2024-10-14
Stanno rompendo il calcio
Il centrocampista spagnolo del Manchester City, Rodri, dopo l'infortunio al ginocchio (Ansa)
Tra nuova Champions League, Mondiale per club e Nazionale i calciatori giocano sempre più partite. Un logoramento che ha fatto aumentare il numero di infortunati, anche illustri.Enrico Castellacci, medico degli azzurri del 2006: «Molti avranno problemi pure dopo il ritiro».Con una partita ogni tre giorni le prestazioni ne risentono. E i petrodollari sauditi impongono ai club trasferte sfiancanti.Lo speciale contiene tre articoli.Se nel secolo scorso è stato coniato il termine «industria culturale», oggi si potrebbe tranquillamente parlare di «industria sportiva». Il mondo dello sport rappresenta un business multimiliardario, e al suo interno il calcio, oltre a essere il più popolare, è anche quello dove girano più soldi. E infatti le competizioni aumentano, così come - purtroppo - gli infortuni gravi dei giocatori. L’Annual Review of Football Finance 2024, stilato dalla Deloitte, stima che nella stagione 2022-2023 il mercato europeo del pallone abbia generato entrate per circa 35,3 miliardi di euro (registrando una crescita del 16%), con i cinque principali campionati che hanno contribuito per 19,6 miliardi di euro. Soltanto in Italia, secondo il Report Calcio - documento annuale realizzato dal Centro Studi Figc in collaborazione con l’Agenzia di ricerche e legislazione (Arel) e PwC Italia -l’impatto complessivo sul Pil nella stessa stagione è stato di 11,3 miliardi di euro, di cui circa 5 miliardi solo dal calcio professionistico. Secondo il Deloitte Football Money League 2024, infine, sempre nel 2022-2023 le prime 20 squadre del mondo hanno generato ricavi per 10,5 miliardi di euro.Accanto all’incremento dei ricavi, però, stiamo assistendo anche a un progressivo aumento degli impegni sportivi che i giocatori devono sostenere. Il fenomeno riguarda soprattutto gli atleti militanti nei top club, che si trovano a dover disputare un numero sempre maggiore di partite (o comunque di maggior peso). La nuova formula della Uefa Champions League incarna bene questa tendenza: se prima chi arrivava in finale disputava 13 partite, adesso può arrivarne a giocarne fino a 17. L’introduzione nel 2021 della Conference League si colloca all’interno dello stesso orientamento, così come l’evoluzione del Mondiale per club, quest’anno ulteriormente riformato per renderlo più simile al Mondiale delle nazionali: si disputerà ogni quattro anni e interesserà le migliori 32 squadre del mondo. Dal 15 giugno al 13 luglio dell’anno prossimo, 12 club europei (tra cui Inter e Juventus) saranno impegnate negli Stati Uniti. Le partite totali, per chi andrà in finale, sono sette, ma per numero di club coinvolti e periodo dell’anno è chiaro che questo andrà a condizionare ulteriormente il recupero di molti giocatori.Seppur in maniera ridotta, questa tendenza del sistema calcio interessa anche le nazionali. Si pensi all’introduzione, nel 2018, della Uefa Nations League che, benché compensata da una diminuzione delle amichevoli, ha aggiunto una competizione in più che viene disputata negli anni in cui non ci sono né gli Europei né i Mondiali (passati da 32 a 48 squadre). Oltre al numero di partite, infatti, si deve considerare anche l’importanza delle stesse e i lunghi viaggi che richiedono. Tutti fattori che incidono sull’affaticamento degli atleti, alcuni dei quali iniziano a lamentarsi per gli eccessivi impegni. Recentemente infatti Rodri, centrocampista del Manchester City, ha paventato l’idea di uno sciopero dei giocatori. «Se andremo avanti così, arriverà il momento in cui non avremo altra scelta se non fermarci», aveva dichiarato alla vigilia del match di Champions contro l’Inter. «Non si tratta di una mia opinione, ma è un’idea condivisa». Ironia della sorte, una settimana dopo si è rotto il crociato durante la partita contro l’Arsenal.Tornando ai club, il Men’s Player Workload Monitoring Report pubblicato nel 2024 dal Fifpro (federazione internazionale dei giocatori professionisti) traccia alcune proiezioni sulle prossime stagioni di cinque grandi squadre europee di diversa nazionalità. Il