, ma no a nuove chiusure». Sospirone. Che gran sollievo. Ma poi, allo stesso genitore, capita di dare una sbirciatina alla tv. Su Rai3 c'è Agorà. Riconosce il volto ormai noto di Gualtiero Ricciardi, detto Walter, superesperto del ministero della Sanità. Ed ecco, a un certo punto, che l'epidemiologo ammette stentoreo: «Le prossime elezioni, e anche la riapertura delle scuole, possono essere a rischio se la circolazione del virus torna ad aumentare». Salvo poi rettificare maldestramente: «Intendevo negli altri Paesi». Tocca quindi alla ministra dell'Istruzione, Lucia Azzolina, intervenire: «Nessun rischio per l'apertura degli istituti». Peccato sia stata appena sconfessata, dallo stesso Cts, sull'uso delle mascherine in classe. Così la parola definitiva tocca al campione della lotta al coronavirus: Domenico Arcuri. Il commissario straordinario per l'emergenza rassicura: «La ripartenza il 14 settembre è necessaria, non solo per il fine altissimo dell'istruzione, ma anche perché è il primo ritorno collettivo alla normalità».Dopo sei mesi di forzata lontananza, manca meno di un mese alla ripresa delle lezioni. E il caos è diventato farsa. Banchi con le rotelle: perfino le aziende tardivamente selezionate iniziano a mettere le mani avanti. Le consegne, bene che vada, slitteranno a ottobre. Mascherine: altra pratica in mano all'infallibile Arcuri, celebre per le già introvabili chi-rurgiche a cinquanta centesimi. Un uomo, una garanzia. Didattica a distanza: dopo il fallimento della sperimentazione, restano pestifere incognite. Padri e madri temono di essere nuovamente costretti dal ministero a far da precettori ai figli. Quarantene in caso di un positivo: per la classe in cui s'è verificato il contagio o per tutta la scuola? Responsabilità penale dei presidi: già alle prese con la regnante confusione, i dirigenti si rivoltano. Non possiamo essere noi, ruggiscono, i capri espiatori. Test rapidi: saranno facoltativi oppure obbligatori? Le regioni, nel frattempo, cominciano a procedere in ordine sparso. Siamo, insomma, allo psicodramma collettivo. Così, la profezia di Ricciardi finisce per seminare altro panico tra famiglie, insegnanti e alunni. Persino tra i giallorossi è corsa al distinguo. Il capogruppo di Italia viva al Senato, Davide Faraone, scrive: «Ieri il Cts ci spiegava che potevano decidere di non riaprire le scuole. Oggi un consulente del governo rilancia, oltre a rinviare l'avvio dell'anno scolastico vuole rinviare le elezioni. Ogni giorno, uno si alza e spara. Decide il parlamento, basta improvvisazione». Mentre, dall'opposto versante di centrodestra, si fa sotto il leader della Lega: «Se impongono mascherine e plexiglass mia figlia a scuola non ce la mando, perchè non è un lager» promette Matteo Salvini. «Si può andare a scuola in sicurezza, ma senza essere chiusi come pacchi postali».Le esternazioni mattutine del consulente sono state però onnicomprensive. Per estendersi anche all'uso delle mascherine fra gli alunni: «È compatibile e necessario» avverte Ricciardi. Quindi? Miozzo, gran capo del Cts, conferma: i dispositivi in classe saranno obbligatori a partire dai sei anni. Un'imposizione che ha già fatto sollevare il Veneto. L'assessore all'Istruzione, Elena Donazzan, attacca: «È una tortura, durante la lezione. In caso, servirà nei luoghi di assembramento». Il governatore, Luca Zaia, la spalleggia: «Sono contrario a chiedere di indossare la mascherina ai bambini. Dovrebbero portarla sei o otto ore». Azzolina, dunque, concede: «Al banco si può togliere». Nemmeno per sogno, rettifica ancora il Comitato tecnico scientifico. Va indossata sempre e comunque. Al massimo, lo scolaro in museruola potrà rifiatare durante l'interrogazione. Bontà loro. Ma è solo l'ennesima, e sempre più imperdonabile, divergenza. Perché su ogni indicazione continua ad aleggiare il quesito dei quesiti: ma, alla fine, decidono gli espertoni o i politici? La risposta, purtroppo, è la stessa degli ultimi mesi. Dipende. Se la situazione rimarrà sotto controllo, avranno scelto il premier Giuseppe Conte e i suoi, pronti a reclamar medaglia come il Muttley dei cartoni animati. Se invece la pandemia dovesse nuovamente divampare, travolgendo anche la scuola, beh varrebbe il contrario. Colpa dei superconsulenti. I giallorossi sono pronti a mormorare: noi, ignari politicanti, ci siamo affidati a loro, illustri luminari. In scienza e coscienza. Uno scaricabarile già stigmatizzato dal solito Miozzo lo scorso 10 giugno: «Siamo degli spettatori e non siamo l'oracolo di Delfi» ha spiegato, durante l'audizione in commissione Cultura alla Camera, proprio a chi gli chiedeva del prossimo anno scolastico. «Siamo rimasti sorpresi dal vedere le nostre indicazioni trasformate in decreti. A noi sono stati richiesti pareri, se poi sono tradotti in provvedimenti è una responsabilità del governo e non nostra». Sacrosanto. Ma perché, allora, non cominciare a consigliar tacendo? <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/sui-banchi-con-le-mascherine-la-linea-del-governo-si-no-forse-2647043672.