Manchester City nel 2023-2024 ha disputato 59 partite, mentre in questa stagione, se dovesse arrivare in fondo a tutte le competizioni, arriverà - complice anche il mondiale per Club - a 75. Il Real Madrid passa da 55 nella scorsa stagione a un massimo di 71. Il Bayern Monaco ne ha giocate 49 l’anno scorso e potrà arrivare a 64 in questa stagione, il Paris Saint-Germain passa da 53 a 65, l’Inter da 49 a 69. Numeri che vanno letti correttamente, perché da un lato misurano le partite effettivamente disputate e dall’altro quelle potenziali, ma che comunque indicano una tendenza e, soprattutto, non includono gli impegni con le nazionali. Lo stesso report fa un’analisi sui singoli giocatori, da cui emerge per esempio che Phil Foden, attaccante del City, nel 2023-2024 ha totalizzato 72 presenze in campo e 77 convocazioni, numeri che questa stagione potrebbero diventare 77 e 83 e in quella ancora successiva 83 e 89. Stiamo parlando di quasi una partita ogni quattro giorni, senza contare il periodo in cui non si gioca. Nicolò Barella, centrocampista dell’Inter, passa da 53 presenze e convocazioni nella scorsa stagione a proiezioni di 79 e 80 per quest’anno e 81 e 82 l’anno prossimo.In questo contesto, quello già citato di Rodri è soltanto uno dei molti infortuni illustri avvenuti di recente. Da inizio stagione, la rottura del legamento crociato ha interessato anche Daniel Carvajal, difensore del Real Madrid, Gleison Bremer, difensore della Juventus, Duván Zapata, attaccante del Torino e per ultimo Valentin Carboni, fantasista dell’Inter in prestito al Marsiglia infortunatosi nei giorni scorsi durante gli allenamenti con la nazionale argentina. La stessa sorte è toccata a Gianluca Scamacca (Atalanta) e Alessandro Florenzi (Milan) nel precampionato. In casa Real, oltre a Carvajal negli ultimi 14 mesi ci sono stati altri cinque crociati: Courtois, Militao, Alaba e i giovani Joan Martinez e Palacios. Marc-André ter Stegen, portiere del Barcellona, ha invece rimediato una rottura del tendine rotuleo, mentre Ruslan Malinovskyi (Genoa) ha riportato una lussazione articolare e una frattura del perone. Sono numerosi anche infortuni muscolari di minore entità, come di recente la distrazione alla coscia destra di Barella, la lesione al retto femorale di Nico Gonzalez (Juventus), l’affaticamento muscolare di Ruben Loftus-Cheek e il problema al polpaccio di Alessandro Florenzi (entrambi Milan). La domanda, allora, è giusto porsela: la bulimia di partite sta forse rompendo il calcio?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/stanno-rompendo-il-calcio-2669391555.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="gli-addetti-ai-lavori-sono-concordi-meno-si-riposa-piu-si-rischia" data-post-id="2669391555" data-published-at="1728919761" data-use-pagination="False"> Gli addetti ai lavori sono concordi: «Meno si riposa, più si rischia» Perché si verificano tutti questi gravi infortuni? Pura casualità o si può spiegare con la teoria del calendario sempre più fitto che finisce per logorare i calciatori? Per avere le idee un po’ più chiare abbiamo chiesto un parere al professor Enrico Castellacci, storico medico della Nazionale italiana dal 2004 al 2018 ed esperto di medicina dello sport, ortopedia e traumatologia: «Non si tratta di una teoria, ma della realtà dei fatti. Un ragazzo che gioca ogni tre giorni non riesce mai a recuperare dai micro danni muscolari che si hanno dopo una partita di calcio, questo è scientificamente provato. Poi certo ci sono le casualità, ma in gran parte è dovuto alla mancanza di recupero», spiega il professore. «Io ho lanciato questo allarme da diverso tempo, ma vedo che anziché diminuire, le partite aumentano. È uno scandalo che viene sottovalutato ed evidenzia una scarsa sensibilità da parte degli organi competenti come Uefa e Fifa». Il medico campione del mondo con gli azzurri nel 2006 accende i riflettori anche su un altro aspetto: «Nessuno pensa alle conseguenze che questo sovraccarico porterà agli atleti una volta che avranno smesso di giocare. La maggior parte avranno grosse problematiche osteoarticolari». Sulla stessa linea è anche Gigi Balestra, preparatore atletico del Milan degli invincibili di Fabio Capello: «Ci sono tre motivi per cui ci sono tutti questi infortuni. Il primo è il numero sempre più elevato di partite; dopodiché subentra il fattore della preparazione estiva. Quella che una volta veniva fatta in un mese di ritiro e ora non si fa più con lo zelo e il tempo necessario, per lasciare spazio alle tournée negli Stati Uniti o negli Emirati Arabi, con partite contro squadre forti come Real Madrid o Manchester City, non proprio passeggiate. Terza cosa, il gioco è diventato molto più intenso e dispendioso e mette a dura prova la muscolatura dei calciatori. Ma purtroppo ci sono in ballo interessi talmente alti che è dura andare a toccare questo modo di organizzare la stagione». Secondo il procuratore sportivo Andrea D’Amico, il numero di partite incide a livello statistico: «Giocare di più chiaramente espone il calciatore a più probabilità di farsi male», osserva l’agente. «Però va detto che si tratta di professionisti ben preparati e quindi gli allenamenti dovrebbero essere tali per cui arrivino alla prestazione in maniera ottimale. Poi c’è il discorso dell’opportunità di fare tutte queste manifestazioni. Io dico sempre “troppi eventi, nessun evento”, nel senso che il troppo può creare disaffezione nei tifosi. Calciatori e società dovrebbero fare fronte comune». Del resto, sono i calciatori in primis a lamentare questa situazione. Dalla Premier league si è fatta largo una clamorosa voce di uno sciopero. Lasciando da parte per un momento la trita e ritrita retorica sul quanto guadagnano e sul fatto che siano dei privilegiati, andrebbero ascoltati. L’idea dello sciopero è stata lanciata, ironia della sorte, proprio da Rodri e Carvajal, pochi giorni prima dei loro infortuni al ginocchio. «Penso che siamo vicini allo sciopero. È l’opinione generale dei giocatori e se continua così, non avremo altra scelta» aveva dichiarato il centrocampista spagnolo durante la conferenza stampa alla vigilia della sfida di Champions league contro l’Inter. Un assist raccolto dal terzino del Real Madrid: «Lo sciopero è possibile. Se le cose andranno avanti così, si arriverà a un punto in cui non ci sarà altra soluzione». Anche gli allenatori si sono schierati. Il ct dell’Uruguay Marcelo Bielsa ha detto che «ignorare le conseguenze del numero di partite e delle trasferte finirà per causare infortuni agli atleti». Carlo Ancelotti ha ammesso di voler, o meglio dover, concedere più periodi di riposi ai calciatori del suo Real Madrid durante la stagione. Xabi Alonso ha dato ragione a Rodri: «Capisco che sia arrivato un momento in cui i giocatori sentono che ci sono troppe partite». Per Mikel Arteta, allenatore dell’Arsenal, è impossibile andare avanti così: «Si gioca troppo, l’intensità aumenta ogni anno. Un calendario così impegnativo non si può reggere per più di due stagioni». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/stanno-rompendo-il-calcio-2669391555.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="la-caccia-agli-incassi-livella-verso-il-basso-la-qualita-del-gioco" data-post-id="2669391555" data-published-at="1728919761" data-use-pagination="False"> La caccia agli incassi livella verso il basso la qualità del gioco «Se gli organismi di comando del calcio non iniziano a pensare che i giocatori si fanno male perché si gioca troppo, allora abbiamo un problema». Parola di Carlo Ancelotti. Uno che di calcio se ne intende, tanto da aver vinto la Coppa dei campioni (oggi Champions League) per ben sette volte, due da giocatore e cinque da allenatore: un record. Stiamo parlando, insomma, di un professionista che calca i palcoscenici più prestigiosi da un buon cinquantennio. La domanda era stata posta a Don Carlo alla vigilia di Real Madrid-Stoccarda, la prima giornata della nuova formula della Champions, che prevede - come minimo - due partite in più rispetto al passato. Il motivo della domanda, naturalmente, risiedeva nei tanti infortuni patiti in quel periodo dalle merengues. «È una cosa che non possiamo controllare», aveva replicato Ancelotti. «Ci proviamo», aveva aggiunto, «ma non possiamo fare molto: il calendario è troppo esigente. Domani