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="in-svizzera-si-riapre-senza-patemi" data-post-id="2647043672" data-published-at="1597959866" data-use-pagination="False"> In Svizzera si riapre senza patemi «Un'epidemia vissuta con coscienza». È con questo spirito, oltre che con la solita civiltà, che la Svizzera ha vissuto l'epidemia da coronavirus, mentre era stata messa in campo un'ampia campagna informativa per sensibilizzare tutti i cittadini e chiamarli alla responsabilità individuale e alla solidarietà per proteggere se stessi e la salute pubblica. Nel frattempo secondo uno studio del consorzio Deep knowledge group, proprio la Svizzera era in testa a una classifica internazionale che paragonava le risposte di 200 Paesi alla pandemia di coronavirus, un primo posto dovuto alla sua buona situazione epidemiologica e all'elevata resilienza della sua economia. L'Italia invece era collocata al 53° posto. E i numeri di come è stata affrontato il Covid parlano chiaro. Con 8,5 milioni di abitanti la Svizzera ha avuto in totale, da marzo, 38.760 casi, 33.800 guariti e 1.719 morti . In Italia, in proporzione, i numeri sono più «piccoli», fatto salvo purtroppo che per le vittime calcolate. Infatti con 60,36 milioni abitanti ci sono stati 255.278 casi, 204.506 guariti e 35.412 decessi con Covid. Eppure il Paese del cioccolato non ha chiuso tutte le sue attività. Già a maggio scorso le scuole elementari e secondarie erano riaperte e gli alunni fino a 15 anni avevano ripreso a seguire le lezioni in presenza, mentre nei negozi era obbligatorio l'uso di mascherine e guanti per gli esercenti ma non per i clienti. Nei parchi i bambini potevano giocare regolarmente mentre venivano consigliati agli anziani orari stabiliti, al mattino, per fare la spesa. Con l'ondata delle ferie sono aumentati anche in Svizzera i nuovi casi quotidiani di infezione: lo scorso mercoledì ne sono stati segnalati 311 e secondo l'Ufficio federale della sanità pubblica erano riconducibili a turisti rientrati da Paesi con focolai, soprattutto Francia e Spagna. I cantoni più colpiti rimangono Ginevra, Vaud e Zurigo e già lunedì il governo cantonale di Ginevra ha deciso ulteriori misure restrittive per cercare di frenare la diffusione del patogeno. Infatti dai tracciamenti effettuati, eventi privati come matrimoni, feste e funerali si sono rivelati luoghi privilegiati di diffusione del virus. Il governo ha dunque deciso che riunioni di più di 100 persone sono vietate, a meno che non sia garantito il rigoroso rispetto del mantenimento della distanza o l'uso di maschere protettive. La chiusura delle discoteche è stata prorogata fino al 10 settembre, quando si procederà a una nuova valutazione. Nei ristoranti, la raccolta dei dati di clienti è diventata obbligatoria e quindi i proprietari dei luoghi pubblici sono tenuti a richiedere un contatto per tavolo o per gruppo. Deciso inoltre l'obbligo della mascherina sui mezzi pubblici di trasporto e su tutti gli aerei in partenza o in arrivo in Svizzera di tutte le compagnie aeree. Prevista la quarantena per chi rientra da alcuni Paesi. È stato annunciato il divieto per manifestazioni con più di 1.000 persone. Le scuole, invece, che erano state riaperte lo scorso maggio, dopo la pausa estiva, da lunedì hanno regolarmente ripreso le lezioni. Inoltre, dal 22 giugno 2020 sono abrogate la raccomandazione di ricorrere al telelavoro e le prescrizioni specifiche per la protezione delle persone particolarmente a rischio. I datori di lavoro decidono autonomamente come proteggere i loro lavoratori e se farli lavorare da casa o in ufficio. Insomma in un paese confinante, nessun lockdown, né scuola né elezioni a rischio. Tantomeno la democrazia.
Charlie Kirk (Getty Images)
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