inizia una nuova competizione e vediamo come andrà, magari sarà più divertente di prima, ma al momento abbiamo una sola certezza: che dobbiamo giocare due partite in più». Per illustrare come si è arrivati a questo punto, Ancelotti - che ha attraversato almeno tre ere di storia del calcio - faceva un esempio molto concreto: «Un tempo, in estate avevamo cinque settimane per lavorare coi giocatori e prepararli fisicamente per la stagione. Quest’anno abbiamo avuto alcuni elementi il 9 agosto, a pochi giorni dalla prima sfida ufficiale. Partendo dal 9 agosto, le cinque settimane scadono in questi giorni, quindi stiamo terminando la preparazione, solo che in queste cinque settimane abbiamo già giocato sei partite». Pertanto, concludeva il tecnico del Real, «chiedo che i vertici del calcio facciano una riflessione sulla riduzione del numero di partite per avere competizioni più attrattive». In effetti, con un calendario così ingolfato, il problema non è solo quello degli infortuni. C’è anche quello dello spettacolo: giocatori più stanchi - impossibilitati a recuperare in breve tempo energie sia fisiche che mentali - non possono sempre garantire prestazioni di alta qualità. Di certo non a questi ritmi forsennati. Se si è citato Ancelotti, del resto, è perché si tratta dell’allenatore del Real Madrid, ossia la società più blasonata del mondo: ricca di denaro e di top player, con una rosa foltissima e di qualità eccellente. Ecco, nonostante i blancos possano schierare due formazioni di quasi pari valore, la coperta diventa comunque sempre più corta. Non è un caso che la pensi come Re Carlo anche un fuoriclasse del calibro di Rodri. Il regista del Manchester City e della Spagna campione d’Europa - peraltro in lizza per aggiudicarsi il Pallone d’oro - ha espresso concetti molto simili alla vigilia del big match contro l’Inter. Al di là della questione infortuni, Rodri ha spiegato benissimo quali sono le conseguenze di un calendario così fitto, dove si gioca ogni tre giorni: «Quaranta, cinquanta partite è il numero in cui un giocatore può esibirsi al massimo livello. Dopo di che si scende, perché è impossibile mantenere la condizione fisica», ha dichiarato il campione iberico. «Quest’anno», ha aggiunto, «forse arriveremo a farne 70 o forse 80. A mio modesto parere, penso che sia troppo. Qualcuno dovrebbe tutelarci, perché siamo i protagonisti di questo sport, o business, comunque lo si voglia chiamare. La questione non riguarda i soldi, ma la qualità dello spettacolo. Secondo me, quando non sono stanco rendo meglio. Se la gente vuole vedere un calcio migliore, allora dobbiamo riposare». Nota a margine: di lì a pochi giorni, durante lo scontro di vertice in Premier League contro l’Arsenal, Rodri ha riportato una lesione al legamento del ginocchio destro. Un brutto infortunio che lo terrà lontano dal rettangolo verde per diversi mesi. Ma perché Fifa e Uefa hanno aumentato a dismisura competizioni e partite? «Segui i soldi», diceva Giovanni Falcone. E questa massima può essere applicata anche al mondo del pallone. Il calcio mondiale, infatti, non è più sostenibile: per mandare avanti la baracca, le società più iconiche si basano soprattutto sugli introiti derivanti dai diritti televisivi e dalle competizioni internazionali. Non è un caso che, per far fronte a questa crisi endemica, sia nata la fronda della Superlega, a cui la Uefa ha risposto con il nuovo formato extralarge della Champions. Come se non bastasse, poi, tra giugno e luglio si giocherà anche il Mondiale per club (erede delle Coppa intercontinentale), che quest’anno sarà aperto a 32 squadre, tra cui le italiane Inter e Juventus: una volta era una finale secca. Se rimaniamo alla nostra Penisola, invece, tra Capodanno e l’Epifania si disputerà pure la Supercoppa italiana, che dall’anno scorso prevede la presenza di quattro squadre anziché le canoniche vincitrici di Scudetto e Coppa Italia. Dove si giocherà il torneo? In Arabia Saudita, ovviamente. Ossia una nazione con una tradizione calcistica inesistente, ma piena di petroldollari. Come diceva Falcone, appunto, «segui i soldi